cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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elemosina per mendicare un tozzo di pane. La vedova pregava il procuratore generale del re di notificare la<br />
citazione del Tribunale a Palizzi dove il figlio momentaneamente lavorava come “manuale di fabbrica” al<br />
servizio del Barone De Blasio «non essendo possibile aver da Gerace la notizia necessaria, viemaggiormente<br />
(sic), che la supplicante vive di elemosina, e non è in grado di spedirgli Corriere, e molto meno la moglie di<br />
esso Macrì, che non è dissimile dalla suocera in quanto alla povertà» 662 . La Pansera, anche lei citata a<br />
presentarsi, era «pronta con la volontà, ma impotente per la vecchiezza, e per la povertà. Mezzi di venir a<br />
cavallo non ha: venire a piedi, è l’istesso, che a morire sulle montagne, o per istrada. Muovetela a pietà e<br />
fatela esaminare dal Regio Giudice. Se Iddio v’ispira, resterà contenta: se no’ si contenta morire per istrada<br />
per ubbidire alla Legge» 663 . Drammatica è questa enunciazione finale dell’implorazione. La donna fa parte<br />
ormai di un sistema volto ad esaltare il nome della giustizia anche a costo di pregiudicare la vita di una<br />
persona 664 .<br />
21. Le controfigure nel processo<br />
Il 18 settembre 1851 la GCC di Reggio Calabria accoglieva la richiesta del detenuto Gaetano<br />
Gallucci di fare «un esperimento di fatto sui detti del testimone» 665 Francesco Sansalone.<br />
Il Gallucci intendeva provare, cioè, che la testimonianza del Sansalone a suo carico era smentita<br />
«dalle posizioni di fatto: perciocché indipendentemente ch’egli non era in casa Del Balzo allorché venne<br />
Aracri, non potea dal luogo dove lavorava vedere, né chi entrava e sortiva dalla stanza Balzo, né davanti la<br />
porta e dal forame della mascatura che vi stava dentro, e i discorsi che in essa asserisce si faceano» 666 .<br />
L’imputato chiese un sopralluogo per verificare siffatte conclusioni. Il 4 novembre successivo, la GCC<br />
ordinò l’esperimento di fatto delegando per tale disimpegno il giudice regio di Gioiosa. Il Gallucci si faceva<br />
rappresentare da Felice Arcano o, in mancanza del medesimo, da Raffaele Longo di Casalnuovo. La verifica<br />
venne stabilita per il 10 novembre alle ore 16. Felice Arcano si rifiutò, però, di assistere alla prova, come<br />
anche il Longo in quanto convalescente. La nomina passò a questo punto ad un avvocato d’ufficio. Il regio<br />
giudice facente da istruttore di Gioiosa, Nicolantonio D’Agostino Condemi, convocava l’avvocato Michele<br />
Rizzuto di Gerace a presenziare, per parte dell’imputato, la perizia presso il Del Balzo 667 .<br />
Il Condemi invitava il sindaco di Gerace Domenico Candida in data 9 novembre 1851, a segnare<br />
«cinquanta sessanta persone di questo Comune, delle quali ha abituale conferenze M.tro Francesco<br />
Sansalone Falegname anche di Gerace; e che fossero indifferenti con D. Gaetano Gallucci non solo, ma<br />
con» 668 Benedetto Accorinti e tutti gli altri imputati politici menzionati nei precedenti atti giudiziari<br />
esaminati. Le cattive condizioni atmosferiche impedirono, però, di realizzare la perizia che venne aggiornata<br />
all’indomani.<br />
Giorno 11 si presentarono a palazzo Del Balzo le 58 persone convocate, il giudice Condemi,<br />
l’avvocato Rizzuto e il testimone Francesco Sansalone il quale, dopo aver prestato il solito giuramento,<br />
indicò le stanze dove lavorava, quelle dove si trovava Aracri con i fratelli Del Balzo e dove si riunirono tutti i<br />
sovversivi, «nonché la porta da dove egli intese, e vide quanto ha deposto» 669 . Poi furono fatti entrare i<br />
falegnami Michele Melia di anni 36 e Giuseppe Aglirà, di anni 26. Il Sansalone ripeté le identiche<br />
indicazioni davanti ai due falegnami i quali pronunzia rono la loro perizia: la panca dove il testimone<br />
Sansalone stava lavorando si trovava nella galleria del palazzo.<br />
Tale punto dista dalla soglia dalla porta d’ingresso della detta Galleria palmi otto. Tra la galleria, e la stanza che resta di<br />
rimpetto, e propriamente in quella dove il Sansalone dice che vi fu la riunione vi è una saletta, la quale prendendo la misurazione da<br />
l’una all’altra porta in linea retta, dista palmi quindici. Quest’ultima sola ha l’ingresso per la parte di mezzogiorno, per dove<br />
gl’individui s’introducono, e quindi possono entrare tanto nella galleria, che nella stanza della voluta riunione.<br />
Nella stanza che sta di rimpetto alla Galleria vi è una bussola d’ingresso, nella quale vi esiste una mascatura dalla parte<br />
interna non solo, ma pure un [congegno] anche dalla parte interna, che si può servar la porta in mancanza della chiave. La cennata<br />
mascatura è una scolina in maniera che dal buco della stessa si può osservar ciò che nella stanza si fa. Beninteso però, che per la<br />
porta interna il buchetto della mascatura resta coverto di una laminetta, ossia valvola di ferro amovibile; epperò quando essa resta<br />
fissa sul buco non si possono osservar le operazioni interne; ma si osservano allorquando si muove lasciando libero il buco, o qualora<br />
non vi esiste fissa la chiave 670 .<br />
I due falegnami aggiungeva, inoltre, che dall’entrata del quarto dell’abitazione dello zio del Del<br />
Balzo (che momentaneamente si trovava a Stilo) «vi esiste un’altra saletta, che dà la comunicazione all’altro<br />
quarto di D. Tommaso, D. Peppino Del Balzo (...) per dove si può anche entrar nella stanza della voluta<br />
riunione, in modo che le persone introducendosi da questo punto, se risaliva non poteva udire, e conoscere;<br />
ma però se Sansalone si trovava in mezzo alla porta della Galleria ove travagliava, poteva anche osservare e<br />
conoscere» 671 .