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cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica

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nazionale. La situazione provocò dissesti in tutto l’Impero: il movimento liberale, dila gato negli stati<br />

tedeschi, consente di attuare diverse rivendicazioni democratiche. Tali sconvolgimenti ebbero immediate<br />

ripercussioni in Italia, provocando la reazione di Venezia e Milano.<br />

Ferdinando, il precedente 5 marzo, aveva notificato l’entrata del suo Regno nella Lega italica<br />

proponendo un congresso per arrivare ad un accordo. «Mancava però nei contraenti la sincerità e la buona<br />

fede. Carlo Alberto, meditando la guerra contro l’Austria, non vedeva sufficiente ai suoi disegni una<br />

semplice alleanza difensiva e non offensiva; Leopoldo ed il Papa, non ignorando le mire egemonistiche del<br />

Re di Sardegna, agivano con sospetto e con circospezione; Ferdinando fiutava nella lega un mezzo per<br />

definire la questione siciliana» 48 . Tra incertezze e progetti egemonici «con tale discordia negli intenti, nei<br />

mezzi, nelle aspirazioni, la lega italica doveva necessariamente risolversi, come si risolse, in un bel sogno di<br />

politica sentimentale» 49 . Secondo il De Sangro, nella strategia piemontese «si voleva dunque che Napoli<br />

combattesse per l’indipendenza italiana, e primo frutto di vittoria doveva essere la perdita dell’indipendenza<br />

sua, e da potente stato doveva addivenire come è oggi Provincia di Sabaudo Regno» 50 .<br />

Intanto, Ferdinando firmava alcune concessioni per la Sicilia attraverso la mediazione inglese di lord<br />

Mintho; convocava il Parlamento a Palermo, al quale affidava la redazione della Costituzione sul modello di<br />

quella del 1812; nominava un Ministero per gli Affari della Sicilia ed emanava altri provvedimenti. Le<br />

proposte venivano respinte dai siciliani, in quanto non prevedevano il ritiro delle truppe borboniche<br />

dall’isola; poi chiedevano che il re si intitolasse delle Due Sicilie e non del Regno delle Due Sicilie, che<br />

l’isola fosse governata da un viceré nominato tra i membri della Famiglia Reale, la conservazione della<br />

bandiera tricolore, di battere propria moneta, che i pubblici uffici venissero amministrati dai siciliani ed altre<br />

istanze complessivamente respinte il 22 marzo da Ferdinando.<br />

Il 25 giunse la notizia della rivoluzione nel Lombardo-Veneto. Nella Capitale Partenopea<br />

cominciarono le dimostrazioni anti-austriache, lo stemma dell’Imperatore venne staccato dal palazzo della<br />

Legazione e bruciato. Seguì la rottura tra l’Austria e le Due Sicilie. I napoletani rivendicavano un intervento<br />

armato nella guerra d’indipendenza. Il Re cercò in tutti i modi di risolvere la crisi ministeriale. Le proposte<br />

del radicale Aurelio Saliceti di adottare un programma di riforme adatto al regime costituzionale 51 fu respinto<br />

dal Monarca. L’incarico venne allora affidato il 3 aprile a Carlo Troya che presiedè un consiglio, composto<br />

da moderati, nel quale Ferdinando accettava alcune proposte fatte a suo tempo dal Saliceti entro certi limiti, ma programmaticamente<br />

importanti 52 .<br />

I reiterati tentativi di separatismo promossi dal Parlamento siciliano portarono ad un inasprimento<br />

dei rapporti con Napoli. Il 13 aprile i vertici siciliani decretarono la decadenza della dinastia Borbone<br />

provocando non pochi problemi. Ferdinando, conseguentemente, il 18 aprile rispose con una protesta<br />

controfirmata dal governo. Da Torino arriva un delegato per sollecitare l’intervento dell’esercito napoletano<br />

nella guerra d’indipendenza. In un primo momento fu decisa la partenza di un corpo militare e il Re firmò un<br />

decreto rivolto ai cittadini del Regno col quale si comunicava l’adesione alla guerra. Ma i timori di un<br />

inasprimento della resistenza in Sicilia, condizionarono la partenza delle truppe a varie riprese.<br />

A Gerace, intanto, si lavora per l’armamento della Guardia nazionale. Il sottintendente Sabatelli<br />

dispose il ritiro, presso il comune di Casalnuovo, di 400 fucili per mezzo di un distaccamento comandato da<br />

un sergente 53 . Il capitano Francesco Del Balzo, avendo ricevuto l’ordine a notte fonda, manifestava<br />

l’impossibilità di radunare le guardie «trovandosi la maggior parte (...) nelle campagne» 54 , per cui invitava il<br />

funzionario di aggiornare il servizio. Ma i fucili ancora non erano stati consegnati neanche al sindaco di<br />

Casalnuovo che sollecitava il Sottintendente di Gerace a rimandare l’operazione per il 28. Per il trasporto<br />

vennero disposte dal Sabatelli 10 vetture della parte alta della Città e 4 del Borgo Maggiore 55 . Il sindaco di<br />

Casalnuovo, però, affermava Sabatelli, «senza ragione sufficiente si è ricusata consegnare i duegento fucili a<br />

saldo dei 400 che presso di lei si attrovano per conto di questo distretto, prevenendola che provocherò le<br />

disposizioni del Signor Intendente onde il nolo de’ Vaticali se ritorneranno nuovamente, vadano a di lei<br />

carico» 56 . Dopodiché venne ordinato di spedire le vetture al comando del sergente Smiraldo Fragomeni. Ma<br />

il supposto rifiuto del capitano Del Balzo di procedere a questo secondo prelievo, irritò il Sottintendente il<br />

quale, dopo aver chiesto le ragioni, dispose una nuova spedizione di guardie 57 . Evidentemente c’era chi<br />

giocava dietro le quinte, in quanto non mancavano le tensioni provocate da gruppi politici opposti. Intanto il<br />

sergente Fragomeni si era presentato nella piazza principale di Gerace per recarsi a Casalnuovo ma «gli<br />

veniva ingiunto dall’usciere D. Bruno Colloridi di partire con sole sei vetture» 58 con la speranza di trovarne<br />

delle altre in Casalnuovo. Alle perplessità manifestate dal Fragomeni, cosciente di arrivare nella tarda serata<br />

e di non trovare tanto facilmente altre vetture, l’usciere del Comune rispose che la partenza era rimandata al<br />

5 maggio. «Come dunque Sig.r Sotto-Intendente venne ella tutto all’opposto informata?» 59 si chiede il Del

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