Eleonora Panizzi - Public Administration

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fatto dannoso, la precisa determinazione del danno si presenti difficoltosa. 56 Se d'altra parte in capo al dipendente condannato definitivamente per reati contro la pubblica amministrazione viene accertato un patrimonio di cui lo stesso non può fornire alcuna giustificazione plausibile, appare ragionevole che questo debba essere acquisito alla pubblica amministrazione danneggiata e non lasciato nelle mani di colui che si è approfittato della pubblica funzione. Per quel che concerne il danno da disservizio esso si verifica ogni qualvolta amministratori e agenti pubblici, abusando delle loro funzioni per fini di profitto personale, realizzano una lesione del buon andamento e della imparzialità amministrativa: esso consiste cioè in una strumentalizzazione vera e propria delle funzioni pubbliche con violazione delle prescrizioni penali, amministrative e dei precetti costituzionali di cui all'art. 97. 57 Il danno da disservizio è stato indicato quale conseguenza di una disorganizzazione della struttura burocratica dedita all’illecito esercizio di pubbliche funzioni, con evidente mancata resa del servizio e mancata resa della prestazione lavorativa 58 . Per la prova del danno da disservizio la giurisprudenza non ritiene sufficiente la sola presunzione della violazione dei doveri d'ufficio ma richiede la prova specifica; tuttavia per la quantificazione del danno medesimo si ritiene sufficiente il ricorso al potere equitativo di cui all'art. 1226 c.c., trattandosi di un pregiudizio economico di difficile valutazione 59 . 56 Cass., sez. II, sent. n.1201/1998. 57 Rientra nel danno da disservizio il danno conseguente allo sviamento di energie lavorative dei funzionari (C. conti, sez. giur. Veneto, 06.05.2003, n. 598; id, sez. giur. Lombardia, n. 722/2004; C.conti, I, n. 340/2003) che, a fronte della retribuzione percepita, non abbiano reso all’amministrazione un’adeguata controprestazione lavorativa in conformità ai doveri d’ufficio poiché, durante l’espletamento dei loro compiti d’ufficio avrebbero compiuto attività illecite, sottraendo tempo ed energie ai loro compiti istituzionali. Il danno derivante dallo sviamento dalle finalità istituzionali dell’ente ha natura patrimoniale e consegue alla condotta illecita del funzionario pubblico che determini una significativa alterazione del rapporto sinallagmatico tra la prestazione dell’attività lavorativa e la retribuzione percepita. In sostanza, tale danno si verifica qualora il pubblico dipendente utilizzi la sua funzione e l’orario di lavoro per svolgere attività, siano esse lecite o meno, estranee ai doveri d’ufficio, con conseguente nocumento per l’amministrazione che corrisponde una retribuzione senza ottenere la dovuta esatta contropartita. Al riguardo è bene precisare, però, che la denominazione utilizzata in alcune occasioni di “danno da disservizio” non appare esatta perché il danno in questione si verifica indipendentemente dalla qualità del servizio che l’amministrazione eroga alla collettività, dipendendo esclusivamente dalla rottura del rapporto sinallagmatico fra prestazione lavorativa eseguita e retribuzione percepita. 58 C. conti, sez. giur. Umbria,n. 315/2001. Il danno da disservizio è stato evidenziato anche in ipotesi dove il dipendente non rende la propria prestazione lavorativa all'amministrazione, come nel caso di un funzionario tributario che, abusando delle sue funzioni ed in violazione dei doveri di imparzialità ed esclusività, abbia svolto attività di consulenza fiscale per conto di privati ricavandone, poi, profitto personale (C. Conti, sez. Friuli Venezia Giulia, n.35/2001). 59 C. conti, sez. centrale II, n.125/2000; C. conti, sez. giur. Umbria, n.511R/2001. 124
Infine per quel che concerne il danno all'immagine 60 , esso si fonda sulla circostanza che le condotte illecite poste in essere da funzionari pubblici risultano lesive del prestigio e dell’immagine che i consociati hanno dell’amministrazione pubblica e, più in generale, dello stesso Stato. Le condotte illecite poste in essere dai pubblici dipendenti che pretendano od ottengano somme di denaro (non dovute) violano infatti l’art. 97 Cost. che sancisce il dovere di imparzialità ed il principio di buon andamento dell’amministrazione provocando, quale conseguenza immediata e diretta, la lesione dell’immagine e del prestigio dell’ente pubblico. In proposito è stato autorevolmente precisato che la lesione dell’immagine è un effetto diretto ed immediato dell’accertamento dell’abuso della pubblica funzione che causa secondo comune esperienza, un deterioramento del rapporto di fiducia tra la cittadinanza e l’istituzione pubblica, la quale viene percepita come entità non affidabile, talvolta finanche nemica, finita nelle mani di soggetti dediti a perseguire soltanto propri illeciti interessi particolari. 61 Il danno all’immagine non consiste esclusivamente in una diminuzione patrimoniale certa ed attuale già verificatasi, bensì è un pregiudizio economico che si dipana anche per il futuro in quanto l'amministrazione, nel ricostruire una corretta visibilità di sé stessa e nel recuperare la fiducia presso i cittadini, non può limitarsi ad episodici strumenti di divulgazione e di presa di distanza dall’attività posta in essere dall'amministratore o funzionario infedele ma deve realizzare una graduale e continua azione di miglioramento dell'efficienza e della produttività dei servizi resi alla collettività, incrementando la propria trasparenza e rendendosi controllabile dalla pubblica opinione: queste azioni di miglioramento hanno chiaramente dei costi i quali non è giusto siano addebitati esclusivamente sulla collettività ma devono gravare anche su coloro che hanno sottomesso l'immagine pubblica ad azioni di tornaconto privato, strumentalizzando per fini egoistici le pubbliche funzioni. E’ pertanto da respingersi l'opinione dottrinale per cui il danno all'immagine deve essere risarcito solo in quanto 60 La risarcibilità del danno all'immagine della P.A. innanzi alla Corte dei conti rappresenta ormai un approdo univoco sia per la Magistratura contabile che per la stessa Corte di Cassazione: C. conti, sez. I, 07.03.1994 n. 55; id., sez. II, 27.04.1994 n. 114; id., sez. giur. Lombardia, 24.03.1994 n. 31; id., sez. giur. Umbria, 23.05.1995 n. 211; id., sez. giur. Umbria, 10.02.1995 n. 20; id., sez. giur. Lombardia, 12.01.1996 n. 133; id., sez. giur. Sardegna, 14.04.1997 n. 372; id., sez. giur. Campania, 23.04.1998 n. 29; id., sez. I, 28.04.1998 n. 10; id., sez. giur. Sicilia, 04.05.1998 n. 179; id., sez. giur. Umbria, 28.05.1998 n. 628; id., sez. giur. Piemonte, 07.06.1999 n. 1041; id., sez. riunite, 28.05.1999 n. 16/99/QM; id., sez. giur. Lombardia, 15.12.1999 n. 1551; id., sez. giur. Lombardia, 18.05.2000 n. 672; id., sez. I centr. app., 25.03.2002 n. 96; Cass., Ss. Uu., 25.06.1997 n. 5668; id., Ss. Uu., 25.10.1999 n. 744; id., Ss. Uu., 04.04.1998 n. 98. 61 C. conti, II, 26, n. 27A/2004. 125
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Eleonora Panizzi L’ALTO COMMISSAR
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CAPITOLO I INTRODUZIONE ALLA FIGURA
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Senato della Repubblica, Commission
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