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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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Anche Cammarota aveva avuto a che fare con il misterioso cavaliere X. Ma da uomo intelligente<br />

aveva saputo stringere amicizia con gli altri “galantuomini” della Città e per tutto il corso del suo mandato,<br />

attraverso atteggiamenti diplomatici, era riuscito a sottrarsi alla sfera d’influenza di quello. Alla richiesta del<br />

Calenda di ricevere alcune informazioni sul personale che collaborava all’Ufficio di Sottintendenza e sul<br />

Vescovo, il cavaliere X ebbe a rispondere: «Starebbe fresco il re se non fossi qui io (...). Monsignor Lucia<br />

ottimo prelato, devoto a S. Maestà... troppo buono... troppo buono... non è monsignor Pirrone; quello se li<br />

fulminava quanti erano nimici del trono e dell’altare» 242 . Queste testimonianze non fanno altro che risultare<br />

ancora maggiormente la tesi della stretta collaborazione tra la polizia, i fedeli borbonici ed il vescovo Perrone<br />

negli anni caldi della rivoluzione. Certamente il Perrone sarebbe stato considerato diversamente, se<br />

invece di sedare gli spiriti bollenti non solo dei “sovversivi” ma anche dei reazionari, avesse provveduto ad<br />

intervenire a favore della sospensione della condanna. Invece, ribadiamo, fu indifferente. Il Calenda osserva<br />

che non c’era mastice tra il nuovo vescovo e il cavaliere X, come invece era avvenuto con il predecessore.<br />

Il Sottintendente leggeva gli atti prima di firmarli; pratica inconsueta, rileva il funzionario, poiché<br />

era solito firmare senza leggere. I tre amici lo accompagnavano nelle frequenti passeggiate alle Bombarde,<br />

così chiamate dice il Calenda, per via di quattro vecchi mortai rimasti li fino al ‘48 che dovevano difendere<br />

le porte della città; «poi domata la rivoluzione calabra, del quarantotto, tutti e quattro i mortai furono giudicati<br />

più pericolosi degli attendibili e furono portati via dai soldati» 243 . Egli decanta le qualità strategiche dello<br />

spiazzo delle Bombarde utile a studiare qualsiasi mossa bellica offensiva o difensiva. La sera erano soliti<br />

riunirsi a casa di Francesco Lombardo e in quella di don Gennaro (Avitabile) dove era solito ballare, cantare,<br />

conversare. Don Gennaro, di fede borbonica, afferma il Calenda, apparteneva ad una delle sette famiglie<br />

“azzurre” di Gerace.<br />

Calenda era affiancato dal tenente dei gendarmi Giovanni Romoli che aveva circa trenta anni.<br />

Durante una serata di settembre il gruppo scese alla Piana. «Erano quasi tutti fedeloni per tradizione ed<br />

educazione ma galantuomini e generosi» 244 . L’orologio, posto accanto alla Porta del Sole batteva mezzanotte.<br />

Arrivati vicino al luogo dove furono fucilati i cinque giovani nel ‘47, Avitabile ebbe a dire che mancava un<br />

mese, a nove anni dall’eccidio. Colloridi di rincalzo si rivolse a Tomajoli pregandolo di recitare La bandiera,<br />

un’ottava che faceva parte dell’ode alla Santa Vergine de lu Carmine. Tomajoli cominciò con voce<br />

commossa a recitare la poesia nel punto dove i suoi compagni 245 furono moschettati:<br />

Lu niqu ministero grida morti!<br />

Morti sentenzia l’empiu Tribunali<br />

Vannu gluriusi a na feroci morti<br />

Cinqu angioli ‘ncarnati liberali:<br />

Cu Italia n’bucca e Cristu all’arma, forti<br />

Cu sta bandera, a Ddeu drizzaru l’ali;<br />

Tu l’accogghisti, o Pio, tu la prejera<br />

Sentisti fatta a Ddeu pe’ sta bandera.<br />

A questo punto il poeta, emozionato, volgendo gli occhi al cielo come per invocare la Vergine e «a<br />

testimonianza di un giuramento dato e poi rotto» 246 declamò:<br />

Chiama cu vuci d’aria tempestusa<br />

Li re di tutta Italia al sacru artaru;<br />

Lu nostru fu lu primu juramentu,<br />

Ma fu ‘ngannu, o Maria, fu tradimentu!<br />

Altra ottava scritta dal Tomajoli riportiamo dal periodico «L’Intransigente. Gazzetta di Gerace» 247 :<br />

(...) Già sta bandera la Sicana Terra<br />

Irgi, cumbatti, vinci lu nimicu.<br />

Riggiu triumpa a la patriotta guerra.<br />

Nu gran gruppu d’eroi di l’omu amicu<br />

Già sulleva lu Joniu, e l’armi afferra.<br />

Surgi a la grolia e a lu valuri anticu<br />

Di Locri l’umbra, la virtuti e l’ossa.<br />

Gridandu: All’armi! All’armi! alla summossa.

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