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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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Intanto, la Francia propugnò un’azione militare in difesa del Papa. Dopo una serie di vittorie ottenute<br />

dalle truppe della Repubblica romana comandate da Garibaldi, i francesi (sostenuti dalle forze clericali e<br />

reazionarie) entrano a Roma. Intervengono borboni ed austriaci. Il 30 giugno Roma capitola dopo una difesa<br />

estenuante. Comincia l’opera di restaurazione.<br />

La Costituzione, proclamata il 3 luglio mentre Roma capitolava, è stata quella che ha rappresentato,<br />

nelle aspirazioni democratiche del ‘48-’49, l’espressione più significativa e più avanzata in senso liberale,<br />

perché preparata, discussa e partorita da un’Assemblea 521 , che redige ex novo un documento organico e<br />

completo, ispirato alle tradizioni più composite, perché di provenienza politica diversa furono quelli che la<br />

stilarono: giacobini, mazziniani, liberali, moderati, uomini influenzati dalle idee socialiste. E le diverse<br />

tendenze erano concentrate negli otto principi fondamentali e nei 69 articoli nei quali si respiravano i<br />

concetti di sovranità popolare, la concezione democratica della repubblica, i princìpi di uguaglianza,<br />

fraternità e libertà di chiara matrice francese, l’impegno di migliorare le condizioni morali e materiali dei<br />

cittadini, l’idea di nazionalità italiana e di rispetto delle autonomie municipali. Per quanto riguarda l’aspetto<br />

religioso, come detto prima, la Repubblica garantiva l’esercizio indipendente del potere spirituale e, unica fra<br />

tutte le Costituzioni del periodo, la libertà di religione. Da quanto detto si evince che la Repubblica romana<br />

con le sue aspirazioni di carattere sociale, apriva le porte ai ceti minori, protagonisti finalmente della propria<br />

storia in una dimensione più umana. A Gerace il problema non fu meno sentito. Si gridò alla Repubblica<br />

romana proprio perché essa ribadiva concetti molto cari al movimento rivoluzionario che negli ultimi tempi<br />

aveva preso vigore anche con la venuta di Gregorio Aracri.<br />

Il 26 settembre 1849 venne condotto il “processo criminale” contro Giuseppe Antico di Gerace<br />

accusato di «tentativo diretto a cambiare e distruggere l’attuale forma del Governo, ed eccitare i sudditi del<br />

Regno e gli abitanti ad armarsi contra l’Autorità Reale. Avvenuto in abitato di Gerace a 22 Luglio 1849» 522 . I<br />

borbonici vedevano ormai ombre dappertutto. Bastava una semplice frase per scatenare l’ira delle autorità.<br />

La sera del 22 luglio 1849 durante la celebrazione della festa di Maria Santissima del Monte Carmelo nella<br />

Piana di Gerace, un colpo di vento aveva girato i ritratti dei sovrani collocati in un padiglione 523 . L’imputato<br />

Giuseppe Antico, secondo il rapporto redatto dal sotto capo della Guardia cittadina Felice Scaglione, avrebbe<br />

pronunciato la frase: «Per Dio a questi nemmeno il vento li vuole» 524 . La frase venne subito ascritta<br />

dall’autorità giudiziaria nel titolo, riportato prima, come grave reato di Stato.<br />

Il sottintendente ff. Vigliarolo chiamava a deporre il venticinquenne sacerdote Carmelo Ascioti, il<br />

quale dichiarava di aver «inteso da D. Giuseppe Antico (...), le seguenti parole soltanto pure il vento , e ciò<br />

mentre si restituivano in Chiesa i due ritratti delle LL. MM.» 525 e l’Antico continuava a parlare con altre<br />

persone. Il Sottintendente ff. si lamenta col Falletti a cui era destinato il rapporto, in quanto si stava per<br />

preferire la testimonianza del sacerdote alla deposizione ufficiale dello Scaglione. Nel medesimo giorno,<br />

altre persone furono chiamate a testimoniare. Il sacerdote Vincenzo Antico di 35 anni, affermava che<br />

personalmente apprese da Felice Scaglione la presente frase dell’imputato e che «essendo l’accennato Antico<br />

di sentimento contrario al Re (NS) come pubblicamente si diceva nel paese, io ò creduto perciò, che in effetti<br />

avea potuto profferire le parole sopra deposte, ma io, vi ripeto, non mi trovava in quei dintorni, perciò non<br />

l’ho potuto sentirli pronunciare» 526 .<br />

Per mastro Giambattista Albano, di anni 29, sarto di Gerace «la sera stessa de’ venti due dell’ultimo<br />

Luglio, a circa due ore di notte, nel mentre accompagnavamo il nostro Capo D. Felice Scaglione, costui<br />

disse, che no à potuto arrestare il nominato D. Giuseppe Antico (...) perché si trovava solo» 527 .<br />

Ulteriori informazioni furono assunte il 30 settembre successivo da Francesco Fragomeni di anni 36<br />

proprietario, Francesco Spezzano di anni 40 possidente, Andrea Febbo di anni 22 massaro, Carmelo Ratois<br />

di anni 20 ferraro, Raffaele Catalano di anni 25 calzolaio, Domenico Ratois di anni 35 massaro, Giuseppe<br />

Cavallo di anni 38 massaro e Giuseppe Pedullà di anni 49 massaro, tutti di Gerace 528 , i quali dichiaravano di<br />

non aver sentito pronunciare la presunta asserzione di Giuseppe Antico.<br />

Il giudice Domenico Falletti nella stessa data comunicava al procuratore generale del Re della GCC<br />

di Reggio di aver proceduto ad istruire la pratica che vedeva l’Antico imputato di cospirazione contro il<br />

Reale Governo e le altre imputazioni descritte prima.<br />

18. Provvedimenti giudiziari<br />

a carico del diacono Gaetano Fragomeni<br />

Il 18 dicembre 1849 il regio giudice del Circondario di Gerace Domenico Falletti ebbe a presiedere<br />

la causa «a carico dell’arrestato D. Gaetano Fragomeni di Antonio Diacono di Gerace, imputato di

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