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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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nazione. Che tutti i pensieri cedano al solo pensiero di divenir liberi» 141 . L’indipendenza era attribuita ad un<br />

concetto riferito all’indipendenza degli stati italiani da quelli stranieri. Non bisogna dimenticare che l’Austria<br />

aveva una sfera di dominio e di influenza ancora forte su tutti gli Stati, compresi quelli “indipendenti” come<br />

il Regno delle Due Sicilie. La speranza era, dunque, la conquista dell’autonomia dallo straniero e della<br />

libertà, conquista che in forma politica si traduceva nella concessione della costituzione da parte di<br />

Ferdinando II 142 .<br />

L’insurrezione nei progetti dei rivoluzionari doveva cominciare a Messina per poi propagarsi a<br />

Reggio, Gerace, Palmi e per reazione, quindi, verso Catanzaro dove operava il barone Francesco Stocco, a<br />

Cosenza per opera del barone Vincenzo Marsico e, quindi, dalla Calabria la rivolta a macchia d’olio avrebbe<br />

toccato conseguentemente tutte le province meridionali per arrivare, infine, a Napoli.<br />

Il Comitato di Cosenza decise di attardare la rivolta per la presenza delle truppe regie lì ancora<br />

accampate, inviate per reprimere il brigantaggio; ma il Romeo, secondo la testimonianza del Settembrini,<br />

durante una riunione napoletana, in cui si discuteva dell’opuscolo “Protesta”, nel rispondere a chi voleva<br />

ancora attardare la rivoluzione disse: «Ci vuol altro che proteste, ci vogliono armi, ed io vado a prenderle» 143 .<br />

Nella riunione dei quadri liberali campani, calabresi, siciliani, avvenuta nell’agosto 1847, «s’era concordato<br />

il piano d’una azione comune che avrebbe dovuto sollevare tutto il regno. Si stabilì la data dell’otto<br />

settembre, e si concertò che Messina e Reggio avrebbero dato il segnale della rivolta» 144 . Ma l’audace capo<br />

partì in fretta da Napoli dicendo ai suoi amici: «Se io moro, non vi scuorate, andate innanzi e ricordatevi del<br />

vostro amico» 145 .<br />

Dunque, nella notte tra il due ed il tre settembre 1847, a suon di tamburo con la bandiera tricolore, la<br />

comitiva rivoluzionaria entrava in Reggio al grido di viva il Re Ferdinando, viva la Costituzione; una chiara<br />

intenzione di volere 146 la promulgazione della costituzione e non il ribaltamento del governo. L’inneggiare<br />

Pio IX rivestiva una duplice funzione: era innanzitutto il vessillo delle riforme, in secondo luogo garantiva<br />

agli insorti una certa presa con il popolo, facendo intravedere un cambiamento etico-morale, perché sotto gli<br />

auspici della religione.<br />

Ferdinando II, intanto, saputo di quanto stava per succedere nell’estrema provincia meridionale del<br />

suo Regno, inviava le fregate a vapore Ruggero e Guiscardo, mentre una colonna mobile al comando del<br />

generale Ferdinando Nunziante muoveva per sedare la rivolta. La truppa si componeva del 6° Reggimento di<br />

linea, comandato dal colonnello Rosaroll 147 , un battaglione dell’8° agli ordini del tenente colonnello svizzero<br />

Rodolfo De Flugy ed una terza colonna diretta a Reggio comandata dal tenente colonnello Gabriele De<br />

Corné.<br />

A Reggio, con l’avvicinarsi delle navi la comitiva rivoluzionaria si sbandò, disperdendosi sulle<br />

colline soprastanti la Città 148 . Il capo reggino, Domenico Romeo, dopo aver ordinato ai suoi di sciogliersi per<br />

meglio sfuggire all’inseguimento del De Corné, dopo varie peripezie, veniva ucciso il 15 settembre da una<br />

guardia urbana; la sua testa portata a Reggio e lasciata per due giorni in cima ad una pertica. Seguì la<br />

fucilazione di quattro liberali. L’insurrezione di Reggio era sedata. Secondo il giudizio del canonico Paolo<br />

Pellicano, «le sentenze erano concertate ed imposte prima del giudizio; (...) le condanne di morte eran<br />

divenute privilegio dei capi e più influenti compromessi; (...) la generosa pena dei ferri duri era accordata<br />

agl’imputati secondarii» 149 .<br />

La polizia si mise subito all’opera per l’arresto dei sediziosi che avevano provocato il moto. Nella<br />

stamperia dell’Orfanotrofio, l’ispettore Gennaro Cioffi si fece consegnare dal trentottenne Luigi Ceruso, che<br />

lavorava in qualità di proto, 6 copie di un “costituto” che era stato fatto stampare dai rivoltosi 150 . Interrogato<br />

dall’Ispettore, l’impiegato rispose che dal due al quattro settembre Domenico Romeo, Stefano Romeo,<br />

Agostino e Antonino Plutino, Giuseppe Favaro, Giovanni Carrozza, Gaetano Borrutto ed Antonino Fera «mi<br />

obbligarono a mettere in istampa nove manoscritti» 151 dei quali due non erano stati stampati per mancanza di<br />

tempo. I proclami erano «dell’Italia Ridente ai Cittadini di Reggio, lettera di S. Stefano, altro Proclama per la<br />

nomina della Giunta d’insurrezione, altro foglio per la Giunta d’insurrezione, notificazione sulla coccarda<br />

tricolorata, Poesia, ed altra Poesia vennero con tutta solennità pubblicate, l’altre due rimasero composte» 152 .<br />

11. L’insurrezione nel Distretto di Gerace<br />

La rivolta nel Distretto di Gerace, come già detto, faceva parte di un progetto organico che doveva<br />

coinvolgere tutta la Provincia di Calabria Ultra Prima e la zona orientale della Sicilia per poi propagarsi<br />

come delle onde concentriche per tutto il Regno fino a Napoli. Vi era un’ansia di rinnovamento che<br />

coinvolgeva le menti culturalmente più avanzate della provincia reggina e calabrese in genere. Questa voglia<br />

di cambiare non veniva, però, compresa dalla maggior parte del popolo: «L’incomprensione trae una prima<br />

origine dalla stessa definizione di Movimento rivoluzionario (...). Una rivoluzione deve necessariamente

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