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Eleonora Panizzi - Public Administration

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sottoposto ad una disciplina privatistica, già prima della riforma del pubblico impiego<br />

del 1993 35 .<br />

La disposizione, strutturata in termini esemplificativi e non tassativi, può essere<br />

interpretata alla luce dell’orientamento giurisprudenziale e dottrinale prevalente che,<br />

come abbiamo avuto modo di osservare, ricomprende nel novero delle amministrazioni<br />

pubbliche soggetti che, ancorché aventi forma privatistica, svolgono funzioni<br />

sostanzialmente pubblicistiche, quali le società per azioni a partecipazione pubblica.<br />

Questa interpretazione trova d’altra parte conferma nei fatti concreti, proprio<br />

considerando che l’Alto Commissario ha dato il via alla propria attività di indagine,<br />

verificando l’adeguatezza del controllo dirigenziale e l’idoneità delle procedure sugli<br />

35 E. Altieri, Considerazioni sulla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilità di<br />

amministratori e dipendenti degli enti pubblici economici, intervento n. 1 pubblicato su<br />

http://www.corteconti.it. La giurisprudenza delle Sezioni Unite sottrae alla giurisdizione contabile il<br />

contenzioso sulla responsabilità degli agenti degli enti pubblici economici [sent. Ss. Uu. 02.10.1998,<br />

n.9780]. Per la Corte dei Conti viceversa l'esercizio di attività d'impresa non è concettualmente, né<br />

giuridicamente incompatibile con l'esercizio di attività pubblicistiche. Inoltre, è opportuno rilevare che la<br />

scelta difensiva del campo pubblico o privato non è astratta, ma avviene spesso in vista di ottenere una<br />

maggiore libertà di azione. Così che lo stesso soggetto, che da una parte invoca lo status di imprenditore<br />

per sfuggire alla giurisdizione della Corte dei conti, dall'altra si appella alle sue speciali prerogative o alla<br />

sua missione d'interesse pubblico per sottrarsi alle regole comunitarie in materia di concorrenza e di aiuti<br />

di Stato. Un decisivo supporto sistematico pare rinvenirsi nella nozione di impresa pubblica tratta<br />

dall'ordinamento comunitario. La definizione di impresa pubblica è contenuta nella direttiva della<br />

Commissione 80/723/CEE del 25 giugno 1980, sulla trasparenza delle relazioni tra gli Stati membri e le<br />

loro imprese pubbliche. Secondo l’art. 2 della direttiva, si intende per impresa pubblica “ ogni impresa nei<br />

confronti della quale i poteri pubblici possano esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza<br />

dominante per ragioni di proprietà, di partecipazione finanziaria o della normativa che la disciplina.<br />

L’influenza dominante è presunta quando i poteri pubblici, direttamente o indirettamente, nei riguardi<br />

dell’impresa: a) detengano la maggioranza del capitale sottoscritto dall’impresa, oppure b) dispongano<br />

della maggioranza dei voti attribuiti alle quote emesse dall’impresa; oppure c) possono designare più<br />

della metà dei membri dell’organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa”. Nel<br />

secondo considerando della direttiva la Commissione rilevava che “ poiché il Trattato CE lascia del tutto<br />

impregiudicato il regime di proprietà negli Stati membri, deve essere assicurata la parità di trattamento tra<br />

le imprese pubbliche e le imprese private”. Sulla nozione di impresa pubblica sono di particolare rilievo le<br />

due sentenze della Corte di Giustizia 27 ottobre 1993 in cause C - 69 / 91 e C - 92 /91, nelle quali è stata<br />

ritenuta l' irrilevanza del possesso della personalità giuridica o della personalità giuridica di diritto<br />

pubblico, essendo sufficiente lo svolgimento di un'attività di natura industriale o commerciale da parte di<br />

qualsiasi entità facente parte integrante dei pubblici poteri. La speciale posizione che le imprese pubbliche<br />

occupano nei confronti dei pubblici poteri esige che queste abbiano un regime differenziato, che non<br />

consenta ad esse di derogare le norme in materia di concorrenza, ed evita una discriminazione a favore<br />

delle imprese pubbliche. Orbene, tale finalità appare frustrata se, adottando la regola di riparto della<br />

giurisdizione in materia di danno enunciata dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, gli agenti di tali<br />

imprese ( ivi comprendendo le società a capitale pubblico ) godono di un regime speciale che limiti o<br />

escluda la loro responsabilità per i danni cagionati alle stesse imprese o ad altri soggetti pubblici, o in<br />

forza di una particolare disciplina giuridica ( si pensi alla norma sulla liquidazione delle imprese del<br />

gruppo EFIM la quale limitava la responsabilità del commissario ai casi di dolo o di colpa grave ), o in<br />

conseguenza della pratica impossibilità o difficoltà che l’ente danneggiato - in assenza di un organo<br />

pubblico che disponga di autonomo potere d'iniziativa - incontra nell' agire dinanzi al giudice civile<br />

contro i propri agenti. Si verificherebbe, in pratica, una discriminazione a favore delle imprese pubbliche,<br />

i cui amministratori o dipendenti sono praticamente immuni – a differenza di quelli delle imprese private<br />

– da qualsiasi controllo giurisdizionale disponendo, così, un margine di libertà operativa notevolmente<br />

maggiore.<br />

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