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Italia a Tavola Luglio/Agosto 2020

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possibile che un bar possa essere chiuso se<br />

per sbaglio serve un alcolico ad un minorenne,<br />

mentre la norma non è applicabile al<br />

parrucchiere che offre un aperitivo nel suo<br />

salone o alla pescheria che serve un pranzo o<br />

una cena in negozio e magari non ha il bagno<br />

per i disabili. Occorre davvero che ognuno<br />

faccia il lavoro per cui è preparato. Lo<br />

strumento oggi fondamentale per mettere<br />

un po’ di ordine sarebbe il fatto che un locale<br />

può somministrare cibo solo se c’è un cuoco<br />

professionista, tale non perché si è messo<br />

una giacca bianca ed una toque, ma perché<br />

è riconosciuto da un esame, invece che da<br />

una formazione di alto livello. In questo<br />

modo verrebbero tolti dal mercato locali che,<br />

oltre ad abbassare il livello qualitativo del<br />

comparto, non hanno le competenze per garantire<br />

la sicurezza dei consumatori. Non dimentichiamo<br />

che in un ristorante ci si occupa<br />

anche della salute del cliente. E questo a<br />

prescindere dal covid-19.<br />

Si tratta di una riforma che la ristorazione<br />

attende da tempo e che la drammaticità<br />

di questa crisi imporrebbe di adottare al più<br />

presto. Anche perché la competenza così riconosciuta<br />

permetterebbe di avere soggetti più<br />

motivati e capaci di condividere obiettivi e<br />

strategie, superando quella frammentazione<br />

che oggi caratterizza un comparto in cui ci<br />

sono troppe figure diverse, a volte totalmente<br />

impreparate. Se poi questo comporterà la<br />

chiusura di alcuni locali, pazienza. Ne guadagnerà<br />

comunque il sistema.<br />

Per fortuna non bisogna inventare tutto<br />

dal nulla. Anche in <strong>Italia</strong> ci sono esempi positivi<br />

di come l’intero comparto può crescere,<br />

migliorare e non vivere oggi la crisi di tante<br />

zone. È il caso di Senigallia, diventata negli<br />

anni città gourmet dove si mangia bene<br />

ovunque. La cittadina marchigiana è un<br />

modello per la scelta di professionalità fatta<br />

dalla maggior parte degli operatori: hanno<br />

condiviso le buone pratiche e seguito gli<br />

esempi di successo di grandi cuochi come Cedroni<br />

ed Uliassi. Anche la clientela è cresciuta<br />

a livello di scelte consapevoli e diffida oggi<br />

degli incompetenti o di chi non è preparato.<br />

Fra le ragioni che spiegano questo modello<br />

c’è forse anche il fatto che a Senigallia (pur<br />

essendo quasi esattamente al centro dell’<strong>Italia</strong><br />

ed avendo molte manifestazioni di richiamo)<br />

non arriva un turismo di massa<br />

straniero che non sa valutare la nostra cucina<br />

e che quindi si può imbrogliare facilmente.<br />

Pensiamo solo alle amatriciane surgelate su<br />

larga scala che si spaccia(va)no nel centro di<br />

Roma…<br />

Offrire una ristorazione di qualità è una<br />

responsabilità importante. Ci si fida come si<br />

fa col medico. E sapere che dove si somministra<br />

cibo (sia un agriturismo invece che una<br />

trattoria, una pizzeria o un locale stellato) c’è<br />

senza deroghe un cuoco professionista e<br />

ovunque ci sono le stesse regole igienico-sanitarie<br />

e fiscali, riporterebbe più facilmente le<br />

persone a mangiare fuori casa, migliorando<br />

al contempo la possibilità di promuovere<br />

con efficacia materie prime di qualità e del<br />

territorio. A Senigallia lo fanno praticamente<br />

tutti, e tutti i locali sono pieni.<br />

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