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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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ordinato l’illuminazione, e l’iscrizione in discorso, pure giudico che tanto ha dovuto essere ordinato da’<br />

Comandanti quella forza che in allora erano D. Vincenzo Panetta, D. Domenico Scaglione, D. Bruno<br />

Vitale» 371 . Un atto d’accusa preciso e puntuale che certamente metteva in cattiva luce e dava una primaria<br />

sentenza ai tre cospiratori.<br />

Raccontò anche delle turbative provocate ogni sera puntualmente da un gruppo di persone che<br />

«cantava nel paese dicendo Viva Carlo Alberto, Viva la libertà, Viva i Siciliani, Viva Pio Nono, abbasso i<br />

Tiranni» 372 , soffermandosi sotto il palazzo del Vescovo e nei pressi della Sottintendenza. Fra i cantanti,<br />

affermava l’ex capitano della Guardia nazionale, c’erano Giuseppe Scaglione, Giuseppe Antico, Giuseppe<br />

Pancallo, Pasquale e Giuseppe Ameduri, Bruno Generoso, Domenico Triunveri, Felice Larosa.<br />

L’Avitabile asseriva di conoscere bene i fatti successi il 23 luglio, perché la sua abitazione era di<br />

fronte al posto di guardia. Secondo quanto ricostruito da lui stesso, la «guardia del mattino 373 , comandata da<br />

Francesco Prestinaci era smontata, quando venne rimpiazzata «d’altra guardia; e perché la guardia<br />

comandata dal Sig. Prestinaci doveva smontare il giorno susseguente al ventitré Luglio, ha (sic) ritornato al<br />

posto di guardia, ed ha cacciato quella forza che irregolarmente l’avea rimpiazzato (...). Si dispiacque la<br />

forza di rimpiazzo della procedura tenuta dalla guardia comandata da Prestinaci, ed ecco l’origine e la causa<br />

del bisbiglio ed inquietità» 374 . Offeso per la forma poco ortodossa usata al corpo di guardia, il Pancallo corse<br />

a S. Domenico per far salire gli abitanti del Borgo. Da qui si partì la guardia armata e gente qualunque, «ed<br />

in questa piazza s’incontrarono con l’altra pattuglia sotto il comando del Prestinaci, e si salutavano con<br />

diversi pugni, risultato di avanzata educazione: dalla mia casa ho inteso un fracasso e delle voci fate fuoco,<br />

non sapendo da chi tante voci partivano; allora fu che mi affacciai dalla finestra ed ho imposto la pace e la<br />

quiete che mi riuscì ottenere senza sangue» 375 . Avitabile elogiava il capo pattuglia della guardia del Borgo,<br />

Benedetto Alfarone, che lo aveva rassicurato dicendo: «Gnure non dubitate che si mantiene il buon<br />

ordine» 376 .<br />

Secondo il parere dell’Avitabile, la colpa dei fatti successi il 23 luglio era da imputare a Vincenzo<br />

Panetta, Francesco Cesare e Benedetto Accorinti, indicati come i capi insurrezionali che avevano il compito<br />

di provocare la rivolta finalizzata a cambiare forma di governo. Il resto degli armati erano gregari al loro<br />

servizio. Con questa testimonianza il Marchese scagionerà gli accusati dall’Accorinti di “attentato diretto a<br />

cambiare forma di governo; nonché dell’attentato di eccitare la guerra civile fra gli abitanti di una stessa<br />

popolazione”.<br />

Nella sua deposizione Giuseppe Antico, di anni 49, parroco della chiesa di S. Nicola Camobrecone al<br />

Borgo, parlava del Governo provvisorio dell’Aracri e del tentativo di appoggio dato da Cesare, Accorinti e<br />

Panetta ed “altri riscaldati”. Testimoniò anche di aver udito le voci provenienti da S. Domenico che<br />

chiamavano a raccolta gli abitanti del Borgo per salire in piazza del Tocco.<br />

Ed è la volta di uno dei protagonisti di parte Realista: Carmine Bufalo di anni 27, vaticale, a cui era<br />

stata strappata la coccarda rossa. Secondo il suo parere, i fomentatori dei disordini sarebbero stati Panetta,<br />

Accorinti, Cesare e Giuseppe Scaglione «che cercava avvilire il partito del Re» 377 .<br />

Bruno Bonavita di anni 48, proprietario, affermava di conoscere i fatti solo per “sentito dire”,<br />

ignorando «pure se persone cercava eccitare persone del Borgo a salire sopra ad abbattere i Realisti» 378 .<br />

Francesco Aglirà, di anni 27 falegname, altro protagonista di piazza del Tocco e parente di Gaetano<br />

Sansalone, deponeva di non essersi opposto alla perquisizione operata dal Commisso il quale gli si era<br />

avventato con un bastone. A questo punto, intervenuto in sua difesa il Sansalone, «vedendo tanto, ha creduto<br />

col bastone percuotere il Commisso» 379 . L’Aglirà riprese affermando che si sarebbe arrivati a vie di fatto se i<br />

fratelli Scaglione non si fossero interposti. La colpa degli avvenimenti del 23 luglio, anche per lui, era da<br />

attribuire ad Accorinti, Panetta e Cesare, che avevano intenzione di abbattere i “Realisti”. La difesa era a<br />

favore degli Scaglione, Capogreco, Migliaccio e tutti gli altri che verranno nel processo assolti dall’accusa di<br />

aver preso parte agli avvenimenti del 23 luglio, grazie a queste testimonianze.<br />

L’orefice Francesco Rippa, di anni 44, il 23 luglio, mentre si trovava di servizio nella qualità di<br />

guardia nazionale, udì «le doglianze di Carmine Bufalo, perché gli si voleva strappare un coccarda rossa» 380 .<br />

Sulla perquisizione dell’Aglirà affermò che mentre Commisso si accingeva a “diligenziarlo”, intervenne il<br />

Sansalone tirandogli un colpo di bastone; «così si è animata una briga» 381 . La cosa poteva diventare seria,<br />

continua, se non fossero intervenuti gli Scaglione.<br />

Il 14 settembre 1848 continuavano le interrogazioni. Gregorio Giannotti, di anni 62, proprietario, in<br />

ordine al 23 luglio asseriva di aver visto molta gente armata, fra cui Michele Melia «che col fucile in faccia<br />

dicea non vi muovete che vi brucio» 382 .<br />

Lo “scribente” Domenico Antonio Briglia, di anni 25, abitante al Borgo, deponeva che l’Aracri andò<br />

direttamente in casa Del Balzo, dove assieme agli altri imputati «commentavano per lo stabilire» 383 il

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