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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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Altro punto attaccato dall’avvocato era il luogo della reità avvenuta per cui non esistevano i termini<br />

di legge previsti: il luogo, le persone, il fine e il soggetto materiale (poiché l’involamento delle carte avvenne<br />

sulla pubblica strada e non in ufficio dello Stato). Né la casa del Ferrajolo presentava insegna, distintivo o<br />

emblema reale che tenessero avvertiti i cittadini. Riguardo all’elemento “persona”, l’avvocato citando alcune<br />

termini di legge, rilevava che né l’ufficio di ispettore, né tantomeno quello di vice-cancelliere, poteva<br />

essere deputato a prendere in custodia le carte di polizia. Di conseguenza, la possibilità «di essere le<br />

carte di polizia depositate presso il Ferraiolo nella sua qualità di vice-cancelliere non è presumibile, non è<br />

sussistente, urta alla ragione, alla legge, la quale chiaramente c’indica che le carte istesse restar debbon<br />

conservate dal Sotto-Intendente» 254 . Il “fine” «per cui si amossero le carte dalla casa Ferraiolo, è<br />

stato tutto indifferente, innocente, quello cioè, (...) di conoscere se fra le carte del Ferraiolo vi fossero contro<br />

i cittadini le temute denunzie come di certo se ne trovarono molte formanti un grosso volume, contro il<br />

vescovo di Geraci, contro D. Rocco Zerbi, contro D. Ettore Migliaccio, D. Pasquale Scaglione, D. Pietro<br />

Capogreco Porc.nieri 255 e molti altri di Geraci e del distretto: e lo stesso atto di accusa non lascia di fare<br />

intravedere la innocuità dell’operato in casa Ferraiolo, attribuendolo alla non buona opinione di lui, ed a’<br />

timori de’ deducenti che non avesse il medesimo vergato rapporti (denunzie) contro i pretesi disordini» 256 .<br />

L’innocenza dell’atto compiuto da quei cittadini, continuava l’avvocato, era chiaramente evidenziata dalla<br />

lettura pubblica dei rapporti, fatta immediatamente dopo, «e tutto ciò si rende sempreppiù manifesto ancora,<br />

quando si pone mente che la moltitudine stessa, la quale pochi momenti prima gridava denunziante il<br />

Ferraiolo, non appena poi lesse quelle tante bozze di processure e denunzie, talvolta dirette contro persone<br />

invise e prepotenti del paese, subito con lo stesso entusiasmo con che avea gridato morte al Ferraiolo;<br />

bisogna fare che Ferraiolo succeda Sotto-Intendente» 257 .<br />

Relativamente al “soggetto materiale”, «in rapporto alla natura delle carte, basterebbe volgere un<br />

rapido sguardo sul processo a carico e a discarico, da cui chiaramente emerge, che non si è punto fatto lettura<br />

di atti di polizia, o che vi erano di tali fra le carte involate; ma in quella pubblica lettura tutte si son trovate<br />

carte inutili, ed insignificanti denunzie» 258 . Valentino asseriva che non esisteva nessuna prova generica; e,<br />

ritenendo chiaramente nulla l’istruzione, invitava la corte a porre fine per il Panetta «alle persecuzioni che<br />

per un anno e più già lo trattengono fra gli orrori di dura immeritata prigione» 259 .<br />

Su richiesta del procuratore generale Francesco Paolo Morelli, la GCC, dopo le discussioni segrete<br />

avviate in Camera di Consiglio, decise di rigettare le accezioni prodotte dall’avvocato Valentino. Il motivo<br />

addotto dalla Corte, riguardo all’involamento delle carte detenute dal vice-cancelliere Ferraiolo, era secondo<br />

loro ben altro. Panetta «cogli altri della Guardia Nazionale volevano far scomparire le carte di polizia,<br />

registri, ed altro era, perché temevan che Ferrajolo avesse tutto distinta nota di tutti coloro che invasi dal<br />

delirio politico volevano partire per l’Angitola, onde combattere colle milizie Reali» 260 . Il tenente della<br />

Guardia nazionale, secondo la ricostruzione fatta dalla polizia, «fu visto in segreto colloquio coi vari<br />

individui prima che si fosse aggredito Ferrajolo, e quindi entrò nella farmacia del fratello dove continuando i<br />

suoi maneggi per segreto impegno che coltiva, si associava progressivamente con un numero considerevole<br />

di Borghesi 261 che a duecento, e più, ed a drappelli più o meno numerosi si ascendevano pel borgo per<br />

abbassare Ferrajolo, e la polizia» 262 . Il Borgo era una polveriera dove i rivoltosi erano raggruppati in cellule<br />

operative ben organizzate.<br />

La difesa del Valentino non scardinava l’impianto dell’accusa, che rivendicava le considerazioni<br />

legittime secondo i termini di legge, annullando completamente «il be l ritrovato del Sig. Panetta che<br />

Ferrajolo non potea conservare le carte di polizia» 263 . Dopo le numerose precisazioni che valgono a<br />

“smontare” la difesa, la Gran Corte Criminale di Reggio «rigetta le accezioni sopradette, ed ordina<br />

procedersi al giudizio definitivo» 264 .<br />

In questo intreccio di fatti, la sentenza a carico di Vincenzo Morano, fu emessa il 22 novembre 1851<br />

dalla Regia Giustizia del Tribunale di Gerace 265 . Preso atto che nella sua bottega erano stati ritrovati due<br />

coltelli «l’uno detto mollettone vecchio, e l’altro detto a due taglia fronda di uliva» 266 , la legge dichiarava il<br />

Morano «colpevole di detenzione e fabbricazione di armi vietate» 267 per cui veniva condannato a sette mesi<br />

di prigione.<br />

11. I tentativi sovversisi a Gerace del 23 luglio 1848<br />

I fermenti rivoluzionari, verificatisi a Gerace il 23 luglio 1848, presero spunto dal movimento<br />

generale, creatosi conseguentemente al 15 maggio e in stretto rapporto con quanto avvenuto ai Piani della<br />

Corona. Per questi avvenimenti era stato stilato «un separato volume intitolato volume 6°» 268 che riguardava<br />

«diversi fatti e diverse imputazioni» 269 . Nell’atto viene precisato che

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