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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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de[v]e addebitarsi ad altri individui di Geraci e specialmente ai Signori D. Pasquale Scaglione, D. Pietro Piconieri, e D.<br />

Ettore Migliaccio i quali la fecero da autori e promotori, non che ai signori D. Vincenzo, D. Pasquale, e D. Gaetano Sansalone, D.<br />

Giovanni e D. Domenico Spanò, Michele Gozzi, Antonio Melia, e Nicola Melia, ed altri, i quali operarono da autori materiali. Tutti<br />

costoro in quel giorno operarono chi più chi meno, che il popolaccio s’insignisse di nastri rossi come pruova della caduta<br />

Costituzione, che si destasse così il malcontento contro il Governo, che fosse bastonato in piazza il Caporale di guardia Nazionale<br />

Tommaso Commisso mentre era di servizio, ed esercitava diligenze su di persone per ordine superiore che il posto di guardia<br />

rimanesse deserto, che la notte fosse assaltato, maltrattando le sentinelle Giuseppe Pancallo, Fortunato Custoreri, e Michele Pedullà.<br />

Ed io in quel giorno concorsi a mantener l’ordine 430 .<br />

Il 28 gennaio Giacomo Panuccio, 24 anni, proprietario di S. Eufemia, alla domanda specifica del<br />

giudice rispose di non aver conosciuto in paese nessuna persona proveniente da Gerace. E il ramiere Luigi<br />

Condina, di anni 41, testimoniava «che in quelle politiche turbolenze intese che molti forestieri vennero in S.<br />

Eufemia, e tra gli altri, si portò (...), un tal Gaetano Spataro, cretajo di Gerace (...), assieme con un tale<br />

Accorinti» 431 .<br />

L’8 febbraio 1849 il canonico Bruno Pedullà, di anni 40, affermava di aver sentito dire che dopo le<br />

ore 24 del fatidico 23 luglio, la guardia del Borgo era stata chiamata per mantenere l’ordine e per un altro<br />

sacerdote, Giorgio Parrotta di anni 30, l’Accorinti unitamente ad altri andava in giro di notte a cantare «Viva<br />

Pio Nono, Viva l’Italia, viva la libertà!» 432 .<br />

Il ventiseienne diacono Gaetano Fragomeni, residente al Borgo, testimoniò dicendo che l’Accorinti<br />

si era sempre battuto per mantenere l’ordine pubblico perseguitando il contrabbando. La sera del 23 luglio<br />

vennero il Cesare e l’Accorinti per chiedere aiuto alla guardia nazionale di quella zona, «dicendo che sopra<br />

la città si voleva fare un subbuglio perché aveano disarmato il corpo di guardia» 433 .<br />

Domenico Timpani, proprietario, 43 anni, puntualizzò che in quella notte si era intravisto «un<br />

attruppamento di circa sedici persone armati (sic), e perché sospettava qualche sorpresa al Corpo di<br />

guardia» 434 . Quando il Timpani arrivò sulla piazza, c’erano Benedetto Accorinti e Ilario Muscari con le<br />

guardie nazionali del Borgo che erano nuovamente salite. Accorinti, invece di arrestare i fratelli Sansalone<br />

che avevano antecedentemente disarmato i loro commilitoni, li lasciò allo stesso posto di guardia per non<br />

provocare altri tumulti per cui, affermava il testimone, l’imputato Accorinti andava elogiato. Valido per<br />

capire la dinamica è il motivo riportato dal Timpani, per il quale i disordini dovevano esser riferiti «a<br />

vendette particolari, e perché si cercava in tutt’i costi di farsi sciogliere la guardia nazionale da quelli che non<br />

aveano potuti aver gradi nella stessa, e non già per muovere una guerra civile tra la popolazione di Geraci<br />

con quella del Borgo, poiché a questi individui poco o nulla interessa l’affare della guardia nazionale» 435 . La<br />

testimonianza ci presenta davvero le motivazioni più logiche che potevano essere alla base di tali rimostranze:<br />

ancora una volta è fra la piccola e media borghesia che si accende la lotta per il potere, appoggiandosi<br />

sulle spalle del popolo ignaro - come affermava icasticamente il Timpani - del significato di queste stesse<br />

parole.<br />

Ilario Avitabile, figlio di Gennaro, di anni 28, proprietario, cercò di minimizzare gli eventi successi.<br />

A Gerace, affermava in sostanza, non vi erano persone dai sentimenti antigovernativi, «ma piuttosto, se ve ne<br />

esiste qualcuno, che io non conosco, costui si potrebbe chiamare chiassattone o verboso» 436 .<br />

L’istruttoria proseguiva con le testimonianze relative all’imputato Vincenzo Panetta. Il ricevitore del<br />

Registro e Bollo di Gerace Giuseppe Arcano, di 42 anni, si pronunciò sulla moderazione del medico Panetta,<br />

secondo lui non immischiato in fatti di cospirazione. In relazione al 23 luglio, narrò che il Bufalo e il<br />

Sansalone avevano provocato il Commisso; Filippo Vitale 437 «vedendo un’animosità tra le guardie Nazionali<br />

della Città di Geraci, (...) perché taluni appartenevano al partito cosidetto degli assolutisti, e taluni altri al<br />

partito della Costituzione» 438 , chiese al Del Balzo di intervenire con le sue guardie per mantenere l’ordine in<br />

Città. Il barone Arcano aveva anche sentito dire che le guardie realiste si erano portate al corpo di guardia<br />

disarmando e bastonando quelle che già c’erano. A questo punto venne richiamata la compagnia del Borgo<br />

che ristabilì l’ordine.<br />

La lettura che ne fa l’Arcano è che i fratelli Sansalone e gli altri avessero disarmato e umiliato il<br />

corpo di guardia in relazione ai fatti accaduti tra il Commisso e Gaetano Sansalone e «dall’animosità che<br />

regnava tra il partito della guardia nazionale, che tendeva all’assolutismo, e quello che sosteneva la<br />

Costituzione» 439 . La mattina successiva il ricevitore aveva sentito dire dal nipote Placido Scaglione (su<br />

riferimento di Nicola Stefanelli) che l’oggetto dei Sansalone e degli altri compagni, era quello di uccidere<br />

Panetta e Commisso 440 .<br />

Antonio De Napoli, di anni 34, muratore, di guardia la sera del 23 luglio, raccontava di essere stato<br />

assaltato verso le tre di notte dai fratelli Prestinace, i quali gli intimarono di lasciare il posto di guardia,

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