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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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«Peraltro si perseverò nel costume di far pagare i tributi alle categorie più deboli ed indifese e di esonerare le<br />

classi più forti ed in grado di contestare aspramente le autorità» 28 .<br />

I proprietari pagavano la “feudiaria” o fondiaria 29 . L’imposta che colpiva la terra colta o incolta, il<br />

suolo urbano con o senza edifici, era nata dall’abolizione da parte dei francesi con il decreto dell’8.8.1806,<br />

delle «104 differenti tasse classificate in 23 divisioni principali» 30 esistenti e l’abolizione anche di tutti i<br />

privilegi e le franchigie di cui godevano prima i proprietari. Il carico fondiario pesò molto rispetto alle altre<br />

tasse mobiliari. Attraverso il balzello, lo Stato prelevava dal soggetto fiscale anche parte del suo reddito che<br />

a sua volta l’imprenditore tratteneva dal salario della classe contadina con grave danno alla stessa,<br />

producendo un gran numero di mendicanti 31 .<br />

Nel 1809 furono introdotte le norme per la formazione in ogni comune di un catasto provvisorio,<br />

descrittivo, dove venivano solo indicati attraverso “sezioni” ed “articoli”, i fondi che un proprietario<br />

possedeva. Non vi era ancora la mappa e veniva descritto solo il tipo di coltura, l’estensione e la rendita<br />

stimata. Con decreti successivi emanati dal Governo borbonico, dalle tasse saranno esenti i luoghi sacri:<br />

chiese, cappelle, camposanti e congregazioni. «La contribuzione aveva per base la rendita netta dei fondi,<br />

consistente nel prezzo del prodotto depurato dalle spese di cultura, di conservazione e di mantenimento, e<br />

poteva esser fatta dagli affitti fatti in decennio, o dall’interesse del prezzo dei fondi» 32 .<br />

La contribuzione, secondo quanto stabilito dalla legge del 1806, non doveva superare il 20 per cento<br />

(1/5) della rendita netta del fondo fruttifero.<br />

Dalla rendita netta delle case d’abitazione, e da quella de’ mulini e manifatture, valutate sugli affitti del decennio, si<br />

detraevano, rispettivamente, un quarto ed un terzo; le fabbriche rustiche, destinate all’agricoltura ed alla pastorizia, erano valutate in<br />

ragione del suolo, assimilato alle migliori terre del comune (...). Nei fondi soggetti a dominio utile e diretto, era tassato l’utilista, con<br />

facoltà di ritenere sul censo, canone o terraggio dovuto al direttario, la quinta parte. I debitori d’altre annualità, ed i debitori di<br />

vitalizi, potevano trattenere, rispettivamente, il 10% ed il 5% (...). Stabilito definitivamente l’imponibile, tutti gli accrescimenti di<br />

valore sino all’anno 1860 non dovevano produrre aumento (...). Le case ed edifici urbani, costruite su suolo non prima fabbricato,<br />

erano tassate sul valore del suolo per quindici anni dall’abitazione, o locazione, e se ampliati, migliorati, o ricostruiti, erano esenti da<br />

aumento d’imponibile per otto anni dall’ultimazione dei lavori. I detti anni erano ridotti, rispettivamente, a quattro e due anni per i<br />

mulini o manifatture, rispettivamente costruiti di pianta, o riparati o migliorati 33 .<br />

L’imposta annuale era ripartita con il sistema del cosiddetto “contingente”: veniva stabilita<br />

annualmente la somma complessiva a carico di ogni provincia e questa ripartita per ogni comune della<br />

provincia stessa «in proporzione della rendita imponibile iscritta nei catasti provvisori» 34 e riscossa mediante i<br />

“ruoli” dagli esattori comunali 35 . I ruoli vistati dall’intendente venivano consegnati dal direttore provinciale al<br />

ricevitore generale che a sua volta rimetteva al ricevitore distrettuale per essere dati ai percettori ed esattori.<br />

Queste due ultime figure notificavano gratuitamente ad ogni contribuente la quota da pagare in un anno, su<br />

una specie di libretto dove venivano annotate le ricevute di ciascun pagamento eseguito. Qualora il debito alla fine<br />

del mese non fosse stato pagato, l’esattore avrebbe notificato un’intimazione che consentiva al contribuente di<br />

soddisfare la tassa entro 5 giorni. Se tale provvedimento risultava anche inutile, si potevano sequestrare,<br />

attraverso l’usciere o il cancelliere del giudice del circondario, i valori (mobili ed immobili) fino al riscatto<br />

del debito. Una delle coazioni previste era il “piantone” 36 che esercitava più che un’azione penale l’effetto di uno<br />

spauracchio per costringere il debitore a pagare. Ma tante volte quando esso colpiva i poveri la misura<br />

risultava drammatica. Infatti, il gendarme «vuol cibo e letto, o due carlini al giorno» 37 . La disposizione era<br />

richiesta dall’esattore al sottintendente (il quale accordava il numero dei giorni che il piantone doveva<br />

rimanere al domicilio del contravventore) quando gli altri provvedimenti previsti risultavano vani e<br />

«consisteva nello stabilire in casa dei contribuenti morosi un soldato per ogni debito sino a ducati due, che vi<br />

si tratteneva per 24 ore, e doveva, dal contribuente, essere provveduto di letto, lume e fuoco. Se più individui<br />

erano debitori per meno di due ducati, venivano riuniti a cinque a cinque, ed i soldati permanevano presso di<br />

loro a turno» 38 . I piantoni non potevano rimanere in casa del contravventore più di dieci giorni.<br />

Dalla contribuzione erano esenti, oltre gli spazi appartenenti allo Stato, le case rientranti nei comuni<br />

inferiori a 2000 abitanti. Un particolare balzello che il governo impose nel 1849 e che fu abolito nel ‘53, fu la<br />

tassa sulle aperture (finestre, balconi e botteghe), fatta eccezione delle abitazioni rientranti nei comuni sotto i<br />

2000 abitanti, e delle case a pian terreno, in tutti i comuni, abitate dagli indigenti e di quelle sfitte. L’atipica<br />

imposta fu sostituita da un’addizionale del 6% sull’imponibile dell’immobile. Per eludere la tassa, molti<br />

contribuenti muravano le finestre con grave danno oltre che alle tasche, alla salute.<br />

A Gerace, sede del Distretto, vi era un ricevitore del registro e bollo. La carta bollata introdotta fin<br />

dal 1640, era d’obbligo per registrare tutti gli atti giudiziari e civili, sia pubblici che privati. Il lavoro di<br />

compilazione era sottoposto ad un compenso (“diritto di cancelleria”), mentre multe ed ammende si<br />

comminavano per reati sia nel contenzioso amministrativo che giudiziario. «Erano escluse le multe per

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