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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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veniva comunicata la sua destituzione dalla carica di ricevitore e si intimava di consegnare la somma della<br />

cassa nelle mani dell’emissario Accorinti 312 . Al rifiuto di Arcano, il cospiratore si allontanava.<br />

La storia prosegue con l’arrivo di Gregorio Aracri a Gerace che si mette subito in contatto, tramite<br />

Gaetano Spadaro, con i fratelli del Balzo, i quali, assieme agli altri liberali geracesi, si riunivano ogni sera<br />

«per concertare lo stabilimento del governo provvisorio, e si dicea di più che D. Filippo Vitale dovea essere<br />

il Presidente del comitato stesso» 313 .<br />

Invitato diverse volte ad aderire al progetto, il sindaco Migliaccio si oppone fermamente. Addirittura<br />

gli venne spedita un giorno «la vettura per farlo scendere al borgo, e perché fermo il Sindaco nei proponimenti<br />

gli restituì la vettura vuota» 314 . Il Migliaccio, nella sua testimonianza, resa al giudice Falletti il 12<br />

settembre 1848, affermava che verso la fine di giugno si era notata in paese l’assenza dell’Accorinti e di<br />

Gaetano Spadaro, tanto da far sorgere il sospetto di un loro presunto contatto con il Governo provvisorio di<br />

S. Eufemia, «e da colà avea fatto ritorno con incarico di verificare le pubbliche casse» 315 di Gerace, Roccella<br />

e Siderno. Francesco Del Balzo, intanto, si faceva portavoce dell’Aracri presso il Sindaco per fissare un<br />

incontro, senza esito positivo. Allora l’emissario salì ad incontrare il Migliaccio, che rimase, però, sulle sue<br />

posizioni. Due delle lettere provenienti da S. Eufemia, precisava il Migliaccio, erano dirette ai rispettivi<br />

capitani della Guardia nazionale di Gerace 316 . L’accusa dell’affissione dei manifesti nel posto di guardia<br />

venne rivolta allo stesso Panetta, il quale premeva il Sindaco di affiggere anche quelli in suo possesso.<br />

Dopo la comparsa di Aracri a Gerace, il Migliaccio narrava che presso la sua abitazione si erano<br />

portati Tommaso Commisso e Ilario Muscari Tomajoli per consegnare una lettera e degli stampati per conto<br />

dell’Aracri. Poiché le carte miravano a impiantare anche nel Capoluogo jonico un identico Comitato,<br />

continua, «ho creduto mio dover di non prestarmi, e di unirmi a’ moderati che formano la classe la più<br />

numerosa di questa Città» 317 .<br />

La voce circolante sulla disfatta del Nunziante all’Angitola aveva indotto i liberali geracesi, pilotati<br />

da Vincenzo Panetta, ad illuminare il posto di guardia e ad affiggere il volantino Alla vittoria delle Tre Ca labrie.<br />

Viva Carlo Alberto , «ed in quella circostanza vi fu anche illuminazione nella casa de’ fratelli Vincenzo,<br />

e Giuseppe Pancallo, e nella bottega di Vincenzo Larosa» 318 .<br />

La mattina del 23 luglio 1848 «fu destinata nel posto di guardia una sezione di uomini moderati» 319 :<br />

Vincenzo e Francesco Rippa, Michele ed Antonio Melia, Domenico Carneri, Michele Gozzi e Domenico<br />

Prestinaci, comandati dal sergente Francesco Prestinaci. In mattinata era arrivato l’ordine che la Guardia<br />

nazionale dovesse «indossar la coccarda rossa» 320 . Il tenente Panetta diede l’ordine di strapparla a coloro che<br />

indebitamente (in quanto non appartenenti alla Guardia nazionale) l’avessero avuta appuntata. Carmine<br />

Bufalo e Francesco Aglirà per primi subirono tale imposizione per opera del sergente Giuseppe Scaglione.<br />

Nello stesso tempo il caporale Tommaso Commisso, appartenente alla compagnia del Borgo Maggiore,<br />

mentre si accingeva a perquisire Gaetano Sansalone, per vedere se portasse armi addosso, ricevette da questi<br />

un colpo di bastone. Le guardie erano pronte a far fuoco, ma l’intervento dei fratelli Scaglione, secondo le<br />

testimonianze, avrebbe sedato provvidenzialmente la briga. In quella circostanza Giuseppe Ameduri era<br />

sceso al Borgo «per invitare in ajuto i borghesi, e gridando andava dicendo Salite perché i Realisti ci<br />

vogliono ammazzare» 321 .<br />

Ritorna comunque la calma. Il posto di guardia veniva occupato da una compagnia del Borgo al<br />

comando del tenente Gaetano Gallucci. Avversi al partito dei Realisti, Gallucci ed i suoi si trattennero in giro<br />

per il paese fino alle tre di notte, dopodiché smontarono e ritornarono al Borgo. Ma la squadra comandata dal<br />

Prestinace (fra cui anche i fratelli Vincenzo, Gaetano e Pasquale Sansalone), nuovamente riunita intorno alla<br />

mezzanotte, si era appostata nel luogo detto “S. Gregorio”. L’aggregazione era stata avvistata dal 1° tenente<br />

Benedetto Accorinti che si diresse immediatamente al Borgo «onde far salire nuovamente quella guardia che<br />

se ne era scesa. Intanto la compagnia di Prestinace concentrata sulla piazza, s’impossessa del corpo di<br />

guardia, disarmavan taluni» 322 , tra cui Giuseppe Pancallo che si porta sul luogo chiamato «S. Dominico e<br />

chiamando in soccorso i borghessiani, così si esprimeva Currite fratelli, perché i Realisti hanno ucciso<br />

Benedetto Alfarone, e Gaetano Spadaro» 323 . Il Pancallo barava per convincere gli abitanti del Borgo a salire<br />

con più slancio e motivazione.<br />

I liberali Francesco Cesare e Placido Scaglione scesero al Borgo e conferitisi al posto di guardia<br />

fecero suonare il tamburo per riunire la gente e indurla a portarsi nella zona alta di Gerace, spargendo anche<br />

loro la voce che due della fazione erano stati sacrificati. Era l’anticamera della guerra civile. Una consistente<br />

truppa salì agguerrita. In piazza del Tocco dal posto di guardia «grida una voce chi è, fate fuoco. Quelli del<br />

Borgo dell’altra banda rispondono non vi muovete» 324 , finché arrivati corpo a corpo vennero alle mani. Una<br />

zuffa generale scoppiò tra le due forze della Città, narra la cronaca giudiziaria, sedata dalla figura imponente<br />

del marchese Avitabile, che affacciatosi dal suo balcone, richiamò tutti all’ordine.

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