cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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attribuire, a Vincenzo Panetta e Benedetto Accorinti «i quali quantunque ignoro da quale sinistra idea<br />
potevano essere animati» 421 .<br />
Il dottor fisico Pietro Carpentieri, di anni 36, conferiva risposte molto simili a quelle date da Gennaro<br />
Cesare evitando di compromettere alcuno.<br />
Agostino Giannotti, di anni 32, proprietario, espose il fatto del tentativo di insediamento del Governo<br />
provvisorio facendo i nomi dei fiancheggiatori: Benedetto Accorinti, Vincenzo Panetta, Francesco Cesare e<br />
Gaetano Gallucci, il quale ultimo aveva minacciato il sindaco Migliaccio per aver ricusato l’installazione del<br />
Governo.<br />
Il 21 settembre veniva ascoltato il cancelliere di polizia Antonio Ferrajolo, di anni 50: nel giugno del<br />
‘48 l’Aracri era giunto a Gerace in qualità di commissario installatore del Comitato delle Tre Calabrie,<br />
affiancato da Francesco Del Balzo, Benedetto Accorinti, Francesco Cesare, Vincenzo Panetta, Filippo Vitale,<br />
Gaetano Gallucci, «i quali in casa dello stesso Balzo si univano, e tentavano ogni via perché qui si installasse<br />
un Comitato di Pubblica Sicurezza: però niente si fece per la fermezza del sindaco di allora Sig. D. Ettore<br />
Migliaccio, e di tutti i buoni del Paese» 422 .<br />
Ferrajolo raccontava il contatto che Accorinti ebbe con il Comitato di S. Eufemia; i proclami affissi<br />
nella piazza di Gerace; l’illuminazione del posto di guardia in seguito alla falsa notizia della morte del<br />
Nunziante all’Angitola. Durante i fatti successi il 23 luglio si trovava, invece, a Reggio 423 .<br />
13. Il partito degli assolutisti e il partito della costituzione.<br />
Le ragioni del subbuglio<br />
Il 25 novembre 1848, in relazione all’istruttoria contro l’Accorinti per il tentativo di fare un Governo<br />
provvisorio, venivano ascoltati alcuni testimoni di S. Eufemia. Giuseppe Napoli, farmacista del luogo,<br />
interrogato dal giudice del Circondario di Sinopoli Rocco De Marzo, ebbe a dire che, per detto pubblico,<br />
durante la permanenza degli insorti in quel paese, «vi furono degl’individui del Distretto di Gerace, e fra essi<br />
si nominava un certo Accorinti (...) che circa due, o tre giorni dopo, che gl’insorgenti si erano stanziati ne’<br />
piani della Corona, una donna di quel Distretto, e proveniente come ella disse, da Gerace, recava un plico<br />
bastantemente voluminoso con sopra scritta diretta al Signor Antonio Plutino in Santa Eufemia: prese conto<br />
dal dichiarante per conoscere a chi andava diretta, ed è in questo modo che conobbe tale circostanza indicò<br />
alla donna il testimone» 424 .<br />
Il 9 gennaio 1849, davanti al giudice Nicola Nicoletti della GCC di Reggio, il detenuto Benedetto<br />
Accorinti durante la sua testimonianza negò di essere mai stato in S. Eufemia e di conoscere l’Aracri. In<br />
merito al plico consegnato a Felice Arcano, essendo I° tenente della guardia nazionale di Gerace il piego gli<br />
fu consegnato dal Comitato di Sicurezza Pubblica di S. Eufemia. All’interno «vi erano i bullettini e due<br />
lettere dirette l’una al Ricevitore Distrettuale e l’altra al Cassiere della Strada S. Jejunio in Siderno. Portai<br />
queste lettere al Ricevitore, il quale dopo averle lette m’istruì venirgli chieste le somme esistenti in cassa, e<br />
domandatolo cosa volesse fare, egli mi rispose non esistervi somme» 425 ; ma nel caso ci fossero state erano<br />
soltanto a disposizione del Ministero delle Finanze o del Ricevitore Generale della Provincia. Accorinti si<br />
congeda. Due giorni dopo, consegnò la lettera al cassiere di Siderno il quale rispose che le somme depositate<br />
erano destinate alla strada di S. Jejunio. All’accusa di cospirazione e di voler elevare un Governo<br />
provvisorio, Accorinti rispose di essere stato sempre dalla parte delle «franchigie costituzionali e<br />
nessun’altra forma di Governo dopo di questa» 426 , e di aver scritto soltanto articoli di medicina e non altro.<br />
Il dottor Vincenzo Panetta si dichiarò estraneo ai fatti del 23 luglio, in quanto era in casa ad assistere<br />
il proprio figlio ammalato. Giuseppe Scaglione si difese dicendo che la sera del 23 luglio, in qualità di<br />
sergente, aveva fatto parte del plotone che mantenne l’ordine pubblico.<br />
Il 22 seguente venne interrogato l’avvocato che difese i Martiri, Francesco Cesare. In merito al 23<br />
luglio rispose che «rivestendo la qualità di sergente della guardia nazionale ad oggetto di evitare ogni<br />
sconcerto, mi portai al Borgo verso le ore quattro di notte per chiedere del capitano della Guardia Nazionale<br />
Sig. del Balzo delle guardie» 427 . Ma non trovandole, si diresse al corpo di guardia, dove c’era il sergente<br />
Pantaleo Napoli, il quale fu messo al corrente di quello che stava accadendo nella zona di sopra. Il Cesare<br />
invitò il suo collega a suonare il tamburo per raccogliere rinforzi 428 . Nel frattempo scendevano le stesse<br />
pattuglie che si erano precedentemente inviate a dare man forte per ristabilire l’ordine. Sulla questione<br />
“Aracri”, «siccome in Geraci non vi sono locande ove voleva andare il sudetto D. Gregorio così avendo<br />
saputo che la famiglia del Balzo era assai ospitale, ed era suo costume d’esser tale, si portò in detta casa ove<br />
fu alloggiato una sol sera» 429 .<br />
Il Cesare all’imputazione del tentativo di provocazione alla guerra civile del 23, rispose che tale