cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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“irraggiungibile” -, dal fatto che questa nuova classe poteva intenzionalmente essere più vicina ai propri<br />
interessi. Il segnale dell’insofferenza prende avvio da questa parte estrema della Calabria considerata<br />
erroneamente incapace di esprimersi autonomamente.<br />
Il cavalier Bonafede in un rapporto del 23 ottobre 1847, in base ad una segnalazione del giudice di<br />
Ardore, pervenutagli il 12 ottobre, rilevava come il comune di S. Luca nelle vicende rivoluzionarie «non ismentì<br />
la fama di fedeltà, ed attaccamento verso il legittimo Sovrano, che si aveva meritato all’epoca del<br />
decennio combattendo dai sovrapposti colli contro l’occupatore» 381 . Il riferimento, chiaramente, era rivolto al<br />
governo francese il quale cercò di combattere il brigantaggio fomentato anche dalla reazione borbonica che<br />
aveva trovato in S. Luca il terreno favorevole, grazie a grossi proprietari terrieri fedeli ai Borbone. Durante la<br />
sollevazione del ‘47, rapporta Bonafede, dalle montagne fu richiamato il capurbano Tommaso Stranges che<br />
si mise alla testa della popolazione per respingere la presunta invasione dei rivoluzionari 382 . «Le donne<br />
nascosero sulle rupi i loro pochi mobili, e commestibili, decisi ancor esse a coadiuvare i loro mariti, e Fratelli<br />
ne’ pericoli della pugna. Si prepararono le armi, si apparecchiarono le munizioni a spese del Regio Giudice<br />
del Circondario di Ardore, del Capo Urbano, e dell’Arciprete del Comune [Antonio Giampaolo], essendosi<br />
financo destinate le rupi di Cavolia, come luogo di sicuro accampamento» 383 . Bonafede lodava le risposte<br />
negative del Paese aspromontano agli inviti del Comitato rivoluzionario di deporre le armi per ristabilire<br />
«nuovo governo (...). Le ambascerie furono recate da D. Francesco Ruffo di Bianco, e da D. Francesco De<br />
Luca di S. Agata» 384 .<br />
L’attaccamento al Sovrano e gli interessi prevalevano su tutto. Elogi vennero indirizzati al regio<br />
giudice del Circondario di Ardore «richiamato anche col Capo Urbano dalle montagne sera de’ quattro del<br />
decorso mese, ove per superiore delegazione eseguiva la ripartizione del demanio Comunale» 385 . Era,<br />
dunque, in corso la ripartizione delle terre demaniali, un evento importante, interrotto da certa gente che non<br />
si sa quel che chiedeva. Forse la terra? Era questo il terrore che attanagliava i grossi proprietari. La paura<br />
dell’anarchia, di una rivoluzione, impauriva le oligarchie locali che con i loro strumenti feudali tenevano in<br />
gioco intere popolazioni.<br />
Il 3 ottobre Nunziante emise l’ordinanza per i festeggiamenti in occasione dell’onomastico del<br />
Principe Ereditario: «La Truppa vestirà la tenuta bigia in mancanza dell’uniforme e pantalone bianco, e<br />
caschetto scoverto. Gli Uffiziali in pantalone bigio uniforme e caschetto scoverto» 386 . Alle ore 10 la milizia,<br />
accompagnata dalla Banda musicale, doveva recarsi davanti all’abitazione del Generale «onde associare il<br />
corteggio che dovrà recarsi in chiesa, onde assistere al solenne Te Deum che vi si canterà» 387 . Le manovre<br />
militari venivano concepite alla grande per dare dimostrazione della potenza: alle 10,30 la numerosa truppa<br />
«si troverà schierata in battaglia con la dritta alla porta siederà e la sinistra al Duomo per recarsi poscia alla<br />
piana per eseguire i fuochi di gioja» 388 . Alla sfilata prendeva parte anche la mezza batteria.<br />
Il giorno dopo nel teatro della strage venne disposto il battaglione. Il Nunziante, «circondato dagli<br />
alti funzionari, dallo stato maggiore, dai notabili del paese, tra melodie di musiche e spari di fucili» 389<br />
consegna a Domenico Jerace la croce di cavaliere e i due mila ducati che gli spettavano per l’arresto di Bello,<br />
Verduci, Gemelli e Salvadori da dividersi con i suoi 390 .<br />
Il Re premiò lo zelo dimostrato dalla nobiltà geracese e dall’alto clero, concedendo alla Città<br />
l’esenzione dei dazi civici e l’ufficio di dogana, tolto a Siderno 391 dove funzionava col nome di dogana di<br />
Gerace. I proprietari geracesi, si legge nella relazione, «si compromettono di far subito costruire altri locali<br />
alla marina» 392 . Il 19 dicembre 1847, infatti, venne riunito il Decurionato sotto la presidenza del sindaco<br />
Ettore Migliaccio, il quale comunicava che Ferdinando,<br />
con risoluzione confermata nel Consiglio di Stato de’ 22 Novembre ultimo, nel suo bel animo, ed amorevolezza verso i<br />
Geracesi, si era degnata aderire alla domanda di questo comune, tendente ad ottenere, che la Dogana di Gerace passi sul Lido di<br />
questo Capoluogo, ove si erano incominciati al proposito que’ Fabbricati. Il Decurionato nella certezza che a’ Fabbricati in<br />
costruzione, e che vennero basati simmetricamente, molti altri Cittadini, ora che si è ottenuta (...) la grazia implorata, fanno premure<br />
per averne de’ Locali onde costruire altri Fabbricati, affinché questi abbiano una regolarità simmetrica, deviene a proporre, che<br />
ognuno assoggett’il Fabbricato incipiendo, sotto la Direzione di una Deputazione di edificazione, incaricata della semplice regolarità<br />
nella Fabbriche, e nella strada, che dovranno rimanere tra un Fabbricato, e l’altro, e conoscendo quindi alla necessità di aversi subito<br />
l’approvazione Superiore per mezzo della presente, propone per deputati 393<br />
cavaliere Ettore Migliaccio, Pasquale Scaglione, Giuseppe Del Balzo e Domenico Candida «qual’intelligenti,<br />
e principali Proprietarj del Paese. Finalmente l’architetto Provinciale D. Vincenzo Sansalone, come a colui,<br />
che trovasi nella conoscenza e nella portata di elevare le piante, e qualunque disegno, che vi potesse<br />
occorrere» 394 . Alle precedenti firme si aggiungono al termine del documento quelle dei decurioni Bruno<br />
Corrado, Pietro Carpentieri, Nunziato Polimeni, Bruno Bonavita, Filippo Vitale, Francesco Arcano,