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il direttore<br />
Alberto Lupini<br />
Certificazione per essere Cuochi<br />
Solo la qualità garantisce i numeri<br />
Troppi locali<br />
rischiano di<br />
chiudere per<br />
lockdown e<br />
mancanza di turisti.<br />
Alcuni ristoranti<br />
sono però gestiti<br />
da improvvisati.<br />
La presenza di veri<br />
cuochi professionisti<br />
è l’unico futuro<br />
per il comparto.<br />
Cambia il mestiere<br />
di cuoco nel post<br />
covid. Esempio<br />
di successo<br />
è Senigallia:<br />
si mangia bene<br />
ovunque e i locali<br />
sono pieni<br />
4 ITALIA A TAVOLA · LUGLIO / AGOSTO <strong>2020</strong><br />
La paura (ingiustificata) che allontana<br />
molti clienti dai ristoranti.<br />
L’assenza di turisti stranieri.<br />
E soprattutto il lockdown che<br />
tiene in casa milioni di impiegati (per lo più<br />
statali e bancari). Stritolati da questi fattori<br />
negativi molti ristoranti italiani rischiano la<br />
chiusura. Le conseguenze non sarebbero nefaste<br />
solo a livello aziendale. Ci sarebbero<br />
drammatiche conseguenze come la perdita<br />
del lavoro per molti cuochi e camerieri e<br />
danni incalcolabili sulla filiera agroalimentare<br />
e sull’indotto. E tutto ciò senza considerare<br />
la perdita di un elemento strategico del<br />
nostro sistema turistico.<br />
Ce n’è abbastanza per parlare senza retorica<br />
di “allarme rosso” per un comparto che<br />
pure è perno e fattore strategico del nostro turismo,<br />
nonché elemento prioritario dell’immagine<br />
nel mondo del nostro stile di vita.<br />
Eppure, sembra che alla politica italiana<br />
tutto questo interessi poco. La Francia ha varato<br />
un maxi piano di sostegno per i ristoranti<br />
(fra i simboli del Paese). In Gran Bretagna<br />
si distribuiscono buoni pasto da 10<br />
sterline per spingere a consumare nel fuori<br />
casa e, soprattutto, si è decisa una drastica<br />
riduzione dell’Iva (dal 20 al 5%) per riattivare<br />
i consumi in ristoranti e hotel. Da noi si<br />
vuole invece prorogare il lockdown (che non<br />
dà alcun vantaggio alla collettività, anzi...),<br />
decretando così fin d’ora la morte di molti<br />
locali.<br />
E sui social avanza intanto un’onda pericolosa<br />
di stupidaggini come quelle di chi<br />
sostiene che chiudere bar o ristoranti non<br />
sarebbe che un bene, visto l’eccesso di pubblici<br />
esercizi, a volte aperti da incompetenti<br />
solo in virtù dell’assurda liberalizzazione degli<br />
scorsi anni. A ben guardare è sicuramente<br />
vero che il numero dei locali in cui si somministrano<br />
cibo o bevande è davvero esagerato<br />
per l’<strong>Italia</strong>. Nessun Paese europeo, in proporzione<br />
agli abitanti, ne ha così tanti. Ma da<br />
qui a pensare che si possa rimettere un po’<br />
d’ordine nel comparto lasciando di fatto andare<br />
tutto in vacca, è davvero da irresponsabili.<br />
È come se si applicasse la teoria dell’immunità<br />
di gregge lasciando sopravvivere<br />
solo i più forti. Che non è detto che siano i più<br />
seri, i più onesti o i più bravi…<br />
Ciò che non si può fare è mettere la testa<br />
sotto la sabbia e aspettare di vedere cosa succederà.<br />
Se, come andiamo ripetendo da tempo,<br />
il covid-19 porterà purtroppo ad una selezione<br />
nel numero dei pubblici esercizi, non<br />
si può lasciare tutto al caso. Si devono rivedere<br />
con urgenza le normative e fissare dei<br />
paletti perché si possa fare somministrazione.<br />
Il primo punto è che chi non rispetta i requisiti<br />
obbligatori che valgono per i ristoranti<br />
non deve poter fare somministrazione. Non è