20.05.2013 Views

cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

L’indagine del giudice regio di Gerace continuava. Il 22 giugno successivo assieme al cancelliere<br />

Vitale si recavano a Canolo (dove permarranno fino al 23) per potenziare l’istruttoria. Nella qualità di teste<br />

Pietro Pedullà, di anni 47, bettoliere di Canolo, giurava sulla tranquillità dell’imputato, bocca del quale mai<br />

aveva inteso voci allarmanti né di politica né di comunismo. Ed anche per l’altro teste Francesco Barbaro di<br />

anni 56, possidente di Canolo, «nessuna notizia allarmante è circolata in questo paese (...) ed il contegno<br />

serbato da Paolo Ferraro, che ha qui dimorato in qualità di mastro muratore, è stato di uomo tranquillo» 306 .<br />

Medesime testimonianze rendevano Paolo Longo, 34 anni, bettoliere; Francesco D’Agostino, 60 anni,<br />

conciapelli, e Pietro Paolo Macrì di anni 48, altro bettoliere, tutti di Canolo.<br />

Le deposizioni testimoniali continuavano a susseguirsi. La polizia voleva assicurarsi che la mala<br />

pianta fosse circoscritta e radicalmente estirpata, senza lasciare radici pericolose. Il 22 giugno si presentava<br />

davanti al giudice di Gerace Giuseppe Multari, di anni 25, contadino di Canolo, compagno di lavoro del<br />

Ferraro, il quale asseriva di non aver mai «inteso profferire al medesimo voci allarmanti contro il Real<br />

Governo e segnatamente quelle di dovere, cioè avvenire una rivoltura per dividere le proprietà de’<br />

particolari» 307 . Altra teste è Veneranda Siciliano di anni 50, contadina di Canolo, che «in qualità di<br />

giornaliera ne’ principi dello mese andante assisteva il muratore Paolo Ferraro trasportandogli acqua e pietra<br />

per la fabbrica che egli faceva in questo abitato per conto della famiglia Teotino, e non mi fu dato mai sentire<br />

che esso Ferraro discorresse di affari di Governo e di prossime concertate rivoluzioni per dividere i beni» 308 .<br />

Maria Femia di anni 30, contadina (anch’essa lavorava per il Ferraro trasportando acqua) e Nunziata Lupis di<br />

26 anni, contadina, che abitava vicino alla casa in restauro dei Teotino, testimoniavano a favore del Ferraro;<br />

così anche Lucrezia Sansalone, 62 anni, contadina, che «come vicina della casa che i Signori Teotino di<br />

Geraci han fatto degli accommodi, così sono stata a luogo di vedere giornalmente travagliare Paolo Ferraro<br />

di Geraci, il quale tranne di aver cantato delle canzoni senza offendere alcuno, non pronunziò nessun discorso<br />

sovversivo» 309 . E per finire altri due verbali favorevoli all’imputato: quello di Rosario Multari, di anni 60,<br />

contadino, e di Nicola Cortale, contadino, di anni 40.<br />

Il 25 giugno le convocazioni avvennero nel palazzo di giustizia di Gerace. A deporre venne chiamato<br />

Giuseppe Corrado, di anni 25, sacerdote, parente dell’imputato: «Mio cugino entrò nella mia casa dietro mio<br />

invito, mentre voleva unirmi con lui per andare a caccia, e fermatosi un poco per attendermi mi domandò<br />

così cugino è vero che il giorno dodici di questo mese dovrà succedere una rivoluzione» 310 il quale, però,<br />

continuava il sacerdote, non rivelò, però, la fonte «donde egli avesse attinto quella insulsa notizia. Mio padre<br />

che si trovò presente alla sudetta domanda non si informò neppure della sorgente di essa» 311 . Bruno Corrado,<br />

confermate le ragioni addotte dal figlio circa la presenza del nipote a casa sua, ad un certo punto, «domandò<br />

se fosse vero che il giorno 12 di questo mese dovesse avvenire un movimento popolare per dividersi la<br />

proprietà. Io nulla risposi né chiesi donde avesse attinto tale notizia» 312 .<br />

A deporre venivano chiamate altre persone di Gerace che evidentemente conoscevano l’indole del<br />

giovane muratore. La prima fu Teresa Carabetta, 28 anni, contadina, che dichiarò di non aver mai sentito il<br />

Ferraro pronunciare discorsi offensivi contro il governo. Tra l’altro aggiunse, ed è questa la novità: «So che è<br />

creditore di D. Bruno Corrado di una somma di ducati venti o trenta ma non mi consta che per tale motivo od<br />

altro vi sono dei dissapori fra di loro» 313 . Una notizia che sconvolge tutta l’impostazione processuale perché<br />

vede un uomo dabbene, il Corrado, doversi prestare soldi da un umile lavoratore, anche se suo parente.<br />

Altre testimonianze furono fornite in favore del Ferraro da Giuseppe Carabetta di anni 30, “ferraro”;<br />

Domenico Macrì, di anni 28, muratore, il quale aveva stipulato un contratto con la famiglia Teotino di<br />

Gerace per riattare l’abitazione di Canolo assieme all’imputato: durante la permanenza con l’imputato «non<br />

intesi dire d’aver il medesimo manifestato idee liberali od altro, e per quanto a me consta è affezionato al<br />

Real Trono» 314 . Confermavano la buona condotta dell’imputato: Giuseppe Briglia di anni 48, gioielliere;<br />

Domenico Cesare, di anni 77, proprietario; Vincenzo Rippa di anni 36, possidente, e Benedetto Napoli di 52<br />

anni, venditore di generi di privativa.<br />

I verbali finiscono presso la GCC di Reggio Calabria dove il «Pubblico Ministero (...), letta la Reale<br />

Amnistia del 25 volgente mese richiede arrestarsi ogni procedimento penale, ed ordinarsi che il Ferraro fosse<br />

scarcerato» 315 . È evidente che, di fronte alle travolgenti testimonianze a favore dell’imputato, la legge<br />

risponde come se si fosse benignata, attraverso l’amnistia, di consentire la scarcerazione e non invece far<br />

valere il diritto a chi era stato platealmente assolto.<br />

Ma l’epopea borbonica volgeva al tramonto. Concitate comunicazioni avvenivano tra la periferia e<br />

gli organi centrali dello Stato sui nuovi proclami rivoluzionari calabresi. Il Distretto di Gerace non rimase<br />

immune dai disordini. Con lettera del 1 agosto 1860 l’intendente ff. di Reggio D. Spanò Bolani informava il<br />

ministro dell’Interno: «Da diversi rapporti del Sottintendente di Gerace, rilevo che varii disordini sono<br />

avvenuti in alcuni Comuni di quel Distretto, ed altri potrebbero avvenirne» 316 . Secondo il funzionario reggino

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!