cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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Pubblica Sicurezza di Reggio il provvedimento è stato revocato perché controproducente, presso il clero e<br />
presso la massa del popolo» 86 .<br />
L’Oppedisano giustifica anche l’allocuzione del vescovo Moestitia.... che sarebbe stata pronunciata<br />
un anno dopo per il ritrovamento, in una stalla nei pressi della Cattedrale, dell’ostensorio in argento rubato<br />
tempo prima. Ma le giustificazioni date dal canonico cozzano con i fatti. L’asserzione del Fragomeni non<br />
giunge dopo anni, quando, placate le ire e le menti rasserenate, si poteva confondere la data attribuita dall’Oppedisano<br />
all’anno dopo con il triste episodio. Nel predetto suo carme, l’epigrafe viene riportata<br />
nell’immediato rispetto all’avvenimento, cioè neanche sei mesi dopo il 2 ottobre. Non credo che Fragomeni<br />
avrebbe potuto in un così breve tempo camuffare i fatti nella stampa del 26 marzo 1848 «quando tutta<br />
Gerace poteva smentire la calunnia, se calunnia ci fosse stata» 87 . Ma non è soltanto Fragomeni che avvalora<br />
il fatto: «Nel paragrafo 10 della Cronaca manoscritta di D. A. Grillo 88 in data 1° maggio 1848, si legge:<br />
Cantato il Te Deum nel Duomo, il Vescovo pronunziò un’Omelia allusiva all’occasione. La bocca di un Pastore non per<br />
altro dovrebbe aprirsi che per pronunziare la parola di pace, di mansuetudine, di perdono e d’indulgenza. Il giudizio severo della<br />
storia dev’essere imparziale, la lode ed il biasimo a chi spetta; per cui non posso coprire pur col velo dell’amico una esorbitanza del<br />
venerevole Prelato, il quale non doveva usare parole amare ed acerbe ed anatemizzare cinque Italiani della sua diocesi, sacrificati pel<br />
gran delitto di aver amato la patria, le anime dei quali eransi ricoverate sotto alle grandi ali del perdono di Dio; e che partendo da un<br />
principio falso, erronee furono le conseguenze che ne trasse a favore dell’assolutismo. Moestitia implevit cor nostrum. Moestitia<br />
nostra conversa est in gaudium, fu il tema dell’Omelìa: tema ripudiato dal vero spirito del Vangelo... 89 .<br />
Secondo l’Oppedisano 90 , Gaetano Fragomeni era in conflitto personale con il Perrone. Il Fragomeni è<br />
stato, indubbiamente, di sentimenti liberali e ciò avrà, forse, influito sul fatto che lo stesso Vescovo abbia<br />
negato l’ordinazione sacerdotale. È questa la motivazione politica, la causa della lotta che Perrone ha fatto<br />
contro il Fragomeni, la cui integrità morale rientrava quantomeno nei parametri se nel 1858, sotto il<br />
vescovado di mons. Pasquale Lucia (1852-1860), verrà ordinato sacerdote. Infatti, lo stesso Oppedisano<br />
afferma: «Non possiamo imputare al Fragomeni di essere stato un immorale, e lo deduciamo dal fatto che il 2<br />
dicembre 1858, nell’avanzare domanda al Vescovo Lucia, successore del Perrone, per ammetterlo al<br />
sacerdozio, il Vescovo, prima di accettare la domanda, richiese dal parroco di S. Maria del Mastro, alla cui<br />
parrocchia apparteneva il Fragomeni, l’attestato di buona condotta morale. Altro certificato richiese<br />
dall’arciprete della Cattedrale Fortunato Panetta, morto in concetto di santità, col quale il Fragomeni aveva<br />
fatto gli esercizi spirituali precedenti l’ordinazione sacerdotale» 91 . A rafforzare quanto detto, anche Roberto<br />
Muscari Tomajoli, nella sua monografia su Gerace Marina, riporta il nominativo del «sacerdote Gaetano<br />
Fragomeni» 92 .<br />
Il Fragomeni insegnò per 20 anni nel Borgo Maggiore. Tenne l’Ufficio di Ispettore e da Mons.<br />
Mangeruva gli fu affidato nel 1887 l’incarico di parroco presso la chiesa di S. Maria del Mastro. Morì nel<br />
1896. Ebbe affidate da Re Ferdinando II le tre cappellanìe delle chiese della SS. Trinità al Piano, dei SS.<br />
Filippo e Giacomo in Gerace e di S. Giuseppe a Siderno 93 . Ma di fronte all’ideale seppe anche sacrificare le<br />
rendite che gli potevano derivare.<br />
Perrone, contribuì a far scarcerare qualche detenuto, come dimostrano le lettere inviate a Bonafede e<br />
da questi pubblicate nel suo manoscritto 94 ; ma ebbe anche una funzione importante in quel frangente per aver<br />
sollecitato l’intervento delle truppe borboniche a Gerace. Il governo per la sua condotta «esemplare» 95 , gli<br />
tributò la Gran Croce del Real Ordine di Francesco I, una delle massime onorificenze. I suoi rapporti con le<br />
istituzioni più alte dello Stato sono tutte imperniate su una profonda devozione, quasi fanatica.<br />
In una riservatissima, datata 5 settembre 1847 e indirizzata al ministro di polizia di Napoli, il<br />
Vescovo informava le autorità della perturbazione che si stava delineando all’orizzonte della sua Diocesi,<br />
chiamando i rivoluzionari «un’orda di scellerati (...). Io fui inorridito a tale notizia, la quale benché ricevuta<br />
con segretezza non dovea essere tenuta segreta, così pensavo sul modo da tener inteso il Sottintendente onde<br />
essere al caso di usar degli espedienti repressivi» 96 , continuava il Prelato nel raccontare minuziosamente le<br />
azioni svolte dai temerari che scorrevano per i luoghi del Distretto. Lo stesso si preoccupa di sollecitare gli<br />
organismi giudiziari e civili a prendere i dovuti provvedimenti. Di concerto con il consigliere Giovambattista<br />
Correale, dispose il da farsi, le missive da inviare al governo, ai militari, all’intendente, la difesa della Città,<br />
aiutato freneticamente dai gentiluomini del paese. Tutto era finalizzato alla difesa del potere. Ed anche<br />
quando, ecco la devozione servile, il Bonafede fu libero, il Vescovo previene 97 lo stesso Sottintendente<br />
informando spontaneamente della sua liberazione il ministro di polizia. Il Bonafede lo descrive zelante, forte<br />
d’animo, pronto con la sua fermezza a rendere attivo il giuramento fatto al re 98 . «A confronto è da apprezzare<br />
il dignitoso riserbo dell’Arcivescovo di Reggio che si tiene estraneo agli avvenimenti e se interviene è per<br />
impetrare clemenza verso i perseguitati» 99 .