cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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Altri esami testimoniali riferiscono come «nel Carnevale del 1850 di casa Parise fosse uscita<br />
maschera significante l’uomo in ischiavitù ed il mondo alla rovescia quasi volesse mettersi insativa (sic) il<br />
ritorno dell’ordine; che Amaduri si era amico dei noti rivoltosi Romeo, e Plutino. Che il Romeo in Villa S.<br />
Giovanni consegnolli sacchi di denari, ed i Siciliani un barile di polvere per far cartucce. Che in Castelvetere,<br />
in parlando con Plutino, avesse detto di essere il Re perduto. Che promuoveva il comunismo non solo<br />
l’Amaduri, ma Pellicano-Castagna, D’Agostino, Lucà. Che quest’ultimo dicendosi di mettersi alla testa del<br />
popolo, onde far ripartire i beni comunali» 191 . Risulta evidente, in quest’ultimo contesto, la matrice<br />
rivoluzionaria indirizzata verso la rivendicazione delle terre usurpate dai vecchi e nuovi possidenti.<br />
Addirittura il Pellicano-Castagna, nella qualità di esattore del Dazio Regio, aveva fatto pubblicare un<br />
documento che invitava la gente a non pagare la fondiaria.<br />
Alle accuse, l’Amaduri rispondeva che «fu sempre inveterato il costume della riunione di amici in<br />
casa sua fino al 1849. Che ivi era onesto il divertimento fino a far rappresentare delle com[m]edie in un teatrino»<br />
192 ; che i proclami del Governo provvisorio di S. Eufemia erano stati da lui stesso inviati nelle mani<br />
dell’intendente De Nava, ricusando tutti i carichi a lui addebitati circa l’arruolamento volontario di truppe da<br />
inviare all’Angitola, e «che fe’, non appena seppe di non piacere al Re (N.S.) abbassare dal campanile di S.<br />
Rocco il vessillo tricolore» 193 . In quanto alla rimozione dello stemma reale dal corpo di guardia, asseriva<br />
Amaduri, la colpa non era da attribuirsi a lui e lo stesso stemma si conservava nel medesimo locale dove vi<br />
erano anche i mezzibusti dei sovrani. Alla notizia della concessione dello Statuto, proseguiva ancora, le<br />
stesse immagini erano state festeggiate sul balcone del suo palazzo accendendo delle candele, facendo<br />
«sparare de’ mortaretti, dando ancor festa nella sua galleria» 194 . Quanto detto dall’accusa, continuava il possidente<br />
di Gioiosa, era frutto di calunnie da parte di suoi nemici personali: il medico Giuseppe Tutino,<br />
Pasquale Oppedisano e Vincenzo Longo.<br />
Anche Vincenzo Logozzo ed il farmacista Raffaele Logozzo si difendevano ritenendo di essere<br />
vittime in quanto amici intimi del’Amaduri. E così Raffaele Parise per il quale la riunione era stata<br />
innocente, «ove egli come Maestro di Cappella vi suonava il pianoforte» 195 . Per Raffaele Gentile, infatti, il<br />
Parise «in casa Amaduri andava perché questi era deputato della Banda Musicale, ed ivi si concertava la<br />
musica, della quale Parise era Maestro» 196 . Vincenzo D’Agostino riferiva che lo stesso Parise non si era<br />
allontanato da Gioiosa, neanche per andare a visitare suo fratello Lodovico, che si trovava «in Monteleone da<br />
bandista nella fanfara de’ carabinieri comandata dal Generale Nunziante» 197 .<br />
Testimonianze a sfavore dei convenuti erano state date anche da un gruppo di ragazzi. Secondo un<br />
altro degli accusati, il farmacista Giuseppe Mantegna, durante il banchetto le grida dei festanti avevano<br />
provocato la curiosità di alcuni ragazzi intervenuti con una bandiera bianca, a sua volta fugati perché<br />
«guidati da D. Giuseppe Piscioneri, gridarono abbasso la costituzione, vi taglieremo la barba, morte ai<br />
liberali; ed a questi insulti altro non si rispose dai commensali che Viva il Re, viva la Costituzione» 198 . Anche<br />
per lui e per il giovane studente Beneamino Bruzzese, le calunnie sarebbero state avanzate da parte dei<br />
farmacisti Agostino D’Agostino e Giuseppe Condemi e dai medici Enrico D’Agostino e Giuseppe Totino,<br />
per rivalità dovute alla professione 199 .<br />
Il settantenne Pellicano-Castagna si difendeva attribuendo la colpa al “servente” comunale che<br />
avrebbe diversamente operato rispetto agli ordini dati. Il legale Francesco D’Agostino, affermava di essere<br />
nel mirino, odiato perché in attività di legale per difendere «gl’innocenti calunniati» 200 ; mentre il diacono<br />
Vincenzo Taverniti rispondeva alle accuse dicendo che nel luglio 1848 era a Roccella per riscuotere, nel<br />
corso della festa della Madonna delle Grazie, delle somme per conto del giudice Regio Perrone» 201 . Tutti gli<br />
altri avanzeranno delle tesi in comune a quanto esposto: invidie, rancori, gelosie professionali, odi personali<br />
tra famiglie di opposte fazioni. Soltanto a Giuseppe Salerno veniva data l’aggravante di aver preso parte alle<br />
bande armate dell’Angitola anche se era stato «coverto (...) dalla reale indulgenza de’ 9 maggio 1851» 202 .<br />
Molte sono le testimonianze a favore degli imputati. Da quella di Francesco Tutino e Giuseppe<br />
Marando si rileva che moltissimi giovani frequentavano la casa dell’Amaduri solo per puro divertimento,<br />
dove spesso «concertavano com[m]edie, e suonate in Musica» 203 . Antonio Palermo, Lucà, Bruzzese, Tutino e<br />
Logozzo prestavano dei servizi in casa dell’Amaduri in qualità di scrivani ed in cambio questi dava loro un<br />
mensile col quale potevano pagarsi gli studi a Napoli. A favore dell’Amaduri veniva a questo punto resa una<br />
testimonianza del sottintendente di Monteleone Giuseppe De Nava, il quale afferma che all’epoca in cui nel<br />
1848 faceva le funzioni da intendente, «erasi tentata una sommossa per comunismo in Castelvetere (...) fu<br />
informato che ad una colonna di truppe di linea, e di così dette Guardie Nazionali colà spedite per reprimere<br />
gl’insorgenti, e far ripristinare l’ordine si erano lungo il cammino uniti per rafforzarla diversi capitani della<br />
guardia suddetta, tra quali D. Vincenzo Amaduri» 204 .