cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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laureato in lettere a Napoli che sognava fra l’altro l’istituzione di un ateneo nel Distretto di Gerace, era<br />
iscritto alla Giovane Italia. Scozzafave era, dunque, in contatto con i giovani intellettuali della zona se ben<br />
conosceva anche i Martiri di Gerace che «per opera di alcuni tristi, e più per Monsignore Pirrone vennero<br />
passati per le armi» 69 .<br />
Il sacerdote sidernese, assieme ad Angelo Grillo di Bovalino, cominciarono l’attività carbonara.<br />
Grillo, che era guardato a vista dalla polizia, inviava lo Scozzafave presso i vari ministri inglesi, francesi ed a<br />
quello futuro italiano a recare messaggi e lettere poiché non sospetto. Il prete era amico anche di quel medico<br />
Benedetto Accorinti 70 la cui famiglia era originaria di Mileto che, arrestato e condannato per cospirazione,<br />
morirà giovane.<br />
Il 29 gennaio 1848 Ferdinando II concede la Costituzione. Durante i tumulti del 15 maggio, i patrioti<br />
napoletani, tra cui lo Scozzafave assieme ad un centinaio di calabresi con l’Accorinti, prepararono la barricata<br />
in via Toledo per sostenere l’attacco - vincente - dei soldati. Il Grillo di Bovalino venne arrestato e<br />
condannato all’esilio a Roma. Subito dopo toccò all’amico prete (29 agosto 1849). Scozzafave subì<br />
l’interrogatorio del commissario Gaetano De Feo il quale gli chiese di rivela re i nomi dei capi settari. Dopo<br />
alcune ore, durante le quali negò ogni insinuazione del De Feo, veniva relegato in una cella. Scozzafave si<br />
ammalò più volte, soffrendo una prigionìa dura ma, infine, grazie ad una ammenda pagata dal padre alla<br />
polizia, dopo 33 mesi venne liberato e, restando garante l’avvocato Domenico De Felice, dopo un mese, fu<br />
obbligato a partire per la Calabria. Il prete si presentò dall’intendente Amilcare Corrado con il quale ebbe<br />
una diatriba. Dopo un altro periodo di malattia, Scozzafave fece rientro a Siderno: «Vi stava sotto una<br />
strettissima sorveglianza, come attendibile di p[ri]ma categoria, e tutte le lettere mi venivano aperte<br />
dall’autorità locale. Non erano passati che pochi mesi, e cominciarono le perquisizioni in casa» 71 , quando<br />
venne invitato a rinchiudersi nel Convento di Castelvetere. Nuovamente ammalato, fu rimpatriato e nel 1854<br />
subì il processo «per cospirazione con intendimento di rovesciare il governo, e proclamare la repubblica» 72 ,<br />
in conseguenza di una denunzia fatta dal sacerdote Reginaldo Fragomeni. Al processo deposero 76 testimoni,<br />
ma lo Scozzafave non ebbe «che disturbi morali, e null’altro» 73 .<br />
Tra gli urbani che coadiuvavano la gendarmeria e l’esercito nelle operazioni di legge, vi erano alcuni<br />
che serbavano uno spirito liberaleggiante. Il capurbano di Siderno, Luigi Macrì, faceva leggere allo Scozzafave<br />
le circolari contro gli attendibili incaricandolo di farle conoscere anche ai compagni. Nella cittadina il<br />
centro della congiura era la casa del medico e sacerdote Donato Cupìdo.<br />
Ma il 1859 era già foriero di concrete speranze per i cospiratori del Distretto di Gerace. La guerra<br />
infuriava in Lombardia «avegnacché in corrispondenza eravamo con varj comitati di Cittanova come<br />
d’Ardore via Reggio, e noi nella marina mantenevamo acceso il sacro fuoco, tanto che essa era guardata a<br />
vista dall’autorità, come focolare incintivo di rivoluzione, e ciò pel suo florido commercio e per l’occorrenza<br />
dei forastieri» 74 .<br />
Nel 1860 si mosse per «catechizzare i popolani ed ingaggiare volontarj per la rivoluzione. Infatti, il<br />
12 Agosto unito a Nicola Palermo con pochi valorosi di Siderno, Gioiosa, Grotteria, Caulonia, Roccella<br />
movemmo per Serra ove trovasi il maggiore Antonio Garcea» 75 . Il 7 settembre Garibaldi entrò trionfante a<br />
Napoli. Scozzafave, dopo varie avventure, trovandosi a Palmi, si attivava per la recluta volontari. «Di là<br />
movemmo per Cittanuova, Polistina, ed altri paesi, ed in meno di giorni 10 di già eravamo 300. Muovemmo<br />
per Geraci con proponimento nella Marina di Siderno trovare una barca grande, e portarci a Paola, od a<br />
Pizzo, ovvero altrove» 76 . Ma il governatore Antonino Plutino ordinava di portarsi verso Reggio. Nel<br />
novembre 1860, quando scoppiò la reazione borbonica, Scozzafave assieme ai suoi compagni si trovava a<br />
combattere a Pellaro e poi a Messina.<br />
Dopo l’entrata in Reggio, raggiunta una certa calma e ristabilito l’ordine, giunse la notizia di<br />
disciogliere l’esercito dei volontari: Scozzafave partì per deposito a Mondovì dove i cittadini, racconta il<br />
prete rimasto entusiasta, «sono urbanissimi, ospitali oltre ogni dire, affettuosi e di buona fede (...). In tutte le<br />
classi vi regna acquisita educazione, [es]sendo moralissimi, incapaci a defraudare chicchessia (...). Tutti poi<br />
sanno leggere e scrivere, e vi è grande istruzione» 77 . Lo Scozzafave venne dimesso: «Pagato come carne<br />
venduta dal Governo Italiano, me ne venni a Napoli. Ma prima di partire andai a Torino per vedere il<br />
Generale Garibaldi, che mi accolse con quell’amore, che tanto lo innalza» 78 . Scozzafave, deluso, si ritira a<br />
Napoli dove ottiene una pensione mensile di 25,50 lire come danneggiato politico, per interessamento del<br />
Grillo e di Antonio Meli. Nel concludere la memoria «il cappellano lascia trasparire una certa delusione per<br />
l’evoluzione politica dello Stato unitario» 79 .