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Eleonora Panizzi - Public Administration

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Alla luce delle finalità preventive proprie dell'organismo, sembrerebbe sussistere in<br />

capo alle pubbliche amministrazioni un obbligo di collaborazione con lo stesso durante<br />

l'intero procedimento: le amministrazioni interessate dalle attività di indagine e<br />

monitoraggio debbono cioè provvedere ad inoltrare qualsiasi informazione e<br />

documentazione richiesta dalla struttura anti-corruzione, compatibilmente con le<br />

limitazioni dell'art. 3. Pertanto ancorché l’atto conclusivo del procedimento innanzi<br />

all'Alto Commissario risulti essere una valutazione nella quale la struttura, analizzate le<br />

cause dell'illiceità, indica all'amministrazione le misure più adeguate per contrastarla e<br />

prevenirla, nel corso del procedimento all’organismo anti-corruzione è dato di rivolgere<br />

F.P.Luiso, Richiesta informazioni alla p.a. (voce), Enciclopedia del diritto: della richiesta di informazioni<br />

alla pubblica amministrazione, rilevante nel processo civile nell’economia dell’istruzione probatoria, si<br />

occupa l’art. 213 c.p.c. La richiesta di informazioni è ammissibile là dove per la dimostrazione del<br />

proprio diritto la parte non deve esibire il documento della pubblica amministrazione, perciò non sono<br />

suscettibili di essere oggetto della richiesta di informazioni fatti che devono essere provati attraverso la<br />

produzione del documento. La richiesta di informazioni ha lo scopo di eliminare dall’istruttoria lacune o<br />

incertezze. Parte della dottrina afferma che la richiesta di informazioni ha per oggetto fatti secondari ed ha<br />

lo scopo di far luce non su temi immediatamente rilevanti per l'accertamento dei fatti controversi, bensì<br />

sempre e soltanto su situazioni collaterali di sfondo la cui conoscenza sia utile al fine di una migliore<br />

messa a fuoco di quelli. Peraltro la restrizione così operata non è accettabile: è vero che spesso le<br />

informazioni avranno ad oggetto dati di interesse generale, però questo non è l'unico possibile oggetto<br />

dell'informazione ex positivo iure. La richiesta deve essere relativa a fatti e documenti<br />

dell'amministrazione stessa. Un primo problema attiene alla qualificazione giuridica dell'attività della<br />

pubblica amministrazione, vuoi che essa fornisca le informazioni richieste, vuoi che si rifiuti oppure<br />

ometta di rispondere: ci si chiede se tutto questo costituisca l'esercizio di un potere autoritativo, e se<br />

pertanto l'attività, positiva o negativa, della pubblica amministrazione sia da qualificare come un<br />

provvedimento amministrativo. Ove poi le informazioni siano rese, analoga questione riguarda la<br />

possibilità di sindacare le modalità con le quali la pubblica amministrazione ha adempiuto alla richiesta.<br />

Nel senso che l'operato della p.a., sia in caso di rifiuto, sia in caso di risposta, vada inquadrato fra l'attività<br />

pubblicistica e quindi abbia le caratteristiche e la disciplina giuridica di un provvedimento<br />

amministrativo, si esprimono già implicitamente la Relazione al progetto definitivo del codice (secondo la<br />

quale l'articolo 213 c.p.c. non impone un obbligo coercibile e pertanto l'ente pubblico può sempre rifiutare<br />

le informazioni, quando ritenga che possano essere nocive al pubblico interesse) ed una pronuncia di<br />

merito (app. Firenze 12.02.1971); ed esplicitamente una sentenza della Suprema Corte secondo la quale è<br />

pacifico che la p.a. conserva di fronte alla richiesta di informazioni ogni potere di determinazione<br />

discrezionale di non accedere o di accedere alla richiesta, e che tali determinazioni assumono carattere di<br />

atti amministrativi iure imperii (Cass. 18.04.1968, n. 1153, in Giust.Civ., 1968, I, 1150). Nello stesso<br />

ordine di idee, parte della dottrina afferma che le determinazioni della pubblica amministrazione<br />

assumono carattere di provvedimenti amministrativi istituzionali ed insindacabili (Barone, Massari,<br />

Redenti), oppure che per la mancata risposta alla richiesta non è prevista alcuna sanzione (Andrioli). Non<br />

sembra però che l'impostazione sia accettabile perché ritenere sic et simpliciter discrezionale il mero<br />

rifiuto di fornire le indicazioni richiesti, senza individuare la finalità cioè l'interesse pubblico cui questo<br />

potere è ricollegato, significa in realtà evadere dalla discrezionalità per sconfinare nella libertà o peggio<br />

nell'arbitrio; in secondo luogo perché non ha senso qualificare come provvedimenti amministrativi solo<br />

l'attività conseguente alla richiesta di informazioni senza coordinare questa qualificazione con gli altri<br />

mezzi probatori coinvolgenti la pubblica amministrazione. Pertanto si ritiene sanzionabile e coercibile il<br />

rifiuto della p.a. di rendere le informazioni (Cass. 18.07.1980, n. 4722); a fronte di risposte inconcludenti<br />

e lacunose è possibile reiterare la richiesta, precisandolo ulteriormente (Cass. 10.12.1984, n. 4034; Cass.<br />

04.02.1985, n. 737); si è quindi ritenuto possibile configurare una responsabilità per omissione di atti<br />

d'ufficio a carico del funzionario, incaricato di rendere le informazioni (pret. Roma 30.10.1980, Rass.<br />

Avv. St.1980, I, 874; trib. Roma 14.10.1981, ivi, 1981, I, 873). In quest’ottica anche parte della dottrina<br />

(Fermo, Carnelutti, Costa). Perché l’eventuale rifiuto possa considerarsi legittimo, non sembra sufficiente<br />

il richiamo a non meglio precisate ragioni di interesse pubblico; sarà invece necessario che le<br />

informazioni richieste non entrino in collisione col segreto d'ufficio.<br />

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