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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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Pietro Chiricosta, di anni 50 barbiere, definiva Cesare come uomo attaccato al governo. La notte del<br />

23 luglio «scese al Borgo, e raccontava che in Città stavano perseguitando i Borghisani, ma mentre stava<br />

raccontando, arrivò colà D. Smeraldo Fragomeni annunziando che tutto era finito, per cui rimasero le cose in<br />

quello stato» 464 .<br />

Il giudice decise a questo punto di non ascoltare Teresina e Caterina, sorelle dell’imputato Giuseppe.<br />

Esautorate le testimonianze sui tre imputati, si raccolse la deposizione del giudice Pietro Balzano 465 ,<br />

che nel frattempo era stato nominato reggente ad Ardore. Il 9 febbraio dichiarava «che i sudetti tre individui<br />

Accorinti, Panetta e de Cesare non cospirarono contro l’attuale Regime, ma ne’ anche ne sono capaci,<br />

essendo uomini di poco cuore, e di nessun coraggio; e durante la mia gestione da Giudice in Gerace mai<br />

intesi, ne’ giunse alla mia notizia, che in detto Comune vi fosse cospirato contro del Re e del Governo. E<br />

sebbene alcuni giovinotti del Comune medesimo andarono nelle sere cantando Viva il Re e la patria, la<br />

libertà, Pio Nono, ecc., pure ciò si faceva per [in]dispettire talune famiglie che non soffrivano sentir cantare<br />

simili canzone, ma non per far onta al Re ed al Governo» 466 .<br />

Poi il Balzano affermava di avere saputo che l’Accorinti si era recato al Borgo per chiamare le<br />

guardie e mantenere il buon ordine in quanto erano stati minacciati in Città da alcuni armati «e l’Accorinti<br />

potea benissimo trattenere ed arrestare coloro che si erano intromessi nel Corpo di Guardia, discacciando<br />

quelli che erano stati lasciati pel mantenimento dell’ordine (...). Io comunque era in Geraci colla qualità di<br />

Giudice, pure me ne stava rinserrato in casa per timore di non essere sagrificato, ed in effetti se mi sarei<br />

im(m)ischiato certamente sarei stato ucciso» 467 . Il Balzano sosteneva ancora come tutte le “turbolenze”<br />

avevano avuto origine «dal perché taluni notabili di Gerace non furono compresi e graduati nella guardia<br />

Nazionale, e perciò sempre han cercato il modo come far divenire un disordine per far togliere la stessa; e<br />

dall’altra parte l’imprudenza di quelli che compresi e graduati nella detta Guardia Nazionale, hanno portato<br />

de’ disguiti tra l’uno e l’altro partito. Quindi il fatto del 23 luglio fu per vendetta privata» 468 e non per<br />

provocare la guerra civile. Il giudice sostiene di aver inteso che Aracri era stato alloggiato in casa Del Balzo,<br />

ma ignorava i suoi fiancheggiatori poiché «stava sempre ritirato e guardingo» 469 . Per ciò che riguardava le<br />

riunioni in casa Del Balzo, alcune persone di Gerace, in contrapposizione alla Guardia nazionale, avevano<br />

fatto spargere la voce che presso quella famiglia si era costituito un Comitato di cui facevano parte anche<br />

Filippo Vitale e Giuseppe Arcano. Potrebbe essere un tentativo di salvare i liberali geracesi la denigrazione<br />

operata nei loro confronti dal Balzano, il quale afferma che non erano coraggiosi a tal punto da poter<br />

affrontare lo Stato, reputandoli inconscienti delle loro azioni (i fatti dell’Aracri e i manifesti affissi ne sono,<br />

però, la controprova). Oppure poteva essere un voler decisamente sottovalutare questi giovani idealisti.<br />

Tuttavia, il tentativo di denigrare o sminuire coloro che compivano questo tipo di azioni era frequente nella<br />

logica del tempo.<br />

Il giudice della GCC di Reggio Nicola Nicoletti ritorna a Gerace per proseguire il suo lavoro e il 10<br />

febbraio lo ritroviamo nei locali del Giudicato Regio per interrogare altri detenuti. Giuseppe Ameduri di anni<br />

25, industriante, era imputato di tentativo di provocare la guerra civile, di aver strappato la coccarda rossa a<br />

Bufalo ed Aglirà e di cantilene notturne inneggianti all’Italia, alla libertà e a Pio IX.<br />

Giuseppe Pancallo, di anni 22, scribente, si dichiarava innocente su tutti i capi d’accusa contestatigli:<br />

aggressione ad un tale Napoli, strappamento di coccarda, affissione di libello, cantilene notturne con<br />

sarcasmi e parole contro il Governo. Secondo la sua versione, il Commisso avrebbe intimato al Bufalo, ad<br />

Aglirà ed altri, di levarsi la coccarda perché non erano guardie nazionali. Dalla provocazione del Bufalo<br />

sarebbe nato il contrasto dal quale il Commisso ebbe inferto un colpo di bastone da Gaetano Sansalone.<br />

Sfumava anche il tentativo di perquisire i fratelli Aglirà sfuggiti al Commisso, poiché lo stesso non era<br />

ubbidito dalla guardia nazionale. Fu a questo punto che Pasquale, Felice Scaglione e Pietro Migliaccio<br />

«dissero a quelle guardie d’andarsene senza incaricarsene di altro, e manifestando che per quattro minchiotti<br />

si doveva compromettere il paese. In effetti quella guardia abbandonò il posto, rimanendo il solo Caporale<br />

Napoli. Il Tenente Accorinti vedendo il posto di guardia isolato ordinò a me e ad altri tre onde andare al<br />

corpo di guardia ed ivi dimorare per mantenimento dell’ordine pubblico» 470 . Poi l’intervento dei Prestinace,<br />

Spanò e Melia che gli imposero di lasciare il posto di guardia e Pasquale Sansalone che lo prese dal petto e<br />

tirandolo fuori dal corpo di guardia gli diede uno schiaffo. Pancallo e i suoi compagni, a seguito<br />

dell’aggressione, andarono via. Interviene la guardia del Borgo al comando del’Accorinti che accerchia il<br />

corpo di guardia, la figura del marchese Avitabile che invita i presenti alla calma; lo stesso Accorinti che per<br />

evitare altri disordini restituisce le armi a quelle guardie.<br />

L’ordine di affiggere i libelli, affermava, gli venne dato da Vincenzo Panetta. In quanto alle cantilene<br />

notturne «viva Carlo Alberto, Viva Pio Nono, viva la libertà, ed altre espressioni, queste non solamente

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