cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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La rivoluzione era nell’aria, se già molto tempo prima del fatidico settembre, «nel mese di maggio<br />
1847, segni evidenti presentavasi del vicino scoppio della preparata mina. In Reggio la gioventù mal accorta,<br />
la classe degli artisti specialmente sarti erano in continua azione» 31 . È una testimonianza sintomatica del<br />
movimento che fu tutt’altro che improvviso e privo di organizzazione. I fatti che ne seguirono sono noti.<br />
Dopo i moti del settembre, l’Italia poteva dirsi «dal punto di vista politico esser divisa in due parti: l’una,<br />
comprendente lo Stato Pontificio, la Toscana e il Regno di Sardegna, avviata, pur tra ondeggiamenti di prìncipi<br />
e agitazioni di popoli, alla realizzazione del programma riformista; l’altra, comprendente il Lombardo-<br />
Veneto, cui si potevano aggiungere i Ducati di Modena e di Parma, e le Due Sicilie, avviata verso un<br />
aggravamento della tensione» 32 .<br />
L’atteggiamento politico di Pio IX, all’indomani dei moti del ‘47 in cui i ribelli avevano annunciato le novità<br />
inneggiando il suo nome, fu quello di ristabilire la sua posizione moderata. Nell’allocuzione ai cardinali del 4<br />
ottobre fa riferimento ad alcuni sudditi «i quali temerariamente del nostro nome abusando, con gravissimo oltraggio alla<br />
nostra persona ed alla suprema nostra dignità, ardiscono denegare la dovuta soggezione ai propri prìncipi e concitare<br />
contro di essi perturbazioni e moti riprovevoli» 33 . Comunque dovesse apparire agli occhi dei sovrani assolutisti, la<br />
Consulta di Stato istituita da Pio IX affermò la necessità di avviare alcune riforme che si presentavano<br />
socialmente rivoluzionarie per quel periodo 34 ; intenzioni che furono modificate dagli avvenimenti quarantotteschi.<br />
Nel Regno delle Due Sicilie la pressione poliziesca nei confronti dei liberali si faceva sempre più<br />
marcata. Gli altri Stati italiani, considerando che una politica eccessivamente repressiva potesse far scoppiare<br />
la rivoluzione, sottoscrivono un documento per invitare Ferdinando II a fare qualche concessione. Alla<br />
risposta negativa del Re, i gruppi rivoluzionari cominciarono a progettare una grande insurrezione armata<br />
che, partendo da Palermo, avrebbe dovuto coinvolgere progressivamente i territori del Regno fino a Napoli.<br />
Afferma Candeloro: «La preoccupazione dei moderati per un possibile scoppio insurrezionale nelle Due Sicilie<br />
determinato dall’ostinato reazionarismo di Ferdinando II, si aggiungeva ad un’altra preoccupazione più<br />
grave: quella per un probabile rapido declino dell’entusiasmo popolare per Pio IX e quindi per un crollo<br />
dell’ideologia neoguelfa, che fino a quel momento aveva permesso di incanalare il movimento nazionale entro gli argini<br />
del riformismo gradualistico» 35 . Dal canto suo il Papa, con i problemi scaturiti dalla crisi svizzera e la forte polemica<br />
contro i gesuiti (considerati la spina dorsale del reazionarismo), era stato costretto a limitare la politica liberale<br />
intrapresa, pressato forse anche dagli elementi più resistenti della Curia romana. Questo atteggiamento costrinse i<br />
massimi esponenti liberali a spostare il campo d’azione su Carlo Alberto, attuando una politica finalizzata ad<br />
esprimere la figura di un re depositario della causa italiana. Gioberti rimaneva esterrefatto dalla politica<br />
intrapresa da Pio IX. Tuttavia Mazzini, scevro fin dall’inizio nel credere in una politica liberale del Papa,<br />
nella sua Lettera a Pio IX, invitava il Pontefice a farsi annunciatore indiretto dell’unificazione dell’Italia, di benedire<br />
coloro che avrebbero combattuto per tale causa poiché l’Italia, sotto la sua volontà spirituale avrebbe assunto un<br />
valore umano, oltre che politico.<br />
È singolare come, nel volgere di pochi mesi, si passi nelle rivendicazioni dei liberali della provincia<br />
reggina dal desiderio di far parte di un’Italia confederata 36 , all’Italia addirittura repubblicana. Mazzini era<br />
contrario al federalismo, perché in quel frangente storico considerato materialista e suscettibile di manovre<br />
utilitaristiche delle potenze europee, che avrebbero in seguito provocato ribellioni e divisioni all’interno<br />
dello stesso meccanismo.<br />
Spinte separatiste arrivavano dalla Sicilia. Il 12 gennaio 1848 scoppiò a Palermo un’insurrezione<br />
popolare. L’isola insorse contro il Borbone chiedendo la convocazione del Parlamento siciliano e<br />
l’adattamento della Costituzione del 1812. La notizia si diffuse in tutto il Regno. Nelle province si<br />
preparavano insurrezioni, alimentate dal malcontento della borghesia e degli artigiani, favorevoli ad un<br />
cambiamento politico, e dal disagio dei contadini. La situazione rimaneva, invece, stazionaria nella Capitale<br />
dove la maggior parte della popolazione, affezionata al re, viveva di espedienti e di beneficenza. La rivolta<br />
scoppiò nel Cilento e in Calabria dove più misere erano le condizione di vita con la piccola e media<br />
borghesia che teneva accesa la fiamma rivoluzionaria. Alcune concessioni fatte da Ferdinando II nel<br />
momento del pericolo, furono tardive ed insufficienti per frenare quanto stava per succedere. Alla fine di<br />
gennaio il Del Carretto, destituito, veniva arrestato e mandato in esilio; Monsignor Cocle espulso dal Regno.<br />
Ferdinando fu costretto a concedere la Costituzione i cui princìpi furono pubblicati il 29 gennaio<br />
1848. Il testo della Costituzione venne elaborato sull’impronta di quello francese del ‘30, da Francesco Paolo<br />
Bozzelli che rappresentava l’ala più moderata del liberalismo napoletano. Questo ordinamento, firmato da<br />
Ferdinando il 10 e pubblicato l’11 febbraio, lasciava ampi poteri al re, poiché a lui era demandato di<br />
esercitare esclusivamente il potere esecutivo e con le due Camere quello legislativo 37 . Si stabiliva che la<br />
religione fosse unicamente quella cattolica apostolica romana senza tolleranza d’altri culti; l’inviolabilità e