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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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Rosarno; Vincenzo Laganà di S. Anna; Gregorio Aracri di Stalettì 283 . La Gran Corte si riservava, poi, di<br />

prendere decisioni per l’arciprete Giovanni Zagarella e Antonino Luppino di S. Eufemia «ne’ termini delle<br />

disposizioni contenute in fine della presente deliberazione» 284 ; quindi nei confronti dei seguenti individui fu<br />

disposto l’arresto per le imputazioni «di discorsi di fatti pubblici che abbiano avuto soltanto mira di spargere<br />

il mal contento contro il Governo» 285 : Francesco Foti di Reggio; di Villa S. Giovanni: Silvestro, Giovanni e<br />

Filippo Zagarella; Giovanni De Girolamo; Francesco, Giuseppe, Giovanni e Rocco Caminiti; Ignazio, Rocco<br />

e Giuseppe Larussa; Rocco Lo Preste; di Campo: Giuseppe, Pietro, Giovanni e Domenicantonio Caminiti;<br />

Domenico Pontoriero e Giuseppe Musolino; di Fiumara: Litterio, Alfonso e Giuseppe Morgante, Felice<br />

Sferrone, Luigi e Domenico Forgione, Pasquale Battaglia, Vincenzo Sciarrone, Filippo Stilo, Angelo e<br />

Giuseppe Cama, Domenico Pontoriero; di Sinopoli: Pasquale Manglaviti, Rocco, Giovanni e Fortunato Migliardi,<br />

Pasquale Rositano, Gaetano e Ottavio Carbone; Luigi Longo di Cosoleto; Luigi Luppino di S.<br />

Eufemia; Ferdinando e Giovanni De Cumis, Nicola, Saverio e Francesco Caruso, Bruno Zerbi, Alessandro<br />

Cumata, Ermanno Ceravolo, Giovanni Romeo, Francesco Bruni, Giacomo Bruni, Filippo e Carmelo Zappia,<br />

Giovanni Lidonnici, Giuseppe De Maria, Bruno Sprizzi, di Iatrinoli; sac. Vincenzo Priolo, Filippo Bruzzese<br />

di Polistena; Teodoro De Luca, Pasquale Montalto, Alessandro Lombardo di Rizziconi; Giovambattista<br />

Manfroce di Cinquefrondi; Vincenzo e Giuseppe Disani, Giuseppe e Antonio Gallaro, Antonio Martino,<br />

Bruno Marci, Michelino Ferrari, Andrea Alvaro, Michelangelo Albanese, Antonio Garigliano di Ferdinando<br />

e Antonio Garigliano di Gaspare, Francesco Buda, Nicola Sergio, Nicola Morfea, Bruno Siciliano di Galatro;<br />

Giuseppe, Ferdinando, Francesco e Francesco (seniore) Cujuli, Francesco Condò, Domenico, Giuseppe e<br />

Nicola Lacquaniti, Vincenzo Napoli e Ferdinando Pasquale di Anoja; Giuseppe Filace, Filippo Ferrari,<br />

Domenico Ferrari, Maurizio e Tommaso Conia, Giuseppantonio Ferraro, Matteo e Filippo Garcea; Giuseppe,<br />

Pasquale e Domenico Adorisio di Laureana; Domenico Lomoro, Giuseppe Villone, Innocenzio Fera e<br />

Francesco Candidoni di Rosarno; Giovambattista, Nicola e Nicodemo Palermo; Giuseppantonio Lupis e<br />

Fedele Marca di Grotteria 286 .<br />

La GCC ordinò di confermare l’arresto, di espletare celermente le fasi processuali e di «migliorare le<br />

pruove a carico di tutti quelli i cui nomi figurano nella processura; e di cui ancora non è stato ordinato l’attesto, o se ne sia<br />

per mancanza di pruove finora raccolte, disposta la escarcerazione, o sia fatto dal Pubblico Ministero riserba; quanto<br />

ad oggetto di scoprire e mettere in chiaro tutti gli altri che presero una parte quantunque ne’ fatti politici<br />

avvenimenti di cui forma scopo la istruzione» 287 . Termina così questa fase processuale di cui i termini risolutivi li<br />

proporremo più avanti. Senza ombra di dubbio, esso costituisce un eccezionale documento per quanto<br />

riguarda l’attività cospirativa del tempo. Alla luce di questi fatti, prende sempre più consistenza l’ipotesi che<br />

il moto insurrezionale del settembre 1847 sia stato la base di un progetto radicale.<br />

Ma cosa era successo, nei particolari, a Gerace nel 1848? Nel compendio del voluminoso processo<br />

riguardante quegli avvenimenti, è facile leggere la chiave di lettura di questi disordini scoppiati dopo il 15<br />

maggio. «Si distinguea Geraci per tranquillità, ed armonia, specialmente fra la classe di galantuomini. Era<br />

esso un paese, come lo è, attaccato alle Leggi, ed all’ordine pubblico (...). Ma sventuratamente caduto sotto il<br />

comando di taluni della guardia nazionale, riscaldati per eccellenza, incominciarono i dissapori, e da questi i<br />

partiti (...); insomma si è perduta la pace delle famiglie, ed il paese intero» 288 . Evidentemente la nomina degli<br />

ufficiali e dei sottufficiali della guardia nazionale, reclutati tra ambienti liberali, aveva provocato forte<br />

risentimento, come si evincerà anche dalle deposizioni, tra i realisti, ovvero coloro che prima della concessione<br />

della Costituzione, a 360 gradi erano al vertice del potere civile. Ad una commissione spettava la<br />

compilazione della «lista di tutti coloro (...) chiamati a far parte della Guardia Nazionale» 289 . Gli ufficiali e i<br />

sottufficiali venivano eletti «cominciando dal Capitano, per scrutinio segreto ed a maggioranza assoluta di<br />

voti» 290 .<br />

Il fatto che siano stati eletti uomini liberali la dice lunga sull’aria che si respirava a Gerace. Una<br />

fiducia data loro in tal senso giustifica una forte componente di costituzionali, tale da mettere in minoranza le<br />

forze realiste. La coscrizione della guardia non era immune da risse e intrighi «e sopra tutto le nomina dei<br />

graduati e degli uffiziali, che da capitano in giù dovevano essere eletti dalle rispettive compagnie» 291 . In un<br />

centro dove ancora erano fresche le ferite lasciate dalle cinque esecuzioni capitali, dove odi e rancori erano<br />

tenaci ed ereditari, bastava una piccola scintilla per far scoppiare pericolosi tumulti, come saranno quelli<br />

successi a Gerace nel luglio-agosto del 1848 (per fortuna senza morti). «D’altra parte, gli antichi realisti ben<br />

di rado si lasciavano impunemente soverchiare, o si ritiravano di buon grado dal pubblico arringo, sapendo<br />

che in qualsiasi contingenza non sarebbe loro mancata mai l’occulta protezione regia. E si noti ch’eran quasi<br />

da per tutto i più ricchi proprietari del paese, i padroni della terra, potenti per alti parentadi, per clientele di<br />

contadini e di artigiani dipendenti, per astuzia acquistate nell’esercizio degli uffici e delle magistrature. Una<br />

lotta, ora sorda, ora scoperta, una serie di obliqui maneggi o di subdole transazioni, ferveva dunque in ogni

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