cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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guerra. I fedeli borbonici, invece, fantasticavano data la sua giovane età, una sua provenienza dalla corte. Per<br />
i liberali il Sottintendente era certa mente legato alla stessa famiglia del Pasquale Calenda che nel 1821<br />
abbandonò la carica di Procuratore Generale dell’Alta Corte «per non rompere fede alla costituzione<br />
giurata» 228 . Egli dal canto suo si era predisposto positivamente nei confronti di Gerace grazie ai ricordi<br />
lasciati dal suo amico Gaetano Cammarota 229 .<br />
Gli amici del suo predecessore divennero subito anche suoi intimi: Pietro Migliaccio, Domenico<br />
Candida, Giacomo Scaglione (che assolveva la funzione di giudice supplente), Francesco Lombardo<br />
(chiamato Ciccio), il canonico Capogreco, il marchese Ilario Avitabile «liberale, si ma non attendibile e tanto<br />
cauto da essere mantenuto come ufficiale delle poste, anche perché non si pensasse che tra’ nobili di Gerace<br />
non fosse uniforme il colore» 230 .<br />
Tra i personaggi geracesi, il Calenda ricordava con affetto Pietro Migliaccio, galantuomo durante il<br />
Regno delle Due Sicilie con i liberali e dopo l’Unità «verso i fedeloni guardati in cagnesco» 231 e comunque<br />
«il più amato e riverito in Geraci» 232 nei tempi nuovi. Ma tre erano le persone che rimarranno scolpite nella<br />
memoria del Calenda: il poeta Ilario Muscari Tomajoli (arrestato politico nel ‘47), Domenico Briglia<br />
(chiamato affettuosamente Mico) e Bruno Colloridi. Intorno a queste tre figure ruotano le vicende raccontate<br />
dal Calenda.<br />
Durante la permanenza del funzionario, il poeta Muscari Tomajoli aveva circa 50 anni, «alto, della<br />
persona ben composta, capelli lunghi, folti tra neri e grigi, dalla faccia rosea, rotonda, aperta, con due occhi<br />
vividi, lucidi, sorridenti quali possono essere quelli d’un bambino; tanta v’era d’ingenua bontà. Una specie di<br />
zimarrina grigia, sbottonata, che di anni ne contava, il colletto della camicia rovesciato, una cappellaccio<br />
nero, floscio dalle falde larghe, su le ventitré, allora proibito ma nel poeta tollerato» 233 . Quasi sempre ospite<br />
dell’Avitabile, componeva versi in onore della Madonna e dei martiri del ‘47 e talmente era la simpatia della<br />
cittadinanza che non si osava perseguitarlo.<br />
Mico Briglia, basso di statura, nelle grazie del poeta Muscari Tomajoli, era il segretario di gabinetto<br />
del sottintendente e «in cuor suo nutriva un’avversione che mal celava verso i fedeloni ed una pietà gentile<br />
verso tutti gli attendibili politici» 234 . La figura di Mico Briglia ci viene descritta in tutta la sua interezza dal<br />
Calenda come una persona onesta e dai sentimenti genuini che difendeva il “suo” sottintendente sia da fedeloni<br />
che da attendibili. E in quel turbinare non sfuggì a Mico Briglia che la «fede politica [del sottintendente]<br />
non era troppo ortodossa» 235 .<br />
Il terzo personaggio che Calenda riporta nella sua memoria è Bruno Colloridi, di fede liberale, intimo<br />
amico di Tomajoli e commesso dell’ufficiale di posta Ilario Avitabile. Queste persone erano del cosiddetto<br />
«partito giovane, quello della marina, capitanato da Pietro Migliaccio, e questi ed altri possessori di palazzi<br />
antichi e giardini in città anteponevano alla jattura propria il bene della città natìa» 236 . È evidente in questo<br />
passaggio la volontà di alcuni benestanti geracesi, fin dalla metà di quel secolo, di fondare la Marina di<br />
Gerace. Il Colloridi avrebbe voluto aprire un negozio sul litorale per incentivare la popolazione a<br />
trasferirvisi, ma non aveva il becco di un quattrino. La somma venne data in forma di prestito personale dal<br />
Calenda, ma un’avarìa del barcone che portava il materiale ordinato ostacolò il progetto del Colloridi<br />
facendo perdere anche i soldi al funzionario.<br />
Nella memoria il funzionario riporta la presenza a Gerace di una figura sacerdotale: alla richiesta del<br />
Calenda di sapere chi fosse il mitico cavaliere X gli viene risposto: «È il padron nostro (...). È il pedagogo<br />
dei Sottintendenti» 237 . Una figura ieratica che può disporre della vita degli altri, un Deus ex machina che<br />
governa al posto del Re in persona. Calenda nel cavaliere X ha voluto nascondere, per ovvi motivi, chi realmente fosse<br />
l’uomo senz’altro facente parte di una delle famiglie più potenti di Gerace: «Diritto, impettito, rari capelli<br />
grigi ingommati sul cranio e per questo non più lucido, gli occhi vaganti, un sorriso che voleva parere di<br />
degnazione ed era brutto ghigno, vestito di nero, incesso dignitoso; il nastro fiammante dell’ordine di<br />
Francesco Primo all’occhiello» 238 . Secondo la testimonianza del Calenda era «uno di questi signorotti,<br />
influente per ricchezze od aderenze di famiglia e per servigi fatti al governo, e segnatamente contro i<br />
demagoghi» 239 , che erano i poveri attendibili, continuamente spiati e perseguitati. Per questi servigi i<br />
“fedelissimi” ottenevano le medaglie e la nomina ad importanti incarichi come nel caso del cavaliere X,<br />
citato come pezzo grosso, a cui era stato assegnato il mandato di capo urbano della Città. Ma nonostante<br />
questo «il Cavaliere dei Geraci di più alta risma, disdegnava anche tale carica, ed era come di diritto il<br />
consigliere anziano, aulico dello intendente o del sottintendente, ma in diretto e segreto carteggio col<br />
ministro di polizia ed anche col re» 240 . Si delineava un personaggio tetro; un novello don Rodrigo che si<br />
permette di disdegnare la carica di capo urbano; un uomo ricco che aveva amicizie con le alte sfere e che<br />
«non tollerava eguali» 241 .