cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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Nell’atto Sovrano del 1815 veniva prevista la “libertà individuale e civ ile” e le proprietà private<br />
“inviolabili e sacre” e che ogni individuo poteva accedere agli incarichi civili e militari. Sembrerebbe una<br />
carta costituzionale vera e propria e verrebbe quasi da contestare quanto finora si è detto sulla tanto deprecata<br />
politica monarchica Borbone; ma questi furono solo princìpi che vennero in minima parte applicati: nella<br />
cosiddetta libertà individuale si intravedeva il divieto assoluto di libertà collettive; nella proprietà inviolabile<br />
e sacra, si favoriva, la continuazione del potere baronale anche se per la dottrina insita nell’ordinamento<br />
giuridico sovrano si era cercato, con Carlo III e poi con Ferdinando IV, di limitarla; in quanto agli incarichi,<br />
il popolo in genere non aveva la possibilità economica per affrontare studi adeguati per potere accedere a tali<br />
mansioni: l’incarico civile o militare d’alto rango rimaneva solo una prerogativa dei ceti medio-alti.<br />
Molto si è detto sull’ignoranza di Ferdinando II, l’abitudine di esprimersi in napoletano 23 , la sua<br />
lontananza dalla cultura umanistica. Il Sovrano napoletano era molto sospettoso nei confronti della stampa<br />
che allontanò perfino dai suoi potenziali servigi per paura di esser travolto.<br />
Il re si preoccupava di non aumentare il debito pubblico o il peso fiscale. Questa timida politica<br />
economica comportava la riduzione degli investimenti. Tutto era curato per evitare grosse discrepanze:<br />
politica protezionistica nei confronti del prodotto nazionale, cautela nel rialzo dei prezzi. Anche questo tipo<br />
di restrizione non consentiva l’ispirazione di una politica economica che volgesse lo sguardo al futuro ed al<br />
miglioramento dei ceti socialmente più bisognosi. Nel corso del tempo si era creato una sorta di distacco tra<br />
Capitale e provincia: gli investimenti si limitano solo a Napoli e nella sua area si sviluppa un polo<br />
industriale, si investono capitali, viene realizzato il primo tratto ferroviario Napoli-Portici-Gaeta 24 . Questa<br />
concentrazione di capitali portò, come dicevamo, ad una sfasatura piramidale con le province lasciate nel<br />
completo isolamento in mano ai possidenti. Infatti: «le caratteristiche e le condizioni dell’industria<br />
partenopea durante il decennio 1849-1860 presentavano gravi problemi e deficienze: concentrata intorno a<br />
Napoli e Salerno l’industria meridionale si era formata attraverso due canali: l’iniziativa statale (indirizzata<br />
verso il settore metallurgico, che si sorreggeva specialmente sulle forniture al governo), e l’apporto di<br />
capitali stranieri, che, specialmente nella zona intorno a Salerno, aveva creato alcune grosse fabbriche di<br />
tessuti. (...). I costi di produzione dell’industria napoletana erano i più alti d’Europa e tale fenomeno era<br />
legato alla forte protezione doganale» 25 . Le altri parti del Regno godevano di pochissime occasioni<br />
industriali. Ma nonostante il protezionismo, «su sette milioni circa della popolazione neppure un decimo<br />
ricorre ai tessuti napoletani» 26 .<br />
Ferdinando II, diversamente dai suoi predecessori, ebbe l’idea di uno Stato indipendente dalla sfera<br />
d’influenza austriaca, ma non sentiva il problema unitario, per cui alle esortazioni in tal senso rispose sempre<br />
negativamente, rigoroso a conservare il proprio privilegio.<br />
4. La Chiesa<br />
I rapporti tra Chiesa e Stato erano regolati dal Concordato del 21.3.1818. Il Regno delle Due Sicilie<br />
era fortemente confessionale: alla Chiesa fu permesso di ingerirsi in tutti i campi, perfino a far parte delle<br />
commissioni di censura della stampa.<br />
I vescovi vigilavano sull’istruzione di qualsiasi grado. Era previsto anche il reato di opinione<br />
religiosa se contraria a quella cattolica, per il quale scattavano rigidi sistemi protettivi (dall’interdizione<br />
temporanea all’esilio). In alcuni casi, come avverrà nei fatti del ‘47, la subordinazione dell’alto clero al<br />
Sovrano appare molto evidente. Infatti, i vescovi erano nominati su proposta del re al quale dovevano<br />
prestare giuramento. Addirittura, per poter essere divulgate le lettere pastorali avevano un primario<br />
exequatur, un placet del ministro degli Affari Ecclesiastici. L’ordinario prima di prendere possesso della<br />
diocesi, aveva l’obbligo di pronunciare la seguente formula:<br />
Io giuro e prometto sopra i Santi Evangeli obbedienza e fedeltà alla real maestà. Parimenti prometto che io non avrò alcuna<br />
comunicazione, né interverrò ad alcuna adunanza, né conserverò dentro e fuori del regno alcuna sospetta unione, che noccia alla<br />
pubblica tranquillità. E se, tanto nella mia diocesi che altrove, saprò che alcuna cosa si tratti in danno dello Stato, lo manifesterò a sua<br />
maestà 27 .<br />
5. Il sistema fiscale<br />
Abbiamo avuto modo di sottolineare che il sistema tributario del Regno non era eccessivamente<br />
doloroso. La preoccupazione di non provocare eccessive lamentele con l’inserimento di ulteriori tasse, portò<br />
il governo a non assumere anche impegni di una certa utilità pubblica. Tale politica tesa a contenere al<br />
massimo le spese portò, di contro, ad un estremo grado di arretratezza proprio per mancanza di investimenti.