cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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stracciava» 579 . L’imputato dichiarava anche di non conoscere l’Aracri e di non averlo mai ospitato in casa<br />
sua, ma seppe in seguito che aveva preso alloggio in casa di un suo zio che aveva stesso nome e cognome<br />
che in quel momento si trovava a Stilo.<br />
Quarta considerazione che Del Balzo annotava in sua difesa era che all’arrivo dell’Aracri egli si<br />
trovava in casa perché indisposto, in compagnia dell’altro capitano della Guardia nazionale Ilario Avitabile,<br />
li presente per la circostanza della malattia. L’Aracri, asseriva Del Balzo, si presentava nella sua abitazione<br />
al Borgo come rappresentante del Governo insurrezionale di S. Eufemia e pretendeva un contingente di<br />
Guardia nazionale. La risposta, fu negativa.<br />
Per quanto riguarda l’esumazione dei Cinque Martiri, questa sarebbe stata ordinata, secondo il suo parere, dai<br />
«migliori soggetti di Gerace, attaccati al Re, sol perché si vociferava doversi all’uopo ivi conferire una imponente<br />
forza di Guardie Nazionali forastiere» 580 . A questo scopo si fece una riunione per progettare il da farsi, alla quale<br />
parteciparono sia il sindaco Migliaccio che Del Balzo. I cadaveri furono esumati dai becchini di Monteleone,<br />
messi a disposizione delle guardie nazionali e composti in casse di abete nel convento dei Riformati. Per quanto<br />
riguarda i becchini, essi vennero a Gerace grazie ad un accordo tra il sindaco di Gerace Ettore Migliaccio e quello di<br />
Monteleone. Il fatto poteva esser testimoniato da Gaetano Spadaro, Nicola Carpentieri e Domenico Loschiavo.<br />
Verso la metà del mese di maggio del 1848, continuava nella sua esposizione, «si seppe in Gerace<br />
che nella notte era disbarcata molta gente Sicula» 581 in quanto lungo il litorale erano state avvistate diverse<br />
luminarie. Del Balzo riunì il corpo di Guardia nazionale ed altri con le armi in pugno «nell’interno della Città<br />
e diedi ordine perché si attaccassero i Siciliani laddove avessero tentato di penetrare in Gerace. Le autorità<br />
tutte del paese si riunirono in casa del Prelato; ed impiegaronsi tutt’i mezzi per sopire le inimicizie che<br />
desisteano in detto luogo per partiti diversi (...) e farsi che tutti concorressero all’opera di cui ho parlato» 582 .<br />
In casa sua poi venivano confezionate le cartucce per affrontare i siciliani. Ma il Del Balzo, capitano<br />
della Guardia nazionale, probabilmente le costruiva per un altro scopo ben diverso dall’affrontare i suoi<br />
compagni rivoluzionari. La cosa risultava chiara da un passaggio seguente del relatore del documento, in<br />
quanto «qualche testimone dice non sapersi se questa munizione serviva veramente per respingere i Siciliani,<br />
e che nel 1847 il Del Balzo si condusse benissimo, ma nel 1848 poi cambiò condotta» 583 .<br />
Il giudice Loschiavo il 19 dicembre 1850 convocò formalmente per un interrogatorio le persone<br />
citate da Giuseppe Del Balzo per verificare se la deposizione corrispondesse alla realtà dei fatti. Gaetano<br />
Briglia testimoniò per le prime accuse a favore dell’imputato: le «autorità locali si son riunite per rappaciare<br />
gli animi esasperati di molti galantuomini primari del paese, non mai per provvedere i mezzi di respingersi i<br />
Siciliani» 584 . Per quanto riguarda il moto del ‘47, sosteneva Briglia, Del Balzo si oppose alla «banda che<br />
volea entrare in questo paese; ma nel 48 poi cambiando condotta si mostrò per lo partito costituzionale» 585 . I<br />
tempi erano maturati. Del Balzo, come altri del suo rango, evidentemente in precedenza non aveva colto le<br />
rivendicazioni e le novità sociali predicate dalle giovani vittime del ‘47. Mastro Antonio Fragomeni, 47 anni,<br />
fabbricatore, testimoniava di ricordare il particolare dell’asportazione del manifesto dalla piazza. Francesco<br />
Malafarina, 53 anni proprietario, vide l’Aracri un giorno dopo il suo arrivo «con un cappello alla Italiana,<br />
con penna nera, avviavasi per la strada detta la piana» 586 e che era stato in casa del Del Balzo. E sulla stessa<br />
lunghezza d’onda, secondo il parroco Giuseppe Antico, il «pubblico (...) assicura essere stato nella di costui<br />
casa» 587 . Il maestro calzolaio Antonio Gatto, di anni 50 588 , raccontava di ricordare che nel mese di giugno del<br />
1848 «corse voce in questo paese che dovean sbarcarsi nel lit(t)orale di Gerace de’ Siciliani» 589 e il Del Balzo<br />
capitano della Guardia nazionale del Borgo aveva dato ordine di resistere ad eventuali attacchi e di<br />
pattugliare continuamente la città. Questi teneva in casa le cartucce e dodici fucili militari a lui regolarmente<br />
consegnati dalle autorità e distribuiti alle guardie nazionali che ne erano sprovviste. Gaetano Crisafio,<br />
bettoliere di anni 46, anch’egli appartenente alla compagnia della Guardia nazionale del Borgo e Girolamo<br />
Alfarone, 36, anni, bracciale, fornivano la stessa versione del Gatto. Giuseppe Alfarone, di anni 38, di<br />
professione vasaio 590 , dichiarava di aver sentito dire che l’Aracri pernottò solo una notte in casa del Del<br />
Balzo. Giuseppe Zangari, di anni 36, bracciale, affermava di non essere stato presente all’arrivo dell’Aracri e<br />
ignora l’ora in cui era giunto, ma che «la mattina seguente son andato in casa Balzo, ed ho veduto nel<br />
quartino di D. Giuseppe del Balzo zio dell’imputato D. Peppino, un forestiere che seppi poi essere Aracri» 591 .<br />
Lo zio si trovava a Stilo «ma il quartino ove l’Aracri abitò era aperto, ed ha la comunicazione» 592 con<br />
l’abitazione dell’imputato. Antonio Staltari, di anni 48 barbiere, affermava di essere stato chiamato dal<br />
capitano Del Balzo per vigilare e mantenere l’ordine nel Borgo quando era giunta la voce dell’arrivo dei<br />
siciliani. Pasquale Scaglione, di anni 42, proprietario e legale, narrò che nel 1848 il canonico Sculli «a nome<br />
di questo degnissimo Monsignor Vescovo, venne ad invitarmi ad una riunione di gentiluomini, che due<br />
giorni doveva aver luogo nell’Episcopio» 593 alla presenza dello stesso mons. Perrone per tentare di conciliare