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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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eroico, «fece gran rumore in Geraci e nel distretto, lodato da’ liberali» 260 , i quali dopo questo fatto ebbero in<br />

grande simpatia il Calenda.<br />

La vita a Gerace riprese normalmente con le cene a casa di Francesco Lombardo e don Gennaro (a<br />

cui era antipatico il Cavaliere X). «Spesso vi si imbandivano cenette con frittole 261 che le donne di quella<br />

casa preparavano in modo gustoso; annaffiate dal vecchio greco» 262 .<br />

Il Sottintendente si recò a visitare i paesi del Distretto. La motivazione era dovuta a «qualche<br />

sommossa di contadini in taluni comuni causata da usurpazioni di terre demaniali» 263 . Una considerazione<br />

che apre la discussione sull’entità dei moti insurrezionali, dietro ai quali stavano anche motivazioni di<br />

carattere sociale, come la rivendicazione delle terre. Ad accompagnarlo erano il Briglia, Colloridi, e spesso si<br />

univano anche Pietro Migliaccio «così caro a tutti, e taluna volta don Giacomo Scaglione (...) o don<br />

Domenico Candida che fra noi tutti era il più attempato, cuor d’oro verso tutti, e beato lui, che d’oro aveva<br />

anche piene le tasche, se avare di parole erano le labbra» 264 .<br />

A Stilo, che era l’ultimo paese del Distretto, furono accolti dal barone Raffaele Crea ed Ettore<br />

Marzano di fede liberale. Col barone Crea, il Calenda visitò le miniere di ferro di Ferdinandea e il convento<br />

di S. Maria di Gesù dove Tommaso Campanella aveva macchinato «la famosa cospirazione» 265 .<br />

Lasciata Stilo, il Calenda si dirisse verso un paesello di cui non ricordava il nome e dove venne<br />

accolto dal sindaco, dal corteo con la musica in testa che intonava l’inno borbonico. Dopo aver attraversato il<br />

letto di un torrente in direzione della zona di capo Bruzzano, incontrò una folla stretta intorno ad una statua,<br />

intenta a rispondere alle preghiere di un prete che supplicava la caduta della pioggia in quell’autunno arido.<br />

Il miracolo non avvenne e fu allora che i contadini presero le pietre dal greto del fiume asciutto e le<br />

scagliarono contro la statua già segnata da precedenti botte. L’azione si sarebbe ripetuta ogni giorno finché<br />

non sarebbe piovuto. Pietro Migliaccio illustrò al Sottintendente un altro uso bizzarro presso un altro paese<br />

nelle vicinanze di Gerace, dove al termine della messa il sacerdote dava inizio ad un ballonzolo subito<br />

imitato dalla gente. Raggiunse quindi Staiti dove un malconcio municipio lo attendeva.<br />

Quali erano i passatempi in quel periodo? Calenda racconta che durante le serate piovose si giocava<br />

nelle case nobiliari al gioco dell’oca. Donna Beatrice suggerisce al Calenda di costruire un teatro cogliendo<br />

l’approvazione di tutti i presenti, perfino del facilone Agostino Giannotta 266 , sempre pronto ad assecondare<br />

qualsiasi iniziativa ed aprire le casse comunali. Ma accedere ai fondi era impossibile: ci voleva il permesso<br />

dell’intendente e del ministro. Si decise allora di realizzarlo con il contributo di tutti: «Un vecchio ed ampio<br />

locale a cui si scendeva per alquanti gradini e che serviva da magazzino di legname in una piazzetta presso il<br />

duomo fu giudicato acconcio» 267 . Il Calenda si recò da Mons. Lucia «il successore del terribile Monsignor<br />

Pirrone» 268 , per ottenere l’utilizzo del legname per fare il palco e la platea. Il Vescovo, da qual uomo di fede<br />

ch’era, «sentendo che io mi proponevo per tal modo togliere gli artigiani dall’ozio, allo spreco ed agli<br />

stravizzi delle bettole nelle lunghe serate invernali, e riunire così le varie classi con maggiori contatti in<br />

decente passatempo, mi concesse tutto» 269 . Ognuno portò il materiale che aveva e gli artigiani di Gerace<br />

lavorarono gratuitamente. Finalmente fu terminato e per l’inaugurazione fu chiamata una compagnia comica<br />

della provincia. «La gente ci si spassava un mondo, ed il popolino si commoveva e non faceva il chiasso» 270 .<br />

Il teatro fu battezzato da donna Beatrice col nome del Calenda.<br />

In questa ventata di novità, che durava ormai da diverso tempo, il mitico cavaliere X non aveva<br />

voluto prendere parte ad alcuna rappresentazione. La presenza delle donne nella compagnia aveva suscitato,<br />

come nel cabaret di un tempo, rivalità o simpatie verso l’una o l’altra, investendo anche la figura del<br />

Calenda. L’occasione fu propizia al cavaliere X per schernire il Sottintendente facendolo apparire come «il<br />

corruttore del buon costume in Geraci» 271 . Ma il Calenda non si diede per vinto. Sollecitato dalle dame della<br />

Città, il suo alloggio venne trasformato per dare una festa da ballo. Il festino fu organizzato a dovere: si<br />

lucidarono i pavimenti; si confezionarono vestiti per l’occasione; chiamò persino un autentico maestro di<br />

ballo; una crestaia per i cappellini da signora fu fatta venire da Reggio «e fu anche ordinato, prima delle<br />

danze, un concerto di musica con strumenti ad arco diretto da un maestro, Sedelmajer, un valente sonatore di<br />

viola e di violoncello venuto in Geraci a formare e poi dirigere la banda musicale, bravo giovane tutto di casa<br />

Lombardi e buon vecchio ora vivente in Geraci» 272 . Il concerto era l’occasione, narra il Calenda, anche per<br />

alcuni canonici che più che i trilli dei violini o il ballo erano interessati ad altri argomenti. La festa fu<br />

riuscitissima anche senza la presenza del cavaliere X che era stato invitato. Questo personaggio fece sapere<br />

indirettamente al Sottintendente che presto avrebbe terminata quella sua impudenza: «Un vagheggino che<br />

caccia in cucina gli atti del governo!» 273 .<br />

Ma un altro fatto doveva suscitare le ire del cavaliere. Era in uso celebrare durante il periodo<br />

pasquale la cosiddetta messa del sottintendente che veniva officiata Mercoledì Santo alla quale era quasi<br />

imposto di prendere la comunione. Idea che il Calenda, da anticonformista quale era, rifiutava in cuor suo di

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