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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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La Guardia Nazionale di Salerno, perché la patria è in pericolo, e la rappresentanza nazionale<br />

minacciata» 106 . Era un perentorio invito alle guardie calabresi ed ai Comitati di organizzarsi per marciare<br />

verso la Capitale.<br />

Provenienti da Messina tra la fine di maggio e i primi di giugno, a Villa S. Giovanni sbarcavano<br />

Giuseppe Ricciardi, Pietro Mileti, Casimiro De Lieto il prete Cuzzocrea e i fratelli Plutino. I primi due si<br />

mossero verso Cosenza dove insediarono il «sedicente governo provvisorio» 107 , mentre il resto stabilirono un<br />

altro a S. Eufemia: «Si dieder fuori de’ proclami, si chiamarono alle armi i cittadini e la Guardia Nazionale<br />

della Calabria» 108 . Ma le disposizioni non ebbero successo. Il Marchese Nunziante partì da Napoli per<br />

debellare ancora una volta «gli insorti delle altre due Calabrie» 109 e il 7 giugno del 1848 sbarcò a Pizzo. «I<br />

demagoghi mal misurando le proprie forze» 110 ebbero la peggio alla battaglia dell’Angitola.<br />

Ma cosa chiedeva il Comitato assembrato ai Piani della Corona? 111 . Un manifesto senza firma<br />

recitava:<br />

A nome degl’Insorti di Reggio<br />

1. Che i Reggini si attivano l’esecrazione universale per non essersi prestati ancora ne’ bisogni della Patria.<br />

2. Che gli Uffiziali della Guardia Nazionale si ricordassero della loro missione, delle promesse fatte, delle braverie vantate;<br />

e che i gradi cotanto ambiti per li addietro non si comperano più con l’intrigo e col denaro, ma col sangue.<br />

3. Che il primo Tenente Camagna si guardasse dal dissuadere molti bene intenzionati giovani, come à praticato fino ad<br />

oggi, perché così facendo tradisca la Patria, ed in premio di ciò sarà dichiarato altro che vera banderuola. La stessa avvertenza si fa in<br />

Capitan Mantica, Cimini, De Blasio, Griso e Furnari.<br />

4. Che il Controloro Travia se voglia mangiar pane non dica che noi siamo assassini o perturbatori dell’ordine pubblico.<br />

5. Che il Barone dell’Elmo rompa quella turpe corrispondenza, che mantiene con Gagliardi l’ospite dello esecrato<br />

Nunziante.<br />

6. Finalmente che coloro i quali aspettano il favore della sorte per venire al campo saranno da noi ricevuti da noi con<br />

l’armonia de’ fischi 112 .<br />

I cospiratori, guidati da Ferdinando De Angelis, «scioglieansi volontariamente ed alla spicciolata,<br />

cosicché nel 3 o 4 di Luglio niun armato colà esisteva» 113 . Tuttavia, nonostante questi bellicosi propositi, non<br />

vi fu nessun «turbamento dell’ordine pubblico» 114 . Ciò venne addirittura assicurato «dal venerando ed<br />

illustrissimo Monsignor Arcivescovo di Reggio De Benedetti. È questo il vero fatto storico degli<br />

avvenimenti politici ch’ebbero luogo in Reggio dal due Settembre 1847 sino allo scioglimento degli<br />

assembrati à Piani della Corona» 115 .<br />

Di tali episodi giudiziarmente se ne occupò la GCC. L’istruzione venne affidata al giudice Nicola<br />

Nicoletti che spiccava mandato di arresto contro il De Lieto, il sacerdote Pasquale Cuzzocrea, Stefano<br />

Romeo, Agostino Plutino ed altri che assieme «formeranno un numero ben ragguardevole per tutta la<br />

Provincia» 116 . Ma le prove non esistevano. Il giudice, in data 10 maggio, apriva una corrispondenza con il<br />

sindaco e l’arcivescovo per ricevere informazioni su elementi presumibilmente implicati che però venivano<br />

dipinti come persone probe. Erano voci che ritenevano «esasperati liberali ed eccedenti del loro modo di<br />

discorrere contro il Governo» 117 , il sacerdote Paolo Moschella, Luigi Rognetta, Nicola Giunta, Fortunato<br />

Lagamba, il sarto Giuseppe Morelli, l’avvocato Felice Valentino, Bernardo Vita ed il notaio Carmelo<br />

Zuccalà. Parte attiva al processo avevano preso il capo ufficio d’Intendenza Felice Barilla e Domenico<br />

Lazzarini.<br />

Dopo il famoso 15 maggio e l’arrivo della notizia da Salerno, il Barilla testimonia che nel locale<br />

dell’Intendenza Camagna, Giunta e Valentino pronunziavano «le esecrande parole bisogna correre per la<br />

Capitale per uccidere il tiranno qual fautore del 15 maggio e che il sacerdote D. Ferdinando Franco<br />

rispondeva quel che si ha da fare si faccia presto» 118 . A quella riunione erano anche presenti il medico<br />

Vincenzo Cuzzocrea, Agostino Plutino, Bartolo Melissari, Pietro Foti e si parlava dell’armamento della<br />

guardia nazionale. Lo stesso Barilla assicurava che dopo qualche giorno Giunta sarebbe partito per Napoli<br />

per prendere accordi con i rivoltosi della Capitale. Silvestro Morisciani era, invece, accusato di «aver istruito<br />

ed istigato delle persone a conferirsi armate à Piani della Corona per procurarsi così tre carlini al giorno» 119 ,<br />

incriminazione che in seguito non venne dimostrata. Mentre ad Antonio Smerigio veniva addebitato il fatto<br />

di aver persuaso alcuni soldati in congedo di partire per i Piani della Corona o per Messina «e non più servire<br />

quel Marianazzo quel Nerone del Re» 120 . Francesco Paolo Marrara era imputato di aver detto che «il Governo<br />

Costituzionale doveva finire e dovea proclamarsi la repubblica (...). Carlo Zuccalà (...) nella sua curia convenevasi<br />

di cambiare il Governo costituzionale in Repubblica chiamava tiranno il Re» 121 .<br />

Venivano affissi «proclami incendiari» 122 nelle piazze; molte le corrispondenze con la Sicilia; voci<br />

allarmanti correvano in Città, comprese quelle che invitavano la gente a raggiungere i Piani della Corona.<br />

All’uopo, dopo la «deliberazione del 25 maggio» 123 si programmò di fare una questua per armare e

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