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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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Parole di stima per la Guardia nazionale vennero pronunciate dal sindaco Migliaccio, durante il suo<br />

interrogatorio, elogiandola per il fatto che «la forza in parola si è servita a mantenere l’ordine pubblico (...).<br />

Infine debbo dichiararvi che nel pubblico è costante la voce che ordini per lo strappamento della coccarda<br />

rossa, erano arrivati dall’unico principio del disordine, di eccitare una guerra civile fra l’istessa popolazione,<br />

di muovervi briga i moderati con i soverchi riscaldati che non una volta insultavano la moderazione dei<br />

primi» 338 .<br />

Ma ritorniamo al fatto narrato dall’Accorinti il quale, considerando che gli atteggiamenti erano<br />

contrari a quanto stabilito dalla legge costituzionale, interviene a sedare il disordine causato da sedicenti<br />

Realisti, attraverso l’ordine di togliere la coccarda a quanti non risultavano appartenenti alla Guardia<br />

nazionale. Per strada, la perentoria disposizione venne data a Carmine Bufalo, «ma questi rispose che<br />

avrebbe prima strappato i baffi alla Guardia Nazionale. Nulla di meno fu obbligato a togliersela, ma D.<br />

Felice Scaglione lo rimproverava in Piazza per non aver perforato le budella alla Guardia Nazionale. Poco<br />

dopo scortosi dallo Alfiere Malgeri della Compagnia del Borgo, che un attruppamento in piazza cercava di<br />

turbare l’ordine, si fece da presso all’uffiziale di Settimana, secondo Tenente Panetta, e disse Lui di far<br />

disciogliere lo attruppamento» 339 . La guardia venne schierata in riga e fu intimato il discioglimento dei<br />

presenti. Nel frattempo giungeva Tommaso Commisso che prestava servizio alle prigioni, «rivestito<br />

dell’uniforme Blu» 340 , il quale si unisce alla forza. Con modi gentili, afferma l’Accorinti, cercava di<br />

convincere i presenti alla calma, ma Giuseppe e Francesco Aglirà in tono canzonatorio rispondevano<br />

agitando in mano un pugnale: «Forse vorreste farci andare via per la coccarda?» 341 . Il Commisso dopo aver<br />

ricevuto un colpo di bastone in testa, trattenne il Sansalone e invocò l’aiuto dei commilitoni. Ma, invece di<br />

prestare soccorso, le guardie Giovambattista e Michele Melia, e Michele Gozzi liberarono il Sansalone. La<br />

Guardia nazionale prese posizione in tutta la piazza. Dalla farmacia Frascà si udivano le voci di Felice e<br />

Nicola Scaglione e Pietro Migliaccio: «sparate a Commisso, sparate. Fortunatamente vollero che non<br />

fossero intesi» 342 . A questo punto Pasquale, Felice e Nicola Scaglione e Giovanni Capogreco «intimarono il<br />

modo imperativo, ed assumendo veste di pubblica autorità, à tutta la forza di abbandonare il posto di Guardia<br />

(...). Tutti ubbidirono a questo comandamento arbitrario» 343 , tranne il caporale Antonio Napoli, «che disse di<br />

morir prima che abbandonare il Posto ed il Guardia Domenico Carneri» 344 .<br />

Dispersasi la pattuglia della parte alta di Gerace, continua Accorinti, il capitano Francesco Del Balzo<br />

avendo avuto sentore di disordini e che le guardie erano state assalite, ordinava alla formazione del Borgo di<br />

salire e di prendere possesso del corpo di guardia 345 . L’ispezione durò fino a tarda notte. Mentre rientrava a<br />

casa, l’Accorinti assieme a suoi amici, nella via S. Gregorio vide «una ventina d’armati i quali fanno due ale,<br />

prendono posto sulla crocevia, e dopo un sussurrare fra essi, uno Giovanni Spanò m’intimava queste parole,<br />

passate Santu Diavulo se volete» 346 . Il sospetto balenato nella mente dell’Accorinti, che si dirigeva verso il<br />

Borgo, non era infondato: l’attruppamento al comando del sergente d’ispezione Francesco Prestinaci si era<br />

intanto introdotto forzatamente nel posto di guardia defenestrando il caporale Napoli e le altre guardie<br />

rimaste al loro posto. L’Accorinti raggiunse la pattuglia del Borgo che ancora non si era disciolta con<br />

l’intenzione di rimettere tutto nella legalità. Così «disordinarono la riunione armata, e le tolsero le armi» 347<br />

riuscendo a disperderla prendendo possesso del posto di guardia 348 .<br />

I volantini, abbiamo detto, portati dall’Accorinti, erano stati motivo di profondi dissidi. Col<br />

Bullettino n. 1 del Comitato Provvisorio di Pubblica Sicurezza della Provincia di Reggio 349 , emanato da S.<br />

Eufemia il 28 giugno 1848, a firma di Casimiro De Lieto (presidente provvisorio), Antonino Plutino<br />

(segretario provvisorio) e Stefano Romeo 350 , si intendeva dare un impulso politico e sociale diverso. Essi<br />

muovevano dalla protesta fatta dal parlamento il 15 maggio «contro un governo violatore manifesto dello<br />

statuto» 351 , tendente a tutelare la libertà nazionale. Gli estensori del documento dichiaravano, allo stesso<br />

modo come avevano già fatto le altre due province calabresi, «volersi giovare della intelligenza e popolarità<br />

dei più benemeriti cittadini di questa Provincia» 352 per formare una milizia finalizzata a mantenere «l’ordine<br />

pubblico, la sicurezza dei cittadini e delle proprietà, il rispetto delle leggi» 353 e difendere la patria.<br />

Il Bullettino n. 2 354 era una circolare diretta ai sindaci ed ai capi della Guardia nazionale con la quale<br />

venivano invitati a mettere disponibile alla Terza Divisione dell’Esercito Calabrese comandato da<br />

Ferdinando De Angelis Grimaldi, un contingente di Guardia nazionale, consistente in «36 uomini armati per<br />

ogni compagnia di 200, o sia 18 uomini per ogni 100 Guardie Nazionali, accompagnati dagli uffiziali<br />

corrispondenti» 355 . Ogni militare avrebbe ricevuto la consistente paga di 30 grana al giorno. Si consigliava di<br />

privilegiare i non ammogliati. Inoltre, si dava ordine al sindaco di scegliere tre cittadini per comporre un<br />

Comitato comunale come quello di S. Eufemia.<br />

12. Le testimonianze Realiste e Liberali

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