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Italia a Tavola Luglio/Agosto 2020

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ALIMENTI<br />

CACIOCAVALLO<br />

DI CIMINÀ<br />

FORMAGGIO<br />

DAI MITOLOGICI SAPORI<br />

Prodotto tipico dell’area grecanica della provincia<br />

di Reggio Calabria, ha un sapore che va dal dolce<br />

al piccante a seconda della stagionatura.<br />

Ha il marchio DeCo ed è un Presidio Slow Food<br />

di Antonio Paolillo<br />

Tecnologo alimentare<br />

Se arrivati a metà della costa ionica<br />

calabrese, ed esattamente<br />

in località Ardore Marina<br />

nella Locride a circa 90 km da Reggio<br />

Calabria, incominciamo a salire verso<br />

i monti, ci inoltriamo in piccole strade<br />

di campagna costeggiate da alberi di<br />

pino marino, leccio, ulivo, fichi d’india<br />

che trovano ampi spazi su colline adibite<br />

a pascolo.<br />

Questi luoghi incantati sono ricchi<br />

di storia, mitologia e leggende soprattutto<br />

legati ad un monte detto “Tre<br />

Pizzi” proprio per la sua particolare<br />

conformazione costituita da tre torrioni<br />

di roccia granitica (un unico pezzo<br />

di roccia a forma di tre dita) che si elevano<br />

a 700 metri sul livello del mare.<br />

Qui nasce uno dei formaggi più particolari<br />

e ricercati sia dai grandi ristoratori<br />

che dai singoli consumatori e turisti.<br />

Il Caciocavallo di Ciminà è un formaggio<br />

tipico dell’area grecanica della<br />

provincia di Reggio Calabria, prodotto<br />

tutto l’anno nel versante del basso Ionio<br />

reggino dell’Aspromonte, in particolare,<br />

la zona di provenienza del latte<br />

e la sua trasformazione avviene<br />

nell’intero territorio dei comuni di Ciminà<br />

e Antonimina, nonché parte del<br />

territorio dei comuni di Platì (fraz. Cirella),<br />

Ardore (fraz. Bombile, Potito,<br />

San Nicola) e Sant’Ilario dello Jonio<br />

(fraz. Piccirillo).<br />

Il caciocavallo di Ciminà è un formaggio<br />

a pasta filata tradizionale prodotto<br />

da latte intero crudo vaccino o<br />

misto caprino, la cui forma è allungata<br />

a doppia testa del peso di 400-500 g,<br />

oppure di forma classica ovoidale del<br />

peso massimo di 3 kg. Si pensa che<br />

storicamente il nome possa derivare<br />

dall’asciugatura a cavalcioni (“u casu a<br />

cavaju”). I paesani che ancora oggi<br />

producono il caciocavallo ricordano<br />

che la tradizione risale ad almeno tre<br />

generazioni fa, ma essendo un prodotto<br />

tipico delle famiglie povere di campagna<br />

potrebbe risalire anche più in là<br />

nel tempo.<br />

Il caciocavallo viene prodotto ancora<br />

con metodi artigianali, ma oggi la<br />

tecnologia permette di rendere questo<br />

formaggio ancora più competitivo sul<br />

mercato essendo, ormai, diventato<br />

una produzione semi industriale.<br />

Il latte prodotto, previa filtrazione,<br />

viene posto in caldaia, portato alla<br />

temperatura di 34-38°C e aggiunto il<br />

caglio in pasta di capretto e/o agnello<br />

126 ITALIA A TAVOLA · LUGLIO / AGOSTO <strong>2020</strong>

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