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indagine conoscitiva - Corriere delle comunicazioni

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A prescindere dalla esatta definizione (v. § 2.2.2), le overcommission si presentano nella forma di<br />

scalette incentivanti in base alle quali sono assicurate percentuali maggiori a fronte della crescita del<br />

fatturato realizzato con la singola concessionaria alla fine dell’anno rispetto al volume di fatturato<br />

intermediato l’anno precedente.<br />

La letteratura economica sull’argomento è concorde nell’affermare che queste forme di<br />

remunerazione (sconti a volume, ossia media volume discount 102 ) possano avere conseguenze<br />

anticompetitive in quanto producono l’effetto di innalzare barriere all’entrata e all’espansione<br />

potendo giungere alla esclusione di concorrenti dal mercato (foreclosure) 103 ; riconosce, altresì, alcuni<br />

effetti pro-competitivi di questa pratica legati ad un possibile inasprimento del confronto<br />

concorrenziale. La valutazione è quindi legata, caso per caso, alla finalità di tale scontistica, agli<br />

effetti da essa prodotti, nonché all’assetto concorrenziale del mercato (e quindi dalla posizione di<br />

forza dell’operatore che li mette in pratica).<br />

Il funzionamento di questo meccanismo può, pertanto, comportare la creazione di barriere artificiali<br />

all’entrata nel comparto dell’offerta pubblicitaria, in quanto le nuove concessionarie di pubblicità, o<br />

comunque quelle di minori dimensioni, sono costrette a corrispondere premi di fine anno maggiori<br />

per rendere attraenti i propri prodotti nei confronti del centro media. Analogamente, ed in assenza di<br />

un adeguato sistema di incentivazione dei centri media, tale meccanismo appare potenzialmente<br />

distorsivo perché rischia di convogliare gli investimenti degli inserzionisti verso un esito non<br />

efficiente. Infatti, tale meccanismo non è funzionale ai bisogni specifici dei clienti, bensì allineato<br />

agli incentivi della concessionaria e del centro media. Tale distorsione provoca, altresì, un<br />

ridimensionamento della capacità della domanda di influenzare gli esiti di mercato.<br />

Su tale aspetto, l’Autorità ha, quindi, deciso di svolgere uno specifico approfondimento. Nella<br />

seguente Tabella viene innanzitutto riportata una stima del valore dei ricavi dei centri media ripartito<br />

a seconda della fonte di reddito: le fee corrisposte dai clienti e i ricavi derivanti dalle concessionarie<br />

(in buona sostanza, le overcommission). Occorre evidenziare come quest’ultimo valore sia al netto<br />

della parte <strong>delle</strong> overcommission eventualmente retrocesse dal centro media ai clienti stessi (v. §<br />

2.2.1), costituendo, pertanto, un sotto-insieme dei premi di fine anno corrisposti dalle concessionarie<br />

ai centri media. Dalla Tabella 2.8, si evince come oltre il 5% dei ricavi netti dei centri media derivi<br />

da quanto corrisposto dalle concessionarie. Tale valore – che, come detto, non tiene conto della parte<br />

dei premi di fine anno poi retrocessi dai centri media agli inserzionisti – rappresenta circa in entrambi<br />

gli anni il 2% di tutti gli investimenti gestiti dai centri media, ed è perfettamente in linea con quanto<br />

accertato dall’Autorità antitrust nel 2004 104 .<br />

102 Tale è la definizione utilizzata nel mercato; cfr. verbale di audizione del gruppo WPP del 10 marzo 2011.<br />

103 La discussione giurisprudenziale sulla valutazione antitrust di tale tipologia di sconti in ambito pubblicitario risale<br />

almeno agli anni ‘60; in tal senso, “Antitrust Implications of Network Television Quantity Avertising Discounts”,<br />

Columbia Law Review, vol. 65 (7), novembre 1965.<br />

104 Cfr. Agcm, IC 23, Indagine <strong>conoscitiva</strong> sul settore televisivo: la raccolta pubblicitaria, cit., p. 35.<br />

Allegato A alla Delibera n. 551/12/CONS 67

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