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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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crucifige degli scribi e dei farisei. Nell’opuscolo stampato a sua difesa egli afferma che i rivoltosi di Calabria<br />

erano la parte eletta della <strong>società</strong> 311 . Ed accennando ai fucilati li chiama Martiri di buona causa i cui nomi<br />

vorransi ricordare pietosamente dai figli nostri 312 . Certamente un pensiero da plaudire quello del Nunziante,<br />

tuttavia invalidato dal non aver salvato i giovani quando poteva farlo.<br />

Le avvenute esecuzioni furono trascritte nel registro degli atti di morte 313 della Cattedrale<br />

dall’arciprete Vincenzo Bova:<br />

A due ottobre 1847 nel largo della Piana, perché si ribellarono contro all’Augusto Nostro Sovrano proclamando la<br />

Costituzione gli giovini sconsigliati D. Michele Bello di Siderno figlio di D. Domenico, D. Pietro Mazzoni di Roccella figlio di D.<br />

Giuseppe, D. Gaetano Ruffo di Bovalino figlio di D. Ferdinando, D. Domenico Salvadori di Bianco del qm. D. Vincenzo e D. Rocco<br />

Verduci di Caraffa figlio di D. Antonio venne una numerosa truppa di linea spedita dal Re nostro Signore Ferdinando I(I)°,<br />

comandata dal Sig. Generale D. Ferdinando Nunziante, e dietro sentenza della Commissione Militare, furono fucilati e seppelliti<br />

nella Chiesa dei PP. Riformati; si confessarono e furono assistiti da cinque confessori fino al momento della fucilazione, cioè da me<br />

arciprete Bova, dai Sigg. canonici D. Antonio De Mujà, D. Giovanni Sculli, D. Vincenzo Geraci, D. Domenico Antonio Frascà.<br />

Geraci 2 ottobre 1847.<br />

Un’altra registrazione fu redatta dal Comune di Gerace 314 .<br />

Arciprete Vincenzo Bova.<br />

Dopo la fucilazione il Nunziante lasciò a Gerace una guarnigione al comando del colonnello Rosaroll e giovedi 7 ottobre,<br />

accompagnato dal Bonafede, si mise in viaggio a capo della sua colonna mobile per i paesi a nord del Distretto. Dopo aver passato la<br />

notte a Siderno, il giorno successivo la comitiva si spinse fino a Roccella e il 9 torna verso Gioiosa, dove il Generale emana l’ordine<br />

di disarmo. L’attraversamento dei paesi rappresentava il riappropriarsi nuovamente del territorio alla fine di un combattimento che<br />

non c’era stato. Nunziante nel proseguire verso Mammola, il 10 si separa da Bo nafede che ritorna a Gerace. I soldati varcano il Passo<br />

della Limena per scendere fino a Palmi.<br />

Quaranta imputati di 2° grado furono liberati dalle carceri con la sovrana indulgenza del 17<br />

novembre e mandati a domicilio coatto, e 18 «abbandonati al potere giudiziario» 315 . L’11 gennaio 1848<br />

l’Intendente di Reggio comunicava al Sottintendente di Gerace le persone che dovevano rimanere assicurati<br />

al braccio della giustizia 316 perché imputati complici di I° grado. Essi erano: Giuseppe Scali di Mammola,<br />

Ferdinando Massara di Ardore, Domenico Antonio Grillo di Bovalino, Carlo Oliverio da Reggio, Girolamo<br />

Polizzi di Bianco 317 , Domenico Gemelli di Bianco 318 , Pietro Zarzaga di Bianco, Giovanni Medici di<br />

Brancaleone 319 , Antonio Gemelli di Bianco 320 , Vincenzo Scordo di Bianco 321 , Vincenzo Misiani di<br />

Brancaleone, Ferdinando Ielasi di Bianco, Francesco Salvatore di Bianco, Bruno Martelli di Staiti, Giovanni<br />

Andrea Martelli di Staiti, Giovambattista Martelli di Staiti, Giuseppe Cimato di Siderno, Raffaele Cortolano<br />

di Roccella, Pietro Certomà di Roccella 322 , Giuseppe Cortolano di Roccella, Giuseppe Martelli di Roccella.<br />

Queste risoluzioni trovano riscontro ancora in un rapporto del sottintendente di Gerace Sabatelli del<br />

18 gennaio 1848, il quale comunicava al suo superiore di Reggio le notizie «per taluni arrestati da passarsi<br />

alla dipendenza del potere Giudiziario» 323 .<br />

Il 30 Novembre 1847, il sottintendente ff. di Gerace Giuseppe De Nava accusava di aver ricevuto il<br />

foglio dell’intendente di Reggio del 25 riportante le sovrane risoluzioni a favore di una riabilitazione dei<br />

complici di secondo grado. Per effetto del Sovrano rescritto venivano scarcerati i gregari tranne, comunicava<br />

il De Nava al suo superiore in un’altra lettera del 30 novembre, Antonio Froio di Guardavalle, «il quale posto<br />

nel novero dei rivoltosi, come seguace della Banda era uno di coloro che evasero in quei momenti di<br />

trambusto da codeste Prigioni centrali» 324 . Altri 12 imputati erano stati liberati, ma costretti «a domicilio<br />

forzoso diverso dal proprio» 325 e costantemente vigilati dalle autorità preposte. I dodici che avevano<br />

beneficiato della Sovrana indulgenza che si trovavano ristretti nella prigione distrettuale di Gerace erano:<br />

Domenico Macrì (da Mammola a Grotteria)<br />

Nicodemo Macrì (da Mammola a Maropati)<br />

Gregorio Barillaro (da Mammola a Polistena)<br />

Vincenzo Pulitanò (da S. Agata a Casignana)<br />

Giuseppe Procopio (da Ardore a Ciminà)<br />

Antonio Zappavigna Mercuri (da Ardore a Portigliola)<br />

Giuseppe Gemelli (da Bianco a Casignana)<br />

Vincenzo Scordo (da Bianco a Oppido)<br />

Giovanni Medici (da Brancaleone a Staiti)<br />

Fortunato Ielasi (da Bianco a S. Agata)<br />

Pasquale Scozzafave (da Siderno ad Ardore)<br />

Domenicantonio Mittica (da Platì a Bovalino)

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