cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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Tommaso Commisso, riguardo al viaggio dell’Accorinti a S. Eufemia 647 , faceva rilevare all’accusa<br />
che rimaneva insoluto «il fatto dell’andata» 648 , mancava, cioè, la dimostrazione sulle motivazioni che<br />
avevano indotto l’Accorinti a recarsi a S. Eufemia. Poi proseguì con una serie di accezioni che riguardavano<br />
il modo di gestire il monumentale processo eseguito in diversi momenti, soffermandosi sulle incompetenze<br />
dei giudici riguardo alla trattazione della materia, per il fatto che prima era iniziato in sede di Giudicato<br />
Regio e poi la competenza assegnata alla GCC: «Non si può ammettere che un procedimento sia fatto a<br />
mettà da giurisdizioni diverse, e che per una competenza irrevocabilmente distinta procedano giudici diversi,<br />
senza rovesciare l’ordine de’ giudici, e provocare la contraddizione dei giudicati» 649 .<br />
Anche Giuseppe Arcano rassegnava sul tavolo della Presidenza il ricorso avverso i capi di<br />
imputazioni a lui addebitati, richiamandosi alla sentenza del non consta, come dichiarato precedentemente<br />
anche dal Commisso, del 16 agosto 1849 e su una serie di incompatibilità processuali. Arcano, che veniva<br />
imputato con altri «come membro di una cospirazione tramata in Gerace nei giorni 30 Giugno, e 1° Luglio<br />
1848» 650 , quando Aracri era giunto a Gerace, conveniva sulle stesse accezioni dei suoi colleghi.<br />
Giuseppe Fragomeni produsse pure il suo ricorso, adducendo che l’imputazione di banda armata<br />
«importa radunare, ed associare ad un fine comune non due individui; nonché, ma molti (...) e che siano<br />
armati, che abbiano armature uniformi; che abbiano capi; che abbiano infine una disciplina» 651 . La banda<br />
armata, continuava nella difesa, implica «la ipotesi di invadere, o saccheggiare, Truppe, Fortezze, Posti<br />
Militari, Magazzini doganali, Porti, o Legni da Guerra» 652 , il che era ben lontano dalle accuse formulate a suo<br />
carico.<br />
Per Pasquale Ameduri l’accusa non «determina la materia delle ingiurie, non determina il tempo, non<br />
determina il luogo» 653 dei reati ascrittigli. Inoltre, le ingiurie al Re, «non cadono sotto alcuna sanzione» 654 e di<br />
conseguenza non era di pertinenza di un Tribunale Speciale, ma di un Tribunale ordinario, e qualora fosse<br />
stato punibile sarebbe già prescritto. Per le altre accuse si avvalse della tesi degli altri indiziati.<br />
Formale ricorso aveva presentato anche Gaetano Spadaro con la medesima accezione avanzata da<br />
tutti gli altri imputati. Si era in pratica voluto rifare un processo (che il Tribunale correzionale aveva chiuso)<br />
«senza che nuovi (...) elementi fossero sopravvenuti» 655 .<br />
I ricorsi prodotti dagli imputati, secondo la Corte, avevano l’obiettivo di protrarre il giudizio. Essi<br />
potevano essere riassunti nei seguenti punti: «1° Corti Speciali abolite dallo statuto costituzionale; 2° Fatti<br />
dell’accusa non menanti a cospirazione ed attentati; 3° Bis in idem per lo precedente giudicato di<br />
competenza correzionale» 656 . Contrastato marcatamente il primo punto, sul secondo «anche un goffo in legge<br />
li accusa e la decisione che le ritiene, ridesi di tal motivo. Sul terzo se il primo giudicato riguardò fatti<br />
meramente correzionali, come possono confondersi con quelli di atto criminale di che si tratta? Tutte le<br />
deduzioni tendono a mera iattura di tempo» 657 . Con questo, i ricorsi venivano tutti rigettati. La prospettiva<br />
non era delle più felici per gli imputati. Le osservazioni fatte dal Procuratore Generale del Re Morelli<br />
presagivano una situazione processuale ricca di condanne penali.<br />
Verso i primi di dicembre del 1851 il Giudice della GCC di Reggio Salvatore Ferrazzani fissò per il<br />
19 dicembre la convocazione presso la Corte di alcuni testimoni per essere sentiti dalla stessa 658 . Michele Falletti,<br />
ricevitore del Registro e Bollo di Siderno, invia un certificato di malattia, poiché impossibilitato a<br />
recarvisi. Stessa cosa produceva anche il sottocapo urbano di Gerace Felice Scaglione impedito da una cura<br />
raclicale in atto. «A ciò si aggiunge che esercitando le funzioni di Capo Urbano per trovarsi quest’ultimo<br />
assente in Codesto Capoluogo, per deporre da testimone, non poter lasciare la residenza, e questa Guardia<br />
Urbana senza comando, e direzione» 659 .<br />
Dalle Prigioni Centrali di Reggio, il 22 dicembre 1851, il Custode Maggiore certificava che il<br />
detenuto Francesco Del Balzo «trovasi in atto a letto con febbre, e sottoposto alla somministrazione del<br />
chinino, che dice essere inabilitato per questo giorno a potersi alzare da letto. Similmente è per l’altro<br />
detenuto» 660 Francesco Cesare.<br />
Nel fascicolo è anche inserito un foglio che riguarda un altro giudicato politico di Gerace riferito al<br />
1850. Il custode del carcere di Gerace Saverio Papalia certificava di aver riscontrato nei relativi registri che<br />
Giuseppe Arcano, ex ricevitore del Registro e Bollo del Circondario di Gerace, «era stato annoverato e<br />
rinchiuso nelle medesime prigioni per effetto di sua volontaria presentazione» 661 il 25 giugno 1850, in<br />
conseguenza del mandato di arresto spiccato il 19 febbraio dello stesso anno.<br />
Vale la pena riportare uno stralcio della lettera inviata da Teresa Pansera di Gerace, alla quale era<br />
stato notificato un mandato di comparizione per il figlio Pasquale Macrì che doveva presentarsi il 15<br />
dicembre 1851 dinanzi all’Autorità Giudiziaria della GCC per testimoniare. Le parole della donna riprovano<br />
uno stato sociale veramente pregiudizievole per le classi popolari, soggette molto spesso a vivere di