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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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luogo» 292 . Era, insomma, difendere un interesse consolidato che rischiava di frantumarsi, di crollare sotto la<br />

forte e dinamica spinta degli oppressi di ieri. A Reggio, «gli aristocratici, volendo essere capitani o uffiziali<br />

superiori, intrigavano, imbrogliavano (...). Scene violente si temevano a Gerace, dove gli assolutisti<br />

avrebbero voluto porre alcuni loro amici tra gli uffiziali, e dare il comando al famoso Michele Sergio,<br />

persecutore infaticato dei fuggiaschi di settembre; ma il 12 aprile fu eletto in sua vece Mario Avitabile,<br />

costituzionale» 293 .<br />

Non a caso Francesco Santacroce il 14 aprile 1848 dalla Casina di Stragò scriveva al dottor Raso,<br />

suo compare, che «in Gerace in atto vi sono delle alterazioni fra famiglie e famiglie» 294 . La situazione non<br />

era tranquilla, aleggiando aria di tempesta per la nomina degli ufficiali della Guardia nazionale. Dall’accordo<br />

tra i medici Accorinti e Panetta erano risultati: capitano Ilario Muscari Tomajoli; alfieri: Domenico<br />

Scaglione e Bruno Vitale. «Io avendo conosciuto - scrive il Santacroce - un partito deciso a venire alle mani,<br />

poiché altri avrebbero voluto D. Michele Sergio Capitano, D. Ilario Avitabile 1° Tenente ed altri Uffiziali<br />

mischiati dall’uno e dall’altro partito, mi risolsi allontanarmi da Gerace» 295 . A Portigliola «mastro<br />

Ferdinando Massara di Gerace (...) - chiosa Santacroce - vorrebbe esercitare un dominio in questo Comune<br />

col volere essere fatto Capitano della Guardia Nazionale nell’atto che viene generalmente aborrito» 296 .<br />

La situazione diventava critica a Mammola, dove l’Intendente Muratori l’11 aprile 1848 comanda il<br />

capo della guardia nazionale di Casalnuovo di recarsi a sedare i tumulti, e «quindi procedere alla libera<br />

elezione degli Uffiziali delle diverse compagnie di questa, colla esatta osservanza della Legge» 297 . Raso, nel<br />

rapporto all’Intendente, il 16 aprile, annotava che il sindaco Luigi Spina e l’ex capo della guardia urbana<br />

Luigi Floccari, «medagliati nelle vicende del Settembre, sostengono un partito controrivoluzionario. Ed ha<br />

ragione poiché i loro impieghi erano la mamma (sic) nel deserto, sapendo fare delle pietre pane» 298 . Raso<br />

stilò un elenco degli individui assoldati dai due, tutti «combinati nel perfido piano dell’anarchia» 299 .<br />

Crediamo che non poca influenza sulla scelta dei comandanti la Guardia nazionale dei vari paesi ebbe il<br />

Muratori.<br />

Il guaio, secondo quanto affermavano le autorità, era dovuto che a comandare la Guardia nazionale<br />

furono eletti uomini senza “imponenza” 300 , nemici dell’ordine 301 : «Si è cercato di movere il ceto de’ mastri,<br />

specialmente contro questi ultimi, e contro taluni primari famiglie del paese, chiamandoli retrogradi, ed<br />

assolutisti» 302 .<br />

A Gerace i principali fautori erano Benedetto Accorinti, Vincenzo Panetta e Francesco Cesare:<br />

«costoro veramente e non gli altri rubricati (...), si studiarono a tutt’uomo a cambiare la forma dell’attuale<br />

governo ed eccitar la guerra civile fra gli abitanti (...); che dopo sciolta la guardia nazionale in questo paese,<br />

gli affari camminano meglio con ordine ed armonia» 303 .<br />

L’accusa voleva dimostrare che i disordini erano «dipesi dalla cattiva scelta degli uffiziali, e dei<br />

bassi uffiziali della Guardia nazionale» 304 che miravano, secondo quanto riportato nel compendio, a<br />

commettere disordini per altri fini: cambiare la forma di governo, eccitare i sudditi alla rivolta. «E finalmente<br />

si venne a’ fatti del di’, e della notte del 23 Luglio, che sarebbero riusciti più che funesti, se non fosse stato<br />

per la imprudenza di pochi buoni del paese, e specialmente de’ fratelli Scaglione, e del Marchese Avitabile, i<br />

quali essendosi posti per lo mezzo, cimentando così la lor vita (...) e ritornare l’ordine pubblico. Ma costoro,<br />

che dal pubblico erano ritenuti come quelli che colla loro imponenza aveano risparmiato il sangue cittadino,<br />

divennero poi accusati in giustizia, come coloro che aveano eccitato una guerra civile fra gli abitanti di<br />

questa popolazione, come coloro che tentavano di far cambiare forma di governo» 305 .<br />

Viene narrata la vicenda, cominciando dalle cantilene notturne al grido di «Viva Pio Nono, Viva la<br />

libertà, viva i fratelli Siciliani, Viva l’indipendenza, abbasso i tiranni» 306 , pronunciate sotto i palazzi «delle<br />

persone moderate, ed oneste, non rispettando neanche quello del degno, ed ottimo Prelato, e della Sotto<br />

Intendenza» 307 . Verso la fine di giugno, Benedetto Accorinti ritornava da S. Eufemia, dove si era stabilito il<br />

Governo provvisorio, portando con se volantini rivoluzionari che vennero affissi «al posto della guardia<br />

nazionale da Giuseppe Pancallo» 308 , su ordine del tenente dello stesso Corpo Vincenzo Panetta. L’Accorinti<br />

si era recato, ricalcando la stessa strategia dei 5 Martiri, «da questa Ricevitoria Distrettuale, da quella del<br />

Sindaco di Roccella, e da una cassa si attrovava presso il Sig. Falletti di Siderno, per ritirare il denaro [che]<br />

vi era versato pel mantenimento di quel governo provvisorio» 309 ; come pure per ottennere dal Sindaco di<br />

Roccella due cannoncini di proprietà del Comune 310 . Ma i funzionari incaricati avevano ricusato di<br />

consegnare quanto richiesto dall’ufficiale, il quale dava voce che anche a Gerace doveva, quanto prima,<br />

giungere un emissario di S. Eufemia per installare un Governo provvisorio. Nell’interrogatorio, espletato dal<br />

giudice Falletti l’11 settembre 1848, il ricevitore distrettuale di Gerace Felice Arcano 311 testimoniava che<br />

l’Accorinti il 23 luglio aveva fatto leggere una missiva del Governo provvisorio di S. Eufemia, con la quale

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