cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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puntandogli «sopra lo schioppo» 441 , e da Pasquale Sansalone che prese a schiaffi Giuseppe Pancallo, di<br />
guardia con il Napoli. Il gruppo s’impossessò della postazione e delle armi, cosicché gli assediati «in numero<br />
di cinque o sei» 442 andarono via.<br />
Segue la testimonianza del fratello Felice Arcano, di anni 50, supplente al Giudicato Regio e<br />
Ricevitore Distrettuale di Gerace, il quale dipinse il Panetta come un uomo moderato, attaccato al Re ed alla<br />
Costituzione. E così anche Francesco Ferraro, 34 anni, proprietario. Per quanto riguarda la sera del 23 luglio,<br />
gli fu riferito da Giuseppe Santostefano che si sosteneva «essere caduta la Costituzione, e che non si doveano<br />
più ubbidire ne’ Capi, ne’ Sotto Capi» 443 .<br />
Inizia il procedimento dei testimoni a riguardo di Giuseppe Scaglione. Francescantonio Meligrana, di<br />
anni 44, commerciante, racconta l’episodio in cui l’Aglirà provocò il Commisso, in occasione<br />
dell’intimazione di togliersi la coccarda rossa. Il caporale si avventò su Aglirà e Sansalone forse per<br />
arrestarli. Come gli altri testimoni rimarcò di non aver visto se impugnassero armi o ci fosse stata resistenza<br />
a pubblico ufficiale, ma suppose «che ciò fosse avvenuto, dappoiché tra il Borgo di questa Città, e quelli che<br />
appartengono alla Città, vi è stata sempre una specie di gelosia fra loro, che gli uni si sentono più guappi<br />
degli altri; ed è in effetti. Commisso appartiene al Borgo, e Sansalone alla Città» 444 .<br />
Il Meligrana affermava che la notte del 23 luglio si trovava di guardia assieme a Natale Fortunato<br />
Custorieri, il quale disse a due individui che venivano «dalla parte superiore della Città: chi è la’. O sia Alto<br />
chi è là? E quelle risposero La guardia Santo Diavolo! per ben due volte» 445 . La mattina successiva aveva<br />
saputo che quelle che avevano risposto al Custorieri avevano disarmato il corpo di guardia legittimo.<br />
Secondo il suo parere, «l’oggetto per le quali corsero le guardie nazionali del Borgo, che io non so chi<br />
l’avesse chiamate, e se ci avesse avuto parte D. Giuseppe Scaglione, fu perché si credevano di aver avuto<br />
uno smacco per essere stati disarmati taluni appartenenti al Borgo, e non già per inveire contro la<br />
popolazione che fa parte della Città di Gerace» 446 . Secondo il Meligrana durante il giorno Giuseppe<br />
Scaglione era uno di quelli che andava in giro gridando «Viva Pio Nono, viva l’Italia, viva Carlo Alberto, Viva<br />
la libertà! (...). Egli lo Scaglione appartenne alla classe dei riscaldati» 447 . Riguardo all’Aracri, ricorda la sua venuta in<br />
piazza affiancato da Giuseppe, da Vincenzo Panetta e da Benedetto Accorinti che lo accompagnò al Caffè «e<br />
complimentò a costui una mantecata» 448 .<br />
Successivamente veniva sentito Michele Pedullà di anni 28, falegname, secondo il quale, Giuseppe<br />
Scaglione la notte del 23 si era prodigato per mantenere il buon ordine e Benedetto Accorinti, «rivoltosi ai fratelli<br />
Sansalone, Melia ed altri che aveano precedentemente disarmato talune guardie nazionali disse le seguenti<br />
parole: Ora io per generosità, e per non far succedere delle questioni vi lascio al corpo di guardia. Fu allora che i<br />
Borghesi si ritirarono e la cosa finì in questo modo» 449 . Il teste proseguì dicendo che dal Borgo continuarono a venire le<br />
guardie nazionali chiamate, non si sa da chi, e che lo Scaglione di notte cantava «Viva la libertà, viva Pio<br />
Nono, viva l’Italia! E ciò lo faceva non per disprezzo del Governo, ma piuttosto per ontare taluni di questo<br />
paese ch’erano di contrario avviso all’attuale regime, e desideravano piuttosto l’assolutismo; e da ciò credo che<br />
derivavano tutte le quistioni tra i due partiti» 450 .<br />
Giuseppe Pedullà, 60 anni, segatore, riferiva solo di aver sentito dire a Giuseppe Scaglione «più<br />
volte in quelle emergenze Viva il Re, viva Pio Nono, viva la Costituzione, viva la libertà!» 451 .<br />
Ed ancora: Domenico Timpano, 32 anni, bracciale, testimoniava in ordine al trambusto per il fatto<br />
della coccarda rossa; Domenico Lombardo di anni 30, sarto, affermava che nel momento in cui, la notte del<br />
23 luglio, si ritirava assieme all’Accorinti e all’Attanasio, vide appostate nella località S. Gregorio molte<br />
persone che li apostrofarono: «Avanti s. diavolo che vi sparamu. Noi passammo, ma nulla ci fecero» 452 ;<br />
aggiungendo poi, che le guardie realiste si impossessarono del corpo di guardia espellendo quelli che nel<br />
frattempo si erano insediati, «per motivo che siccome essi nel giorno aveano abbandonato il Corpo di<br />
guardia, e vedendo che questo era stato rimpiazzato, temendo di soffrire qualche pena, ed anche per gelosia,<br />
li cacciarono e si posero essi a far la guardia» 453 . Giuseppe Scaglione, secondo la sua versione, non era sceso<br />
al Borgo, poiché era stato sempre accanto a lui quella sera di guardia in Città. Dal Borgo salirono, 12 guardie<br />
nazionali.<br />
Giuseppe Attanasio di anni 27, sarto, asseriva di non aver mai inteso cantare l’imputato Giuseppe<br />
Scaglione frasi contro il Governo e che quelli che andarono a chiamare il drappello del Borgo la sera del 23<br />
luglio furono Giuseppe Scaglione, Accorinti e Francesco Lombardo.<br />
Domenico Mangano, di anni 40, industriante di Catona ma dimorante a Gerace, si soffermò soltanto<br />
sull’aver udito lo Scaglione cantare «Viva Pio Nono, Viva Carlo Alberto, viva la libertà! Ma io non conosco<br />
l’oggetto perché diceano queste parole» 454 .