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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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Dopo nuove trattative tra il Re e i deputati asserragliati a Monteoliveto, si escogitò un’altra formula<br />

di giuramento conciliativa che fu accettata da Ferdinando: «Prometto e giuro di osservare e far osservare<br />

inviolabilmente la Costituzione della Monarchia promulgata ed irrevocabilmente sanzionata da Noi nel dì 10<br />

febbraio 1848 per lo Reame medesimo, salvo ciò che sarà legalmente sanzionato nello svolgere lo Statuto ai<br />

termini dell’articolo 5 del programma de’ 3 aprile» 83 . Il disordine per le vie e nella stessa aula turbava i lavori<br />

dell’Assemblea. Giovanni La Cecilia, travisando la notizia di un attestamento degli svizzeri e di altri<br />

squadroni di cavalleria e battaglioni di fanteria nelle piazze e negli sbocchi delle vie, in seno all’assemblea<br />

chiese «che si obbligasse il monarca a ritirare le truppe ed a consegnare le fortezze nelle mani della milizia<br />

cittadina» 84 . Calabresi e siciliani gridavano al tradimento ed all’insurrezione armata, tra cui anche Pietro<br />

Mileti. La proposta del Re fu respinta.<br />

La maggior parte dei deputati si preoccupò di calmare le folle, altri erano convinti di continuare la<br />

ribellione. Il Re, per mezzo del deputato De Piccolellis, fece sapere di essere all’oscuro delle manovre dei<br />

soldati ed espose l’intenzione di aprire la legislatura il giorno dopo. I deputati alle 4 del mattino, incoraggiati<br />

da questa affermazione, uscirono per far disfare le barricate che, intanto, erano state erette dal popolo. I<br />

suggerimenti furono accolti da alcuni; altri, gli irriducibili, rimasero al loro posto. Questa fu una delle cause<br />

che determinarono i tragici eventi del 15 maggio. Più di ogni altro, al di fuori delle parti, una delegazione<br />

elvetica riferiva al proprio governo che quegli avvenimenti «erano da imputarsi ai liberali esaltati, agli<br />

avventurieri ed ai borbonici più realisti del Re» 85 . I soldati venivano schierati nei punti più vitali della Città.<br />

Le barriere si rinsaldavano, moltiplicandosi fra le urla e i rulli dei tamburi. Dopo quella del 1799, cominciava<br />

un’altra sanguinosa guerra civile.<br />

La mattina del 15 la gente e qualche reparto della guardia nazionale tra le barricate rivendicava un<br />

impegno più consistente del Re: invio di metà dell’esercito a combattere in Lombardia e consegna dei<br />

castelli alla guardia nazionale. Se qualcuno dei parlamentari tentava di invitare a togliere le barricate per<br />

l’inaugurazione del parlamento, si sentiva rispondere dalla folla: «I nostri deputati sono ingannati, noi non li<br />

possiamo ubbidire. Le truppe stanno pronte laggiù, e le barricate non si possono disfare» 86 . I reggimenti<br />

svizzeri prendevano posizione.<br />

Ma il braccio di ferro fra Assemblea e Sovrano si faceva sempre più ostinato. «Prometto e giuro<br />

innanzi a Dio fedeltà al re costituzionale Ferdinando. Prometto e giuro di compiere con massimo<br />

zelo e con la massima probità ed onoratezza le funzioni del mio mandato. Prometto e giuro di essere<br />

fedele alla costituzione quale sarà svolta e modificata dalle due Camere, d’accordo col re,<br />

massimamente intorno alla camera dei pari» 87 . Quest’altra formula non soddisfava, in quanto non accordava<br />

alla sola Camera dei deputati il potere di modificare la Costituzione. Venne mandata una nuova<br />

delegazione dal primo ministro Troya per trattare la questione, mentre fuori il clima<br />

diventava sempre più caldo.<br />

Si arrivò, quindi, a chi doveva indietreggiare per primo. Il Re non intendeva far rientrare le sue<br />

truppe a palazzo, la folla non voleva disfare le barricate per paura di una rivalsa. Ad un certo punto, verso le<br />

11 del mattino si udirono colpi di fucile seguiti dal boato dei cannoni delle truppe. Il fratricidio era iniziato.<br />

Circa 100 furono i morti da parte civile e 46 militari, 700 i feriti; diversi i prigionieri portati a Castelnuovo e<br />

alcuni di loro lì, sommariamente fucilati; case e palazzi saccheggiati. Mentre i deputati venivano costretti dal<br />

generale Nunziante a disperdersi, i ministri chiesero vanamente al Re di sospendere il fuoco.<br />

La sera del 15 maggio il Parlamento si sciolse su perentorio invito del generale Nunziante. I deputati<br />

ubbidirono e 64 di loro firmarono formale protesta contro l’atteggiamento dispotico di Ferdinando 88 . Il<br />

giorno dopo il Re nominò un nuovo governo di moderati di destra; il 17 fu sciolta la guardia nazionale di<br />

Napoli e la Camera dei deputati; il 18 venne richiamato il corpo di spedizione negli stati del nord con la<br />

motivazione che bisognava affrontare i disordini all’interno del Regno. Secondo il Visalli, le cause<br />

fondamentali che determinarono il 15 maggio «possono aggrupparsi in due categorie: l’una attribuisce la<br />

spinta malefica al partito reazionario ed alla camarilla che lo dirigeva, l’altra al disordine provocato dalla<br />

variopinta demagogia anarchica e rapace» 89 . Ma è anche vero che borghesia e corte si temevano a vicenda: la<br />

prima sospettosa di un ripristino del vecchio modus faciendi, la seconda di un predominio del<br />

“demagogismo”. Bisogna mettere in causa anche i grandi mestatori di corte che probabilmente<br />

impressionarono ed elettrizzarono in senso negativo il Re.<br />

Il 15 maggio viene interpretato come un ignobile tradimento del Sovrano, un colpo di Stato per<br />

rimettere tutto come prima. Il giudizio è differente da parte borbonica, secondo cui la Monarchia, nonostante<br />

tutto, continuò sulla strada del costituzionalismo, anche se con un ministero di moderati di destra, per il fatto<br />

che col decreto del 30 maggio indisse nuove elezioni, fissate per il 15 giugno, con la conseguente formazione<br />

di una nuova Camera, attiva dal 1° luglio al marzo dell’anno dopo. È chiaro, però, in questa dinamica di fatti,

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