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Eleonora Panizzi - Public Administration

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Infine occorre rilevare che il compimento di un’attività illecita da parte di un<br />

funzionario pubblico comporta, in molte occasioni, che l’amministrazione modifichi i<br />

suoi programmi o le sue attività ordinarie al fine di ripristinare la situazione lesa dal<br />

comportamento del dipendente infedele o, anche solo, verificare che l’attività illecita<br />

non abbia inciso sulle attività istituzionali cui è preposta l’amministrazione. L’attività di<br />

verifica o ripristino ha un costo che è diretta conseguenza dell’attività illecita posta in<br />

essere dal funzionario e, quindi, non può che gravare su quest’ultimo. Pertanto anche il<br />

danno conseguente alle maggiori spese sopportate dall’amministrazione rientra tra i<br />

danni risarcibili dal funzionario infedele. .76<br />

Alla luce di queste osservazioni, si coglie un aspetto ulteriore caratterizzante le condotte<br />

illecite del pubblico funzionario: esse, oltre ad essere contrarie all’ordinamento<br />

giuridico ed ai principi fondanti l’attività amministrativa nonché moralmente<br />

deplorevoli, risultano particolarmente onerose per la p.a. e, conseguentemente, per la<br />

collettività, sotto il profilo strettamente economico.<br />

Si trae pertanto come l’attività dell’Alto Commissario rivolta alla prevenzione ed al<br />

contrasto della illiceità in seno alla p.a. rappresenti un utile ed importante strumento di<br />

tutela mediata dell’immagine e dell’economia amministrativa.<br />

La quantificazione del danno deve tenere in particolare conto la circostanza che la lesione dell’immagine<br />

dell’amministrazione finanziaria è particolarmente grave poiché induce sfiducia nei confronti delle<br />

“istituzioni deputate al corretto adempimento degli obblighi tributari ed impegnate nella lotta all’evasione<br />

fiscale” (C. conti, sez. giur. Veneto, 06.05.2003, n. 598), con possibile incidenza sulla propensione dei<br />

cittadini e delle imprese ad adempiere fedelmente ai propri obblighi tributari.<br />

Data la natura officiosa dell’azione contabile, non può spettare in alcun caso al Pubblico Ministero la<br />

facoltà di determinare l’ammontare del danno erariale disponendo dei diritti patrimoniali e degli interessi<br />

che l’ordinamento intende proteggere con l’azione di responsabilità amministrativa. Si deve escludere,<br />

quindi, che nei giudizi innanzi alla Corte dei conti “possa trovare applicazione l’istituto del<br />

patteggiamento quale ipotesi definitoria dei giudizi di responsabilità amministrativa, fondata su una<br />

concorde determinazione dell’addebito da parte del pubblico ministero e dei soggetti coinvolti nel<br />

giudizio” (C.conti, sez. giur. Veneto, 08.10.2003, n. 1051). A questo proposito non è inutile sottolineare<br />

che “lo Stato ( o l'ente pubblico), infatti, non può né rinunziare al diritto né farne oggetto di transazione,<br />

in quanto l'esclusivo titolare dell'esercizio del diritto, nell'adempimento di un munus, è il competente<br />

Procuratore regionale della Corte dei Conti. Questi, poi, può far valere il diritto esclusivamente attraverso<br />

l'esercizio dell'azione di responsabilità amministrativo-contabile, previa verifica dell'esistenza dei<br />

presupposti. Spetta in ogni caso al giudice, non solo l'accertamento dell'esistenza degli elementi<br />

costitutivi della responsabilità, ma anche la quantificazione del danno (nei limiti della domanda) e la sua<br />

ripartizione tra i soggetti responsabili.” (C. conti, I, 20.09.2004, n. 333).<br />

76 C. conti, III, 04.02.2004, n. 69/A.<br />

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