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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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Ovviamente questa versione dei fatti era quella data dalla polizia e da alcuni testimoni 325 , diversa da<br />

quella dipinta con altri colori dal caporale Commisso e dal tenente Accorinti. Vale a dire: secondo il Commisso,<br />

il Sansalone lo minacciava con un pugnale in mano «e che la guardia del giorno ventitré lungi di<br />

arrestare Sansalone avean resistito, e li accusava perciò di resistenze con pubblica violenza contro di lui» 326 .<br />

Ma, secondo il Tribunale, era stato invece il Commisso ad affrontare il suo interlocutore con uno stile a<br />

fronda di olivo, trattenuto fortunatamente da Pietro Oppedisano. Il Caporale asseriva che «Giuseppe<br />

Accorinti inveiva contro di lui colla bajonetta alle mani, dicendogli di volerlo passare da parte a parte, e che i<br />

fratelli D. Nicola, D. Felice Scaglione, D. Pietro Migliaccio, aveano gridato di far fuoco contro di lui» 327 .<br />

Dalle prove, continuano nell’atto, risulta che l’Accorinti si era comportato così per calmare il<br />

Commisso e le accuse rivolte agli Scaglione ed al Migliaccio sono da sogno, espressione usata anche dal<br />

sindaco il quale, nel rinnegare che fosse stata usata l’espressione Abbasso la Costituzione, affermava che «è<br />

pure un sogno l’insinuazione a non ubbidir de’ Capitani, e di cui mi tenete tanto discorso. Io in allora era<br />

sindaco nel paese, e sapeva come so’, come si pensa e come si dice» 328 .<br />

La Corte scagionava da ogni accusa Pietro e Pasquale Capogreco, Felice e Nicola Scaglione, e tanti<br />

altri galantuomini indicati dal tenente Benedetto Accorinti. Essi non avrebbero preso parte ai fatti del 23<br />

luglio, anzi, secondo quanto deponeva il sindaco Migliaccio, avrebbero evitate infauste conseguenze 329 .<br />

Questi ignorava, invece, la presunta minaccia del Bufalo rivolta alla Guardia nazionale e la frase attribuita a<br />

Felice Scaglione, che aveva rimproverato il Bufalo di non aver sbudellato lo stesso corpo ausiliario di parte<br />

opposta.<br />

Secondo il rapporto di Benedetto Accorinti, Pietro e Pasquale Capogreco persuadevano le persone a<br />

non ubbidire ai capitani delle guardie nazionali; usavano espressioni come: abbasso la Costituzione e, nei<br />

fatti del 23 luglio, Felice Scaglione aveva rimproverato Carmine Bufalo per non aver «perforato le budella<br />

alle guardie nazionali» 330 . Dall’istruttoria emergerà, però, che né i fratelli Capogreco né lo Scaglione avevano<br />

mai pronunciato quanto dichiarato dall’Accorinti. Questi è anche del parere che si era «tentato altresì un<br />

attacco contro la sicurezza interna dello Stato, volendone distruggere il Regime costituzionale» 331 . E ciò era<br />

possibile, come vedremo, dati gli scontri interni che avvenivano fra le diverse fazioni.<br />

Le testimonianze erano tutte a sfavore di Benedetto Accorinti, Francesco Cesare e Vincenzo Panetta, che<br />

risultavano i capi dei disordini finalizzati a cambiare forma di governo. Ma le cose, secondo il racconto<br />

dell’Accorinti, avevano radici più profonde. In un suo precedente rapporto del 24 luglio, affermava di aver segnalato<br />

il 12 luglio all’intendente che nel Capoluogo alcuni cittadini, per niente votati all’ordine, avevano «provocato la<br />

venuta di Reali Milizie allegando che qui l’ordine pubblico era stato turbato» 332 . Ipotesi che, secondo il<br />

tenente Accorinti, era stata escogitata proprio dai nemici dell’ordine. E parte dalle direttive ricevute<br />

dall’intendente di “diligenziare” le persone sospette di possesso di armi vietate». La disposizione era stata a sua volta<br />

trasmessa alla pattuglia, composta dal caporale Francesco Rippa, Michele, Antonio e Giambattista Melia, Michele<br />

Gozzi e Domenico Carneri che aveva il compito di perlustrare Gerace il 23 luglio. L’ordine era anche di strappare la<br />

coccarda rossa a «quelli [che] si videro insignite nel giorno di ieri ed inopinatamente persone di ogni sorte,<br />

uomini di ogni età e persone da trivio» 333 .<br />

Benedetto Accorinti, che era stato ufficialmente incaricato di provvedere al mantenimento<br />

dell’ordine pubblico, come già detto, aveva prodotto il 24 luglio 1848 un rapporto sui fatti successi il giorno<br />

prima. Nominato ufficiale di settimana dal 22 luglio, considerato che nel Distretto erano molteplici i fatti di<br />

sangue avvenuti negli ultimi tempi, aveva subito cominciato a fare il suo dovere con la perquisizione di<br />

alcuni soggetti, sospetti di portare armi vietate. Oltre al pattugliamento della Città, l’Accorinti aveva dato<br />

ordine, in relazione alla circolare ministeriale, di strappare le eventuali coccarde rosse, che dovevano essere<br />

una prerogativa soltanto delle guardie nazionali, in quanto «primacché si fosse data al pubblico legale<br />

pubblicazione» 334 , dalla Sottintendenza era stata sparsa la voce, capziosa, che il ritorno del colore rosso era<br />

stato il segno alla monarchia assoluta e “l’annientamento” dello Statuto costituzionale. Le “voci”, già, infatti,<br />

gridavano Viva il Re, abbasso la Costituzione 335 , destando evidentemente la gioia di alcuni geracesi.<br />

Secondo il rapporto stilato dall’Accorinti, l’ex capurbano Pietro Capogreco Piconeri aveva riunito<br />

nella propria abitazione diverse persone alle quali diceva «che era tornata l’antica Legge, che non si dovea<br />

più ubbidire ai Capitani della Guardia Nazionale Avitabile e Del Balzo; ma a Lui che era rientrato ne’ diritti<br />

di Capo Urbano» 336 . Olio a fiamma, continua Accorinti, fu l’istigazione del figlio del Capogreco, Pasquale, di<br />

insignire persone di ogni età della coccarda rossa, e così far scattare la scintilla della provocazione. Di<br />

coccarda rossa, insomma, «si videro investiti (...) non solo le Guardie Nazionali, ma persone di ogni sorte<br />

vecchi, e fanciulli, ed a coloro che dimandavano di questa novità si rispondeva che ora Vive solo il Re, è<br />

caduta la Costituzione» 337 .

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