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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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che l’intento del Borbone era soprattutto di non lasciare spazio al moderatismo più avanzato di uomini come<br />

Troya 90 , che apportasse modifiche alla Costituzione del 10 febbraio, e di revocare l’intervento delle truppe<br />

napoletane alla guerra d’indipendenza. L’ostilità del Re nei confronti del liberalismo è lasciata intendere dal<br />

fatto che, nei successivi anni, affermò una politica di nuovo assolutista e repressiva nei loro confronti;<br />

riluttante ad ogni forma di cambiamento. Bisogna dare atto, quindi, che Ferdinando seppe astutamente<br />

approfittare dell’incapacità dei parlamentari di uscire dal problema della formula di giuramento per<br />

affermare la sua volontà, aprendo un varco, con la repressione del 15 maggio, alla lotta più ostile ad ogni<br />

accordo con il movimento liberale. Sarà questo il punto di partenza del suo definitivo tramonto.<br />

Il richiamo delle truppe dal campo di guerra non fu tra le mosse più brillanti, provocando forti<br />

risentimenti tra la popolazione da cui passavano per ritornare a Napoli. Il colonnello Lahalle non<br />

sopportando l’affronto del tradimento si uccise. Il generale Guglielmo Pepe con mille fedeli non ritornò a<br />

Napoli ma s’indirizzò a combattere a Venezia 91 . «Mentre i liberali più moderati col Poerio affermavano che<br />

era necessario mantenere nell’ambito legale la protesta ed affrontavano coraggiosamente il Ministero alla<br />

tribuna e con la stampa, i radicali pensavano di ricorrere alle riserve rivoluzionarie delle province, riunire i<br />

reparti della Guardia nazionale, sollevare bande, accerchiare la capitale, costringere con la forza il re al<br />

rispetto della Costituzione. Furono presi accordi: nel giugno si costituì in Calabria un Governo Provvisorio,<br />

sorsero Comitati di Salute pubblica, la Sicilia ribelle mandò armati» 92 . I calabresi, quindi, ritornati in patria<br />

cominciarono a riorganizzarsi nei comitati rivoluzionari. Dovunque in Calabria - a Catanzaro, come a Cosenza e nel<br />

reggino -, sorsero dei comitati spontanei che invitavano il popolo a prendere le armi per difendere la<br />

Costituzione: «Antonino Plutino, tornato da Messina, si era fermato a Scilla presso la casa del Sig. Caminiti,<br />

dove si era stabilito di formare un attruppamento sui Piani della Corona, località tra Bagnara e S. Eufemia<br />

d’Aspromonte» 93 .<br />

L’azione rivoluzionaria intrapresa dai calabresi fu, secondo le cronache, davvero esemplare, resa<br />

possibile dalla presenza di una piccola borghesia «che aveva favorito in Calabria lo sviluppo di una<br />

tradizione democratica-radicale, tenuta viva dalle <strong>società</strong> segrete ed evidente anche nel campo culturale» 94 .<br />

L’obiettivo era quello, ancora una volta, di far insorgere le province calabresi e quindi coinvolgere le Puglie,<br />

la Basilicata ed arrivare a Napoli, dove sarebbe scoppiata la rivoluzione finale. Il movimento, però,<br />

presupponeva una partecipazione di massa, facendo leva sui contadini e sulla questione agraria che li<br />

riguardava direttamente. Ma le cose andarono per il verso sbagliato. I capi non agirono con determinazione e<br />

non furono d’accordo sull’azione da intraprendere; inoltre, lo scarso impegno del governo siciliano contribuì<br />

a spegnere quella che poteva essere un’insurrezione forse determinante per costringere Ferdinando a fare<br />

concessioni. «Soltanto in Calabria, in realtà, i radicali seppero assumere l’iniziativa politica con notevole<br />

decisione, e soltanto in quella regione poté svilupparsi un movimento rivoluzionario di una certa<br />

consistenza» 95 . Venne anche qui, però, a mancare la coesione tra il gruppo dirigente e la fusione con i<br />

contadini, per i quali era assente il movente della rivoluzione: la terra. Nello stesso proclama, diramato dopo<br />

il 15 maggio, si fa accenno al mantenimento della proprietà privata, un chiaro segnale alle masse della<br />

limitatezza delle intenzioni. La politica liberale borghese mirava essenzialmente a combattere la monarchia;<br />

e preziosi alleati potevano essere proprio i contadini. In questo contesto «assai più importante fu il proclama<br />

del 5 giugno, in cui, pur riaffermandosi il principio borghese della proprietà privata, si cercò di dare alla lotta<br />

contro la monarchia un contenuto sociale, giacché, sia pure con una certa cautela, si promise appoggio alle<br />

rivendicazioni delle masse contadine sui terreni demaniali, cioè alla più viva aspirazione» 96 . Anche questo<br />

tentativo non riuscì valido per guadagnarsi la fiducia dei contadini. Questi furono attratti soltanto<br />

dall’appannaggio della terra. Ciò che prima appariva un’illusione stava per diventare realtà: «Le occupazioni<br />

di terre si succedettero in tutto il Mezzogiorno (...). Altri fenomeni assai importanti furono l’appoggio dato ai<br />

contadini dalla piccola borghesia locale e la partecipazione ai moti di masse assai numerose» 97 . Ma<br />

nonostante questi consensi, la borghesia, quella che contava, prese le distanze, impaurita dalle rivendicazioni<br />

dei contadini. Nei piccoli centri i radicali, a stretto contatto con le difficoltà degli agricoltori, assunsero un<br />

atteggiamento diverso. Ciò emerge chiaramente dal Proclama Fratelli Geracesi 98 in cui le difficoltà del<br />

popolo modico vengono fatte risaltare con cruda drammaticità.<br />

Nelle rivendicazioni sono presenti indirizzi di contestazione che si rifanno alla divisione delle terre<br />

ed alle condizioni di miseria, o agli ideali liberali puri. La condizione di povertà di alcuni comuni non era<br />

sconosciuta al governo.<br />

L’aggruppamento dei Piani della Corona, anche se abbastanza nutrito 99 , non era sufficientemente<br />

attrezzato per affrontare una battaglia. Mancavano armi, munizioni, vettovagliamento. A Sant’Eufemia,<br />

centro che aveva fornito il maggior numero di uomini, si formò un Governo provvisorio con a capo Casimiro<br />

De Lieto aiutato da Antonino Plutino e Stefano Romeo. Ma in breve le comitive furono sbaragliate

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