cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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Governo provvisorio che doveva essere presieduto da Filippo Vitale. La testimonianza del Briglia, allineata<br />
con quanto asserito più o meno dai Realisti, proseguiva nei dettagli denunziando i fautori 384 che, comandati<br />
dall’Accorinti, si sarebbero soffermati a schiamazzare sotto la residenza del Vescovo, il palazzo della<br />
Sottintendenza e «sotto il palazzo dell’ex Sindaco Sig. Migliaccio, che attacca con quello di questa Sotto<br />
Intendenza, dopo terminata la cantilena si disse non affacciano perché temono si carogni» 385 . In ultimo<br />
avvalorava la tesi che soltanto Cesare, Accorinti e Panetta dovevano essere considerati i veri colpevoli di<br />
quanto successo, eliminando ogni ombra di dubbio su tutti gli altri imputati 386 .<br />
In particolare, Rocco Arena, di anni 50, proprietario, sul Governo provvisorio deponeva “per detto<br />
pubblico”; mentre in merito al 23 luglio affermava che trovandosi in piazza fra tanta gente riunita, venne a<br />
conoscenza che alla Sottintendenza era arrivata una ministeriale con la quale veniva disposta che tutta la<br />
guardia nazionale doveva essere insignita di coccarda rossa. Racconta che accostandosi a<br />
quell’attruppamento udì il Bufalo con la coccarda in testa esclamare «con alterigia presentando il berretto chi<br />
ha coraggio che venghi a togliermi la coccarda» 387 . Indispettito dalla baldanza del Bufalo, il caporale<br />
Commisso si fece a diligenziarlo.<br />
Dopo il diverbio col Bufalo, entravano in scena i fratelli Aglirà e «questionavano sull’istesso quesito,<br />
suppongo, se potevano o pur no gl’individui che non erano guardie portare la coccarda rossa» 388 . Un quarto<br />
d’ora dopo vide azzuffarsi il Commisso con il Sansalone «ed un gruppo di gente che tratteneva l’uno, e<br />
l’altro per non battersi» 389 . Nello stesso momento «s’intese una voce, allarmi fate fuoco, ed immantinente la<br />
guardia di quel giorno prese posto» 390 . Ignorava chi avesse dato quest’ordine, ma ricorda di aver visto<br />
passeggiare sulla piazza, ormai sgombra da tutto quell’affollamento di gente, Pasquale Scaglione. La<br />
Guardia nazionale comandata da Francesco Prestinace abbandonava, intanto, il posto di guardia e il Sindaco<br />
Migliaccio invitava il capitano della guardia nazionale del Borgo Francesco Del Balzo ad intervenire. Dopo<br />
mezz’ora, Gaetano Gallucci con la propria formazione si insediava nel posto di guardia di piazza del Tocco,<br />
a cui si univano anche le guardie nazionali Giuseppe e Vincenzo Pancallo, Giuseppe Antico e Giuseppe Scaglione. La<br />
squadra cominciò a pattugliare l’abitato riuscendo a ripristinare l’ordine.<br />
A notte fonda, Giuseppe Antico si portò a casa dell’Arena chiedendo di caricargli un fucile «e mi<br />
soggiungeva si trovava riunita nel luogo detto la Tribuna in questo abitato» 391 col proposito di mantenere<br />
l’ordine. C’era aria pesante, poiché il plotone che aveva abbandonato il posto di guardia intendeva riprendere<br />
possesso della postazione nel frattempo occupata dalla guardia del Borgo. Dall’attuale via Zaleuco udì,<br />
afferma Rocco Arena, «un avanzato calpestìo (...) ed ebbi così l’opportunità di vedere in vari punti fazioni di<br />
guardie nazionali; la fazione che si tratteneva sotto li signori Giannotti all’avvicinarsi di quelle persone, che<br />
(...) si dirigevano verso questa piazza, ha gridato Alto chi è la’, ed allora fu che accorsi la voce di D.<br />
Vincenzo Sansalone che dirigeva quella forza adunata, che da sopra s’incamminava per questa piazza, che<br />
gridò guardia carogna, non vi muovete, e così aggruppata tutta quella gente armata comandata dal Sansalone<br />
frettolosa col Sansalone stessi corre» 392 impossessandosi del posto di guardia. In quell’attruppamento,<br />
ovviamente, c’erano i fratelli Melia e Francesco Prestinaci che avevano abbandonato precedentemente la<br />
postazione.<br />
Subentravano i rinforzi del Borgo. L’Arena notava una ventina di armati giungere dalle Bombarde.<br />
Dal posto di guardia si levò una voce: «Chi è fate fuoco. E la guardia del Borgo risponde non vi movete, non<br />
vi movete: in questo mentre si corrissano entrambe le forze nazionali, si aggruppano, si salutano con<br />
mazzate» 393 . A questo punto arrivò il provvidenziale intervento del marchese Gennaro Avitabile che<br />
chiamò all’ordine la guardia nazionale tramite il caporale della compagnia del Borgo Benedetto Alfarone al<br />
quale era stato detto «di non far fuoco perché li avrebbe bruziati» 394 . Quest’ultimo, come detto<br />
prima, con grande senso di responsabilità aveva rassicurato il marchese che tutto sarebbe ritornato alla<br />
tranquillità. Le guardie del Borgo riuscirono, comunque, a riprendere posizione nel posto di guardia ed<br />
impossessarsi di alcune armi che appartenevano all’altro plotone, ma l’Accorinti, per evitare ulteriori<br />
provocazioni che avrebbero portato a chissà quali conclusioni, diede l’ordine di restituire le armi e di lasciare<br />
il posto di guardia: la dimostrazione della loro forza era stata evidentemente sufficiente. La conclusione<br />
dell’Arena era che «una annosa antipatia vi esiste tra la maggior parte de’ borghesi con quelli di questa Città:<br />
io ignoro i particolari» 395 .<br />
Il parroco Vincenzo Lia, 55 anni, poiché abitava al Borgo, asseriva di non poter fornire dettagli e il<br />
farmacista Paolo Frascà, di anni 33, di conoscere il fatto dell’Aracri «per pubblica voce» 396 . Per quanto<br />
riguarda il 23 luglio, pur essendo la sua farmacia situata in piazza del Tocco, poiché era intento al suo lavoro,<br />
non aveva seguito tutti i particolari della vicenda, ma che, comunque, dopo lo scoppio della rissa aveva visto<br />
intervenire Pasquale Scaglione per sedarla. Ricordava l’episodio dell’illuminazione e dei proclami<br />
incendiari affissi al posto di guardia indicando Cesare, Accorinti e Panetta come gli autori principali