cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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Le imbarcazioni erano i mezzi più veloci per trasportare le merci. Mancava, però, nella zona un porto<br />
degno di questo nome 5 . Tant’è che lo stesso Raso nel suo lavoro scientifico individua nel promontorio di<br />
Capo Bruzzano il posto «ben atto ad un porto quando il Governo stenderà le sue vedute su questi luoghi<br />
finora obliati. Aprirebbe ricco ramo di commercio colle coste dell’Adriatico, e dell’arcipelago» 6 .<br />
A parte il sistema viario, il territorio era coltivato con sistemi arcaici che non permettevano un pieno<br />
sfruttamento delle risorse: «per cui, in qualsiasi epoca, il suolo rese sempre la terza parte di quello che<br />
avrebbe potuto rendere se coltivato a dovere e razionalmente in tutta la sua estensione, sia negli avvallamenti<br />
che in pianura» 7 . Nella nuova realtà socio-economica nata tra la fine del Settecento e l’Ottocento dalla<br />
rivoluzione agraria e da quella industriale che avevano determinato un abbandono dei vecchi sistemi di<br />
produzione, in Calabria e nel Distretto geracese non corrispose un altrettanto progresso. Era ancora, infatti,<br />
un territorio che aveva conservato le caratteristiche dei secoli precedenti, in cui prevaleva il settore agricolo<br />
nella coltivazione del latifondo e della monocoltura. Lo Stato, invece di sollevare queste province<br />
potenzialmente ricche di risorse non fece altro, con l’atteggiamento passivo, che deprimerle, mancando di<br />
dare valide e opportune direttive economiche che interagissero con le enormi e ataviche problematiche<br />
esistenti.<br />
Il Distretto aveva una superficie di 1394,96 Kmq. e costituiva il 35,55% del territorio della Provincia<br />
di Calabria Ultra Prima. I centri più grossi del Distretto erano Gioiosa con 8600 abitanti, Mammola con<br />
8000, Gerace con 5800, Grotteria con 5400, Siderno con 5200 e Roccella con 4700 8 . La popolazione<br />
ammontava nel 1856 a 101.430 9 .<br />
La composizione del terreno era eterogenea e variava da zona a zona. Si andava dai terreni misti<br />
(argillosi e ghiaiosi o sabbiose) a quelli argillo-ferraginose chiamati “argadi”. Il terreno di Gerace, in<br />
particolare, era ricco di nitrati 10 . A questo proposito erano singolari le innumerevoli condanne penali a carico<br />
dei contrabbandieri della materia e di polvere da sparo 11 . In precedenza, nel 1838 era stato concesso<br />
all’inglese Guglielmo Beck «la facoltà di poter eseguire per la durata di dieci anni ne’ fondi dello Stato (...),<br />
lo scavo delle miniere» 12 anche nei Circondari di Gerace e Grotteria. A Gerace esisteva anche un’argilla<br />
sabbiosa chiamata Molis, utile a costruire fornelli refrattari 13 . Il Capoluogo e Roccella davano una cospicua<br />
produzione di vasi di creta chiara nei quali usavano lo Iuzzo per dare la patina bianca 14 . Il tufo conchiglifero<br />
su cui è fondata Gerace, serviva sia per pietra da costruzione che da calce.<br />
2. Altre risorse<br />
Una delle attività che contribuiva a complementare le scarse risorse dei contadini era l’allevamento del baco<br />
da seta. Dalla provincia di Reggio la seta grezza veniva esportata in Piemonte, Lombardia e Francia per essere<br />
lavorata. Nel 1847 esistevano nel Distretto di Reggio 102 filande 15 . Già verso gli inizi degli anni ‘40, la sericoltura<br />
aveva accusato un forte decremento a causa delle malattie che distruggeranno i gelseti e lo stesso “funicello”<br />
(baco). La costituzione del Regno d’Italia farà il resto.<br />
Assieme al baco da seta vi era anche una buona produzione di fichi, miele, olive, olio 16 e vino;<br />
prodotti che non erano però sufficientemente commerciati per la mancanza di vie di comunicazione. I fichi 17<br />
erano considerati per certi versi il pane dei poveri: con un pugno di questo prodotto il contadino doveva<br />
arrangiarsi a volte per tutta la giornata di lavoro. Diffusa anche la coltivazione del lino, della canapa, della<br />
ginestra, del cotone e della lana, limitati essenzialmente ai bisogni famigliari. Dalla lana, filata allo stato<br />
ruvido, venivano prodotti vestiti e coperte. Si tingeva di «rosso con la radice della rubia tinctorum, che si<br />
offre spontanea fra noi; color paolino con l’allume ed il mallo della noce; nero con la corteccia dell’olmo e<br />
col vitriolo» 18 . Nel Distretto si produceva anche il cotone con a capo Roccella che ricavava un prodotto<br />
annuo di circa 4 mila ducati 19 . Nella stessa cittadina una parte del prodotto veniva filato in 12 mangani, la<br />
parte restante inviata in altre province. Era sempre un commercio interno, però, limitato, essendo un<br />
ambiente ostile alle novità. «Nissuna macchina, nissun ritrovato si accolse fra noi per la macerazione, e<br />
maciullazione de’ lini, e canapi» 20 .<br />
I campi delle contrade calabresi, diceva il Settembrini 21 , sono nella gran parte abbandonati. In tutto il<br />
Regno se fossero stati coltivati in toto si avrebbe avuto il doppio dei prodotti ricavati, evitando così di far<br />
venire il grano da paesi esteri come l’Egitto. Il grano prodotto non era sufficiente per alimentare le famiglie<br />
del Distretto, sicché veniva importato da Crotone o dalle Puglie. Il pane prodotto non era fra i migliori, sia<br />
perché non era ben lavorato sia per la mancanza del sale che, essendo un genere di monopolio, aveva un<br />
prezzo piuttosto elevato 22 . Questo sarà uno dei punti chiave della politica rivoluzionaria dei Martiri di Gerace<br />
che nel loro proclama evidenzieranno con molta forza. Ed a questo proposito è sintomatico l’allarmismo del<br />
Consiglio distrettuale che nel settembre del ‘47 promette ai ceti più poveri una distribuzione gratuita dei