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Eleonora Panizzi - Public Administration

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standards che promuovono l’azione interna e facilitano la cooperazione internazionale.<br />

Alcuni di questi testi si fondano su un approccio selettivo al problema, proponendosi di<br />

intervenire su alcuni aspetti-chiave; altri invece affrontano la corruzione in termini<br />

generici, occupandosi tanto delle misure di prevenzione, quanto dei meccanismi<br />

sanzionatori nonché dei profili di controllo della corruzione, prevedendo altresì<br />

meccanismi di assistenza tecnica nell’applicazione delle norme convenzionali ai Paesi<br />

che ne facciano richiesta. Questo sforzo normativo e di indirizzo va certamente<br />

apprezzato, ma occorre anche tenerne presente i limiti: nel caso delle convenzioni<br />

trascorrono normalmente anni tra la firma e la ratifica, necessaria all’entrata in vigore<br />

del programma convenzionale e quindi alla produzione di effetti concreti; spesso poi si<br />

evidenzia un notevole scarto tra le intenzioni dichiarate e la concreta messa in opera di<br />

azioni specifiche; a questo si aggiunge la debolezza intrinseca ad una strategia<br />

internazionale, la quale si fonda su un approccio generico alle problematiche, necessario<br />

a conciliare le diversità dei vari ordinamenti nazionali. L’adozione di convenzioni è solo<br />

un primo passo significativo nella lotta comune alla corruzione: la volontà espressa<br />

deve essere seguita da un’effettiva azione nazionale di mantenimento degli impegni<br />

assunti in sede convenzionale. In particolare si rileva un atteggiamento contraddittorio<br />

del governo italiano nel conformarsi agli impegni assunti in ambito internazionale se si<br />

pensa al c.d. scudo fiscale (d.l. 350 del 25 settembre 2001, proposto dall’allora Ministro<br />

dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti e convertito nella legge 409 del 20<br />

novembre 2001). Questa legge consiste in una sanatoria che permette ai capitali<br />

esportati illegalmente nel resto del mondo di ritornare in Italia, dietro pagamento di<br />

un’ammenda, e di fatto consente deliberatamente il riciclaggio di denaro proveniente da<br />

attività illecite ed il suo utilizzo. In tal modo si favorisce altresì la perdita definitiva<br />

delle informazioni relative al tragitto del denaro sporco. Il provvedimento in questione,<br />

oltre ad essere moralmente e giuridicamente deprecabile e irrilevante come contributo<br />

finanziario, è apertamente in contraddizione con le intenzioni di contrastare il<br />

riciclaggio di denaro sporco, manifestate contemporaneamente a livello internazionale:<br />

infatti nell’ottobre 2001, nell’ambito della riunione del G7, i Ministri delle Finanze dei<br />

Paesi membri avevano sottoscritto l’Action Plan to Combat the Financing of Terrorism,<br />

programma composto da misure di breve periodo finalizzate a bloccare i flussi di<br />

capitali sporchi destinati a finanziare gli atti di terrorismo, cui era seguita una seconda<br />

riunione nel febbraio 2002 con lo scopo di monitorare l’effettivo perseguimento degli<br />

obiettivi stabiliti. Accordi analoghi furono siglati alla fine del 2001 dalla comunità<br />

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