cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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foraggi per «accattivarsi il favore di quanti avrebbero potuto ingrossare le file dei rivoltosi e che da una<br />
pastorizia in crisi avevano gravi motivi di risentimento nei confronti di una classe politica locale rapace e<br />
gelosa dei propri privilegi» 23 . Altri prodotti ortofrutticoli bastavano soltanto al fabbisogno interno. La carne<br />
vaccina era raramente consumata dai contadini. Il maiale, lavorato in diversi modi per essere mantenuto per<br />
tutto l’anno, costituiva il loro “tesoro”.<br />
Le forze della natura, alluvioni, piogge torrenziali a causa dei continui disboscamenti, compivano il<br />
resto riducendo molte persone alla fame. Spesso i boschi venivano bruciati per far posto alle coltivazioni<br />
estensive; gli alberi, erano a volte, appositamente tagliati per fare legna da esportare o addirittura distrutti dai<br />
mandriani che tagliavano continuamente le foglie per darle alle greggi, impoverendo conseguentemente la<br />
pianta destinata a morire. Venivano abbozzati i ciocchi d’erica per le pipe; lavorati il cuoio e la cera.<br />
Le fiere annuali che si svolgevano nei principali centri del Distretto 24 servivano a promuovere il<br />
«commercio interno e ad allentare la morsa della speculazione. I depositi commerciali situati in località<br />
opportune sulle coste della Calabria, favorirono notevolmente il commercio esterno, fungendo da anello di<br />
congiunzione tra la navigazione marittima e l’interno del territorio» 25 . Ma erano anche il ritrovo dei liberali<br />
che approfittavano, nella confusione, per fare uno scambio di opinioni e magari progettare situazioni<br />
sovversive.<br />
Se il fatturato delle aziende agricole era appena sufficiente per la sopravvivenza, quello a livello<br />
industriale esisteva in forme estremamente embrionali. «Un’attività industriale che stesse alla pari con quella<br />
già presente in alcune regioni del territorio italiano, non esisteva nel Distretto di Gerace» 26 . La politica<br />
protezionistica borbonica aveva salvato l’unica industria che può dirsi tale: quella delle officine e delle<br />
fonderie di Mongiana che impiegava circa mille unità lavorative e dava la possibilità di sfruttare altri indotti,<br />
e della fabbrica d’armi, pesi e misure di Ferdinandea. Gli edifici saranno segnati da un amaro destino che si<br />
concreterà con l’avvento del Regno Sabaudo. Altri stabilimenti industriali erano le miniere di Agnana<br />
Calabra, sfruttate per un breve periodo e che contribuivano a fornire all’industria madre di Mongiana il<br />
carbone necessario al funzionamento degli altiforni. Ma sia a Mongiana, a Ferdinandea che ad Agnana<br />
mancavano le strade utili a dimezzare i costi di produzione. In particolare, ad Agnana il Beck, che aveva<br />
avuto in concessione lo sfruttamento della miniera di carbon fossile, dovette abbandonare tutto per gli<br />
ostacoli dei privati e il disinteresse dello Stato nel favorire la costruzione di una strada ferrata per trasportare<br />
il materiale a Siderno Marina. Ancora una volta la legge del mercato non perdona, facendo così sfumare<br />
l’ennesima possibilità di decollo economico per la zona.<br />
Diverse erano le possibilità estrattive in tutto il Distretto: il già ricordato nitro, ferro, feldspato,<br />
antracite, rocce quarzose, marmo cipollino e nero venato, calce solfata, graniti, galena, piombo solforato e<br />
zinco. Ma la mancanza delle necessarie infrastrutture e di una politica di investimenti di capitale, incideranno<br />
fortemente sul mancato sviluppo del territorio 27 . Non esisteva, infatti, tra i possidenti una mentalità<br />
imprenditoriale capace di avventarsi in investimenti, necessari ad aumentare la produttività e riscattare la<br />
grande massa di bracciali costretti, invece, alla rassegnazione della giornata. La classe dirigente borbonica<br />
riconfermata sotto il governo piemontese continuerà, attraverso un’abile manovra camaleontica a condurre il<br />
gioco che porterà le classi economicamente più disagiate a redimersi soltanto attraverso la valvola<br />
dell’emigrazione. Nel resto d’Europa, intanto, si procedeva inversamente allo sfruttamento pieno delle<br />
proprie risorse, alla privatizzazione delle terre pubbliche ed all’ammodernamento degli apparati di<br />
produzione.<br />
Mancava nel Regno la coscienza di popolo. «Nel Regno delle Due Sicilie il popolo non esisteva<br />
come forza, era un elemento passivo, quasi senz’anima; era come una macchina meravigliosa alla quale<br />
nessuno osava accostarsi per paura di restarne travolto. La nobiltà era troppo in alto e non si curava di esso;<br />
la borghesia, anche quella rivoluzionaria, arricchitasi a spese dei nobili e della plebe, non voleva aprire gli<br />
occhi al proletario, per timor di andare contro i propri interessi: il Re ci teneva ad avere un popolo ignorante<br />
(...). Un popolo senza pensiero è essenzialmente inattivo; uno popolo senza pensiero e privo di ideali è<br />
conseguentemente senz’anima» 28 .<br />
Malgrado la promulgazione delle leggi eversive sulla feudalità, sopravviveva un largo strato<br />
nobiliare socialmente importante e influente. Vi erano tre tipi di nobiltà: quella di prima classe, chiamata<br />
anche “generosa” ed era quella, per così dire, pura che si era da sempre distinta, detentrice di un feudo<br />
nobile, separata dai civili e dai popolari, avulsa al lavoro e refrattaria all’impiego pubblico e mai imparentata<br />
con famiglie che prestassero la loro opera in uffici civili, arti o mestieri. La seconda veniva chiamata “nobiltà<br />
di privilegio” che era legata allo svolgimento di certe professioni o mansioni. Infine, quella di terza classe<br />
detta “civile”. Era questa la nobiltà di provincia costituita da personaggi che avevano modesti mezzi