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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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Il 31 marzo 1849 presso la GCC di Reggio, veniva imbastito un consistente processo con accluse<br />

«sentenze e requisitorie dalle quali emergono i nomi di tutti i Complicati politici della Provincia» 139 . Sul<br />

banco i giudici depositavano 42 volumi contenenti «gli atti relativi al reato di cospirazione, attentato, ed altri<br />

contro la sicurezza interna dello Stato ad oggetto di cambiare la Forma del Governo, e lo statuto<br />

costituzionale» 140 . La requisitoria fu tenuta dal Procuratore del re Gabriele Foschini il quale osservava che<br />

in seguito di segreta cospirazione, mercé l’opera di non pochi Siciliani, che dalla prossima Messina s’introdussero in questa<br />

Provincia, e nelle adiacenti, dalla metà di Giugno dello scorso anno si appalesava uno spirito d’insurrezione: lo scopo appartenente<br />

n’era l’ottenere alcune concessioni, oltre le quarantigie che la Maestà del Sovrano ne avea largito nello Statuto costituzionale, ma nel<br />

Fatto parlavasi contro la Sacra persona del Re, e contro il Governo della Maestà Sua. Venivano impugnate le armi. Un’orda di circa<br />

cinquanta individui verso la sera del 19 Giugno ultimo appariva in Sant’Eufemia (...). Di là l’orda sudetta muovea il di seguente,<br />

dirigendosi per varj paesi.<br />

A poco a poco quelle schiere aveano incremento, e si stabiliva tra esse un governo che intitolavasi Comitato provvisorio di<br />

pubblica sicurezza. Una proclamazione stampavasi e veniva diffusa dovunque: con essa si appalesavano a fini più torbide le mine di<br />

quel movimento rivoluzionario, perocché, tra le altre cose, in quella proclamazione dicevesi non vi è più transazione tra il tiranno, ed<br />

i popoli ed a questa Frase consuona che alcuni insorti andavan gridando, cioè in viva la repubblica. Il dì 27 di detto mese tornavano<br />

in Sant’Eufemia più che cinquecento di questi individui de’ quali altri armati e molti inermi.<br />

Il 30 di detto mese, con carte stampate ch’ess’intitolavano bollettini del provvisorio Comitato di pub[b]lica sicure zza, tra le<br />

altre molte disposizioni date si ordinava all’Intendente della Provincia, e a varie altre Autorità di cessare immediatamente dalle loro<br />

funzioni, ed il Ricevitore Generale e Ricevitori Distrettuali di tenere le somme a disposizione del detto Comitato: agli uni ed agli altri<br />

venivano fatte minacce onde quegli ordini fossero eseguiti. Vari eccessi, lungo il giro per vari paesi, quella gente distribuita in<br />

diverse schiere commise, or distruggendo ed infrangendo stemmi reali, o le statue in gesso de’ Sovrani, or estorgendo danari dalle<br />

pubbliche casse or distruggendo il Telegrafo di Palmi ritenendo i cannocchiali ed altri utenzili, or imponendo tasse a’ cittadini, e<br />

pretendendo somme da’ Sindaci ed Esattori Comunali, ora infine ordinando che un determinato numero di Guardie Nazionali di<br />

ciascun Comune insorgesse con essi imbrandendo le armi. Molti altri con simili eccessi si commetteano che saranno meglio<br />

dichiarate in altro stadio di giudizio. Finalmente dopo il 28 Giugno aveano quegli insorti formato il loro accampamento nel luogo<br />

detto Piani della Corona tenimento di Sant’Eufemia, volontariamente tra i giorni 3 e 4 del seguente Luglio si disciolsero. Una<br />

istruzione ha posto alla meglio in luce i diversi eccessi che si commettevano e gli Autori principali di essi 141 .<br />

Il racconto minuzioso è riferito al tentativo di formare la truppa all’indomani il 15 maggio. La<br />

narrazione ci torna utile perché questi atti vennero formalizzati anche nel Distretto di Gerace per opera di<br />

Gregorio Aracri, inviato da quel Comitato formatosi in S. Eufemia, appoggiato dai liberali geracesi. L’Aracri<br />

faceva parte dei Figliuoli della Giovine Italia del Musolino, assieme al canonico Paolo Pellicano ed i fratelli<br />

Plutino di Reggio, al barone Stocco di Nicastro, Domenico Mauro di Cosenza, Domenico Angherà ed<br />

Eugenio De Riso di Catanzaro e Giannandrea Romeo di Santo Stefano. I fatti enunciati fino a questo punto<br />

testimoniano che l’idea repubblicana era non poco diffusa tra i liberali.<br />

Il rapporto continuava dicendo che «l’orda componeasi per la maggior parte di gente gregaria e<br />

mercenaria la quale ingrassava quelle file attivate dal guadagno di tre carlini al giorno, che i capi cospiratori<br />

pagavano a’ singoli individui» 142 . Torna ancora puntuale la sottolineatura che il moto era alimentato dal<br />

guadagno. E anche se così fosse stato, ciò sarebbe spiegato dalle precarie condizioni di vita cui era sottoposta<br />

la gente comune 143 . Più avanti si legge ancora che molti di loro aderirono al movimento «per timore, e taluni<br />

altri per conoscere quali progetti quell’orda far potea contro il loro paese» 144 . Più a chiare lettere si delinea la<br />

dinamica che tendeva a far cospirare per “conoscere” il nuovo. Tra loro molti professionisti (medici,<br />

avvocati), preti, possidenti.<br />

Al reato di cospirazione furono ascritti Ferdinando De Angelis Grimaldi, Casimiro De Lieto,<br />

Antonio Plutino, Stefano Romeo, il sacerdote Pasquale Cuzzocrea e suo fratello Domenico, i sacerdoti<br />

Giovanni e Antonino Zagarella zio e nipote, il maggiore siciliano Giovanni Andrea Nesci, il sindaco di S.<br />

Eufemia Antonino Luppino, lo stampatore di Reggio Giuseppe Lombardi, il medico di Sinopoli Antonino<br />

Nicolò. In tutto 72 persone 145 residenti tra Reggio, Sinopoli, Rosarno, S. Eufemia, Cosoleto, Villa S.<br />

Giovanni, Catona, S. Roberto, Fiumara, Pedavoli, Galatro, Oppido, Varapodio, S. Cristina e la Sicilia. Altri<br />

ancora provenienti dai Circondari di Palmi, Radicena, Laureana, Casalnuovo, Polistena, Cinquefrondi,<br />

Seminara. Pasquale Manglaviti di Sinopoli veniva arrestato per aver «unitamente agl’insorti armati Siciliani<br />

infranto per disprezzo le statue dei Sovrani» 146 .<br />

Per quanto concerne gli avvenimenti di Bagnara, i reati addebitati erano quelli di un «furto con<br />

violenza di tre fucili in danno alla Guardia Doganale di Bagnara (...), dell’abbattimento della macchina telegrafica<br />

(...), all’introduzione di un cannone in Bagnara (...), voci sediziose, ed allarmante» 147 ed altri furti. Il<br />

cannone, corredato da munizione da guerra, era stato depositato a Sant’Eufemia in casa «dell’assunto alla<br />

carica di Capitan generale e Comandante di tutti gl’insorti D. Ferdinando De Angelis Grimaldi» 148 . A<br />

Bagnara venivano armati altri due cannoni nel magazzino di Antonino Lopes nascosti, assieme alle<br />

munizioni da guerra, nella chiesa del Purgatorio. Dal centro partivano varie spedizioni per disarmare le

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