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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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Pochi giorni prima della sentenza il poeta compose nel carcere di S. Francesco a Gerace questi<br />

versi 49 :<br />

La rraggia mi distruggi e mi ‘mbelena<br />

chi mi porta alla fossa e a la rovina;<br />

la sorti mi perseguita e m’affrena<br />

lu pianeta s’arresta e non camina.<br />

Pe’ mi perdi lu tempu cui s’appena:<br />

la sentenza di morti è già vicina!<br />

Pietro Mazzone . Nacque a Roccella Jonica il 21 febbraio 1819 da Giuseppe e Marianna Barba,<br />

originaria di Catanzaro. Studente universitario a Napoli, fu perseguitato per ragioni politiche dalla polizia<br />

borbonica in quanto assiduo frequentatore delle adunanze del Comitato Centrale diretto da Carlo Poerio. Per<br />

questi motivi fu costretto a ritornare a Roccella e abbandonare gli studi. Fu stretto in amicizia con Michele<br />

Primicerio, Alessandro Marini e Francesco Sprovieri 50 .<br />

Il Bonafede lo appellò romanzesco e tragico per il fatto che aveva rinunciato a salvarsi senza il<br />

compagno Ruffo, rifiutando l’ospitalità del marchese Vitaliano De Riso di Catanzaro. Nel momento in cui<br />

doveva esser condotto alla Piana rifiutò la benda agli occhi, ma dopo aver ascoltato dal suo confessore che<br />

anche Cristo era stato bendato, il Mazzone accettò dicendo: «Bendatemi» 51 .<br />

Gaetano Ruffo. Nacque ad Ardore il 15 novembre 1822 dal dottor Ferdinando e da Felicia De<br />

Maria. Fu, assieme al Bello, allievo a Napoli del Lamanna. Si laureò in giurisprudenza a Messina, poiché da<br />

Napoli era stato allontanato dalla polizia per le sue idee liberali 52 . Ebbe due fratelli, entrambi medici come il<br />

padre, Giuseppe e Giovanni, ed uno sacerdote di nome Nicola.<br />

A Bovalino, dove era domiciliato, il Ruffo rivestiva la carica di primo eletto. Spirito poetico<br />

romantico, elegiaco, lasciò scritto un carme intitolato “Il Caino” pubblicato da qualche giornale dell’epoca,<br />

alcune poesie tra cui “Alla libertà” 53 che riportiamo:<br />

Sola speranza che mi reggi in terra<br />

Solo conforto dello spirto mio,<br />

Solo pensiero che mi elevi a Dio<br />

Pace e ristoro alla mia lunga guerra.<br />

Quando te penso il cuor si disserra<br />

A pure gioie, ad ogni altro desio,<br />

E quando dormirò l’eterno oblio<br />

Di te ricorderommi anche sotterra.<br />

Cometa errante che col tuo splendore<br />

Abbelli la natura decaduta,<br />

Dimmi, tu brillerai sul mio dolore?<br />

Io non disdegno della tua venuta<br />

E non rinnego al tuo tardar, ma il cuore<br />

Piange e s’attrista che tua luce è muta.<br />

ALLA LIBERTÀ<br />

Scrisse ancora un’altra poesia intitolata Un’apparizione. L’ultima ottava si conchiude con un verso<br />

profetico:<br />

Madre, invan piangi sul destino mio;<br />

Fra breve scenderan dentro la fossa<br />

Queste mie carni travagliate e l’ossa.<br />

Domenico Salvadori. Nacque a Bianco il 24 dicembre 1822 da Vincenzo e Concetta Marzano. Era<br />

di indole mite. Riuscì a coinvolgere parecchia gente del circondario di Bianco «nel quale si aggruppavano<br />

cinque paeselli che tutt’insieme sommavano appena seimila abitanti» 54 . Era circondato dai fratelli Ferdinando<br />

e Fortunato Jelasi 55 , dai fratelli Stefano, Antonio e Domenico Gemelli, da Stefano Morabito, Ferdinando<br />

Massara, di professione caffettiere (di Gerace ma domiciliato a Bianco), da Giovanni Versace e dai fratelli<br />

Domenicantonio e Girolamo Polizzi 56 . Durante il corteo che lo portava alla morte, Salvadori baciò diverse<br />

volte il Crocefisso 57 .

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