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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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L’accusa narrava che, condotto da Gaetano Spadaro, l’Aracri era stato accolto da Giuseppe e<br />

Francesco Del Balzo nel palazzo dove si sarebbe riunito, dopo poche ore, tutto il gotha rivoluzionario<br />

geracese. Dopo che i reiterati inviti di appoggiare il progetto non erano stati raccolti dal sindaco Migliaccio,<br />

l’emissario Aracri abbandonò l’impresa.<br />

Intanto giungeva la notizia che le truppe del generale Nunziante avevano subìto la disfatta nella<br />

Calabria Ulteriore Seconda, tanto che la notte stessa vollero «festeggiarla, con gridi, luminaria, e schiamazzi<br />

(...) gridando ad alta voce Viva la libertà! Viva i Siciliani! Viva Carlo Alberto! Viva Pio IX! Abbasso i<br />

Tiranni!; ed insultando fin dentro le domestiche mura tutti gl’individui attaccati all’ordine, non escluso quel<br />

degno Prelato, ed il Sotto-Intendente» 607 .<br />

L’informazione dopo poche ore veniva riconosciuta falsa per cui i rivoluzionari, supponendo di<br />

essere stati segnalati nei rapporti inviati alle Autorità giudiziarie per i disordini provocati, sequestrarono il 2<br />

luglio 1848 le carte al cancelliere di polizia Antonio Ferrajolo.<br />

La Corte accusava, in definitiva, Giuseppe Del Balzo, Gaetano Fragomeni, Benedetto Accorinti,<br />

Vincenzo Panetta e Gaetano Galluci «di aver violato tombe, o sepolture, riconosciute ed autorizzate dalla<br />

pubblica Amministrazione, nonché di discorsi in luoghi pubblici, e scritti stampati diretti a spargere il<br />

malcontento contro il Governo» 608 .<br />

Ai 24 individui veniva formulata l’imputazione di «cospirazione di attentato contro la sicurezza<br />

interna dello Stato, ad oggetto di distruggere, e di cambiare la forma di Governo» 609 ; inoltre: Vincenzo<br />

Panetta, Giuseppe Scaglione, Pasquale Ameduri, Benedetto Alfarone, Gaetano Gallucci, Francesco Cesare, e<br />

Antonio Portaro «di sottrazione, ed involamento di carte, e registri che trovansi depositati per ragion della<br />

sua qualità presso il Cancelliere di Polizia in Gerace Antonio Ferrajolo» 610 ; nonché degli altri capi d’accusa<br />

che abbiamo riportato nei capitoli precedenti.<br />

Con un documento firmato il 10 aprile 1851, Benedetto Accorinti presentava ricorso alla Gran Corte<br />

Speciale adducendo tre motivi a sua discolpa. Per prima cosa si appellava allo Statuto costituzionale, laddove<br />

l’art. 83 stabiliva che non era possibile creare dei tribunali straordinari «sotto qualunque denominazione; ed<br />

aggiunge, non intendersi con ciò derogare allo Statuto Penale Militare» 611 . La seconda motivazione veniva ad<br />

interessare l’incompetenza di celebrare questo tipo di processo dalla Corte Speciale, poiché mancava la<br />

motivazione, il movente preciso di un fatto non dimostrato. La tesi sostenuta dall’Accorinti partiva dal fatto<br />

che non erano presenti gli estremi giuridici per dare una condanna, poiché per sussistere la definizione<br />

dell’accusa «deve concorrervi l’estremo che si sia cominciato o commesso un atto prossimo alla esecuzione<br />

di detto misfatto» 612 . In ultimo, riferendosi alle elegie messe a stampa dal diacono Fragomeni in memoria dei<br />

Martiri del ‘47, l’Accorinti faceva notare che per «la natura di esse non potevano attaccare né l’ordine<br />

pubblico, né il Re (...); conciocché sarebbe stranissima cosa il supporre che una flebile canzone, od una lode<br />

tutt’alpiù potesse ingenerare offesa o malcontento contro del Governo» 613 .<br />

Sulle medesime posizioni si attestavano i ricorsi di Vincenzo Panetta e Giuseppe Scaglione 614 .<br />

Dall’avvocato difensore Giacomo Foti, in Cancelleria fu anche depositata la difesa di Francesco Cesare 615<br />

con la quale si sollevavano le stesse motivazioni dei precedenti. E così anche il legale del diacono Gaetano<br />

Fragomeni compiva il medesimo atto, presentando il 10 aprile 1851 il ricorso avverso la decisione della GCC<br />

di Reggio. La motivazione ricorrente era che non esistevano gli elementi per le imputazioni addotte,<br />

rifacendosi a quanto stabilito dalla stessa legge. La volontà di creare un comitato di pubblica sicurezza non<br />

voleva significare, dice il Fragomeni, voler cambiare governo. «Si dice Fragomeni volea riuscisse Aracri nel<br />

suo indegno proponimento: e sia stato pure così; un semplice piacere, o dispiacere non mena a pena» 616 ,<br />

terminando con la massima latina “Res judicata pro veritate accipitur”. Sulla violazione di tombe, Fragomeni<br />

si difendeva asserendo che «dopo la confezione dei Campi Santi non esistono più Sepolcri» 617 .<br />

Sulla medesima scia si attestavano Benedetto Alfarone, Giuseppe Pancallo e Gaetano Gallucci 618 .<br />

Quest’ultimo, per quanto concerne la venuta dell’Aracri, si difendeva asserendo che il progetto<br />

dell’emissario non fu accettato ne’ compiuto e che nei fatti di Gerace «non vi è stato se non un diverbio, una<br />

discussione come suole avvenire, allorché trattasi di cose controverse, di cui a fine è stata la non accettazione<br />

del progetto, inimputabile» 619 . Per la violazione di tombe «manca la materia punibile: perciocché si ha<br />

violazione di Sepolcri tutte le volte che tanto si esegue con animo di ontare la religiosità delle umane<br />

reliquie; o di abusare di un Sepolcro» 620 , presupposti assenti per poter procedere all’accusa di tale reato. In<br />

sostanza, i corpi vennero esumati per dare una degna sepoltura e non certamente per oltraggiarli.<br />

Il Del Balzo il 21 marzo 1852 rassegnava una memoria con la quale fa la cronistoria della sua<br />

vicenda, riassumendo le accuse prodotte contro di lui: violazione di tombe, cospirazione ed attentato, per le<br />

quali il P.M., nella tornata del 16 febbraio, chiese l’esilio perpetuo dal Regno a carico dell’imputato. La<br />

Corte Speciale il 18 dello stesso mese «esitò la causa, ritenendo, la mancanza dei caratteri del reato

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