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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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per D.i 300 e D.i 166.06 di contante effettivo, trovati tutti in potere di taluni Capi rivoltosi nello ammontare<br />

di D.i 466.06» 459 . Le somme erano ascritte a favore del Fondaco di Bianco (tabacco), del Fondaco di<br />

Roccella (sale) e di Michele Falletti ricevitore del Registro e Bollo di Siderno 460 .<br />

Sulla questione, il sindaco di Siderno Correale interrogò anche il capo urbano Giuseppe Rizzuto, il<br />

quale rispose di ricordare bene che all’epoca dei fatti era stata trovata addosso al Ruffo una fede di credito di<br />

cento ducati e del contante rispondente a circa 60 ducati. Le somme vennero, dichiarava ancora, consegnate<br />

da lui personalmente a Gerace al Bonafede il quale lasciò ricevuta 461 . Interpellato dallo stesso sindaco di<br />

Siderno, Domenico Romeo affermava analogamente che nel momento dell’arresto, al rivoluzionario era stato<br />

«trovato addosso una fede di credito di cento ducati (...) non che una somma in contanti, che avevano preso<br />

gli urbani, che avean arrestato, somma, che non ricordo» 462 . L’ammontare, continua Romeo, corrispondente<br />

ai cento ducati estorti il 6 settembre 1847, venne consegnata dal Rizzuto al sottintendente Bonafede.<br />

Sintetizzando questa situazione perniciosa, l’intendente faceva presente al Ministero delle Finanze<br />

cui il rapporto era diretto, che per quanto concerneva i 300 ducati, i parenti «reclamarono in generale sostenendo<br />

che i quattro rivoltosi erano figli di famiglia che nulla avevano lasciato. Particolarmente il padre di<br />

Bello espose, che essendo stati cinque, e non quattro i capi della rivolta, il debito di ciascuno dovrebbe<br />

ricadere ad un quinto, ed offrendosi a’ pagare con dilazione la sua rata» 463 . Il funzionario rilevava che la<br />

questione non era di stabilire se la quota spettava a quattro o cinque «ma di obbligare alla restituzione coloro che per<br />

propria dichiarazione confessarono di aver preso il denaro» 464 . Anzi, affermava obiettivamente il funzionario,<br />

la tesi avanzata dal padre di Ruffo fu ineccepibile in quanto addosso al figlio era stata trovata la somma di<br />

160 ducati che fu versata nelle casse della Ricevitoria Distrettuale e dalle ricerche effettuate negli archivi,<br />

continuava, «ho liquidato, che il denaro trovato addosso ai sud.i rivoltosi montava alla somma di D.i 466.06<br />

(fra cui i D. 166 rinvenuti addosso a Ruffo) e questa somma fu accreditata per ordine del Sig. Tesoriere<br />

generale alle seguenti casse (...) che i rivoltosi avevano involato. Al ricevitore del Fondaco di Bianco 86,97.<br />

Al ricevitore del Fondaco di Roccella 344,42. Al ricevitore del Registro e Bollo di Siderno 34.67» 465 per un<br />

totale di 466.06 ducati 466 .<br />

21. I liberali geracesi<br />

Gerace, è stato detto e scritto, si comportò da fedelissima ai Borbone. E ciò è vero. Ma è anche un dato di fatto il<br />

contrario. Esaminiamo la prima questione. Allo scoppio del moto, fortificata, sorvegliata, la Città diventava inespugnabile<br />

come lo era stata fin dalla sua origine. La parte alta dell’amba tabulare si chiuse come un riccio alla notizia della<br />

rivoluzione con l’erezione di barricate, la collocazione di alcuni cannoni e vari corpi di guardia lungo le mura. Circa 500<br />

individui erano pronti a misurarsi con i rivoltosi. Gerace non poteva comportarsi diversamente: borbonici<br />

erano i funzionari di governo; borbonico il clero; ignorante la gente comune; borbonici erano soprattutto coloro che<br />

erano «paurosi di perdere la prebenda, qualche ufficio e benemerenza, servi dell’Autorità locale. Del resto, rendendo loro<br />

giustizia, troppo si sarebbe chiesto alla loro innata fedeltà al Sovrano e al loro assolutismo, per diventare<br />

d’un tratto liberali» 467 , o forse perché realmente non compresero il soffio della novità sociale. I quadri<br />

dirigenti, vivevano nella loro tranquilla quiete provinciale, per cui qualsiasi tentativo di cambiamento era inviso alla<br />

piccola prospettiva comunale. Il potere di Gerace, e non certamente i geracesi, volle dare un esempio «perché<br />

tornasse la quiete nel presente e nel futuro, e a tanto certamente influì lo spirito pubblico costituito dai maggiorenti<br />

del paese; influì sulla condanna dei Cinque ritenuti Capi, che potevano essere senza dubbio salvati da morte e non lo furono per il<br />

servilismo borbonico di pochi influenti cittadini e del Sottintendente; gli stessi cittadini influenti che, appollaiati<br />

come uccelli di malaugurio sugli spalti della rupe di S. Domenico, assistevano, trionfi e starnazzanti, alla fucilazione<br />

dei Cinque» 468 .<br />

Ma alla Gerace borbonica faceva da contraltare una Gerace ribelle che aveva un gruppo cospirativo,<br />

anche se sparuto, ben definito. La Città era anche pronta, attraverso i suoi figli di fede liberale, ad aprire le<br />

porte del Borgo Maggiore ai rivoluzionari. E se i capi della rivolta avessero ascoltato le parole di Filippo<br />

Calfapetra che indicava da Ardore la mossa successiva nel marciare su Gerace, forse il corso della storia<br />

sarebbe stato ben diverso e l’errore di Roccella non si sarebbe compiuto. Probabilmente ci sarebbe stato un<br />

conflitto con perdita di vite umane, oppure semplicemente si sarebbe giunto ad un patto sotto le mura. La<br />

realtà dei fatti è che il diacono Fragomeni (in diretto contatto con il Ruffo), il poeta Tomajoli che era stato<br />

preventivamente fatto arrestare dal Bonafede e Gaetano Spadaro, uomo influente come lo ritiene il Grillo<br />

nella sua opera manoscritta 469 , avevano avuto il compito di facilitare l’ingresso dei rivoluzionari dal Borgo<br />

Maggiore. Questo plateau, orograficamente staccato dalla parte alta della Città, si prefigurava come un corpo<br />

autonomo tutto a favore dei rivoltosi, come viene specificato anche dal Sottintendente durante la sua<br />

prigionia, riportando le parole del Verduci 470 . Successivamente, nel ‘48, Francesco Del Balzo, Gaetano<br />

Fragomeni, l’avvocato Francesco Cesare 471 , Benedetto Accorinti, Vincenzo Panetta ed altri furono

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