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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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sotto le lusinghiere promesse di onesta libertà» 113 , Ferdinando accettava la Costituzione la quale, secondo il<br />

parere della deputazione, vedeva «aprirsi le porte di abisso, scatenars’il Demone più iniquo (...), il disordine<br />

più cieco, la cupidigia più avida, la irreligiosità più stupida, l’immoralità nascente, l’ignoranza più stolida,<br />

con tutto il treno delle furie (...) che in pochi giorni scomposero la macchina governativa» 114 .<br />

E così anche gli altri comuni, con in testa i gentiluomini reazionari del luogo: il 24 gennaio 1850 S.<br />

Ilario 115 ; Portigliola 116 ; Ciminà, Antonimina, Canolo, Siderno il 30 gennaio 1850 117 ; Agnana, Grotteria,<br />

Mammola, S. Giovanni, Gioiosa, Martone, Roccella, Castelvetere, Placanica, Stilo, Stignano, Riace, Camini,<br />

Pazzano, Monasterace, Bivongi, Ardore, Benestare, Platì, Careri, Bovalino, Bianco, Casignana, S. Agata,<br />

Precacore, Caraffa, S. Luca, Bruzzano, Palizzi, Brancaleone, Ferruzzano.<br />

L’intendente di Reggio trasmise le varie manifestazioni indirizzate alla soppressione dello Statuto al<br />

direttore di Polizia di Napoli, comunicando che i Decurionati del Distretto di Gerace avevano delegato il<br />

vescovo Perrone di farsi interprete di tale voto di persona, direttamente alla presenza del Re. L’intendente<br />

valutando che «quantunque lo Statuto più non esista, pure ho creduto, che a confermare vieppiù il concetto di<br />

essere ciò stato l’effetto dell’universal desiderio, sia opportuna questa novella pruova ho fatto intendere a<br />

Monsignore che la sua gita non sarebbe stata disgradevole» 118 .<br />

Nonostante ormai la Costituzione fosse un ricordo, il Consiglio distrettuale di Gerace, un anno dopo,<br />

manifestava il proprio attaccamento viscerale alla monarchia assoluta osservando «con gioia e gratitudine per<br />

vederci ritornati a quella prosperità, ordine e felicità pubblica che la sola sconsigliatezza de’ pochi ce ne avea<br />

allontanati» 119 .<br />

Il Consiglio distrettuale si pronunciava ancora una volta, a distanza di un anno, mettendo in risalto la<br />

«devozione, la lealtà, il profondo rispetto ed amore che il Distretto di Gerace nutre pel suo legittimo e<br />

glorioso Sovrano, che mercé il genio ed il paterno suo cuore ha formato la felicità dei suoi sudditi, e<br />

l’ammirazione di Europa» 120 .<br />

Tutte queste suppliche servivano essenzialmente a guadagnarsi la fiducia di Ferdinando; una politica<br />

motivata da un consolidata mentalità di conservazione del potere che poteva essere minacciato sia da agenti<br />

esterni (liberali, movimenti vari) che interni (potentati di altri centri del Distretto). Perrone «si ritrovò nelle<br />

sue necessità benefattore, nelle sue afflizioni consolatore, e salvadore infine ne’ suoi più perigliosi momenti.<br />

Si, con tal nome veniva salutato universalmente da’ suoi diocesani il Vescovo di Gerace, dopo la grande<br />

sciagura, da cui fu minacciato quel popolo nel settembre dell’anno 1847, e dalla quale non fu salvo se non<br />

per l’antiveggenza, e per il coraggio del suo pastore (...); per modo che fu riputato degno della più alta stima<br />

e segnalata benevolenza del nostro Augusto Sovrano. E di che volle rendergli pubblica ed onorifica<br />

dimostrazione coll’insegna di Gran Croce del distintissimo ordine di Francesco Primo, della quale si<br />

compiacque fregiarlo» 121 .<br />

Il vescovo Giancarlo M. Bregantini, nell’ambito delle manifestazioni per il 150° anniversario della<br />

fucilazione dei Martiri, ha compiuto, durante la messa dedicata ai Martiri, una riflessione sul gesto «perché il<br />

passato sia da ammonimento e di stimolo a vivere il momento presente» 122 . Dalla lettura di questo episodio,<br />

ha proseguito Bregantini, emerge «che essi non erano capiti da tantissima gente, da tanta realtà della Locride<br />

e di Gerace stessa. Li vedevano come dei giovani alla ricerca di chissà che cosa» 123 . Sulla triste vicenda, ha<br />

evidenziato, rimane «l’incapacità della base e dei vertici, compresi quelli ecclesiastici di capire il nuovo» 124 .<br />

Erano, in realtà, precursori di innovazioni sociali di ben più vasta portata; «sognavano probabilmente (...)<br />

un’Italia allo stile di Gioberti, cioè una confederazione di molti stati guidati dal Papa» 125 . Un’Italia che forse,<br />

afferma Bregantini, avrebbe avuto un altro destino con una «storia del sud diversa, più rispettosa, meno<br />

colonizzata, avremmo avuto un maggiore rispetto delle tradizioni (...). Il loro obiettivo era riformare lo Stato<br />

meridionale, non di più» 126 .<br />

La centralità del loro pensiero è, secondo Bregantini, costruire un’Italia dove ognuno mantenesse le<br />

proprie specificità, la propria storia, le proprie tradizioni, la propria cultura. «Quello che io ammiro in questi<br />

giovani è il coraggio delle loro idee, è la capacità di esprimerle fino in fondo e il coraggio di testimoniare<br />

fino alla morte questo gesto vitale (...). In questo senso sono modello di chiarezza, di coerenza fino in<br />

fondo» 127 .<br />

10. Moti a Cosenza, Messina e Reggio del 1847<br />

L’ascesa al trono pontificio di Pio IX, avvenuta il 16 giugno 1846, aveva suscitato nei liberali<br />

sentimenti di speranza. Ad appena un mese dal suo insediamento il Pontefice, attraverso l’editto “Apud<br />

Sanctam Mariam Maiorem”, aveva concesso l’amnistia ai condannati politici rinchiusi nelle carceri e

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