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CUOCHI<br />
potremmo avere un’idea chiara per capire<br />
come organizzarsi».<br />
Ma in che modo il Governo dovrebbe<br />
intervenire per aiutare concretamente la<br />
categoria? A questo quesito ha provato a<br />
rispondere Moreno Cedroni: «Senigallia<br />
è un punto di riferimento perché<br />
si mangia bene ovunque a qualsiasi<br />
prezzo ed è piena senza avere manifestazioni.<br />
Quello che vogliamo è un aeroporto<br />
che funziona e l’alta velocità.<br />
Vogliamo quello che hanno in Romagna,<br />
ovvero la normalità. Il resto ce lo<br />
mettiamo noi. Essere cosi pieni in questo<br />
periodo è il nostro premio per quello<br />
che abbiamo seminato». Parole cui<br />
hanno fatto eco quelle di Mauro Uliassi:<br />
«La nostra posizione come città è strategica,<br />
ci vorrebbe una diversa hotellerie,<br />
in questo siamo un po’ carenti. Per poter<br />
uscire dalla crisi dobbiamo fare quello<br />
che sappiamo. Le infrastrutture devono<br />
migliorare».<br />
44 ITALIA A TAVOLA · LUGLIO / AGOSTO <strong>2020</strong><br />
Al dibattito è intervenuto anche un<br />
altro cuoco tristellato, Enrico Cerea, in<br />
collegamento dal ristorante Da Vittorio<br />
di Brusaporto (Bg). Un’eccellenza assoluta,<br />
quella della famiglia Cerea, nel panorama<br />
della ristorazione italiana, che<br />
ha saputo adeguarsi alla crisi, rilanciando<br />
l'attività del ristorante in una provincia,<br />
quella di Bergamo, tra le più colpite<br />
in assoluto dall’epidemia.<br />
«L’annullamento di banchetti e<br />
cerimonie ha comportato una perdita<br />
importante - ha detto Cerea - abbiamo<br />
chiuso ancora prima del decreto, ho<br />
mantenuto 4-5 persone per il servizio di<br />
delivery durante la chiusura e ora, oltre<br />
all’inaugurazione di un nuovo format,<br />
abbiamo dato il via a delle serate goliardiche<br />
per far divertire i nostri clienti e per<br />
far ritrovare loro l’atmosfera di un tempo.<br />
Questo è il momento di proseguire senza<br />
fermarsi - ha concluso - per riappropriarci<br />
della nostra vita».<br />
Sono intervenuti anche docenti delle<br />
tre università machigiane (Macerata,<br />
Politecnico delle Marche e Camerino)<br />
collegate sul progetto cibo-turismo, che<br />
hanno provato a fare il punto sulla formazione,<br />
un altro tassello fondamentale<br />
per la crescita del settore.<br />
«L’università, e in particolare il corso<br />
di laurea in Scienze Gastronomiche, può<br />
aiutare a costruire quelle reti importanti<br />
senza le quali siamo perdenti - ha detto<br />
il Rettore di Camerino, Claudio Pettinari<br />
- abbiamo immaginato un percorso integrato<br />
nel nostro corso di laurea in modo<br />
che l’accoglienza sia pronta già dalla prima<br />
impressione, perché non c’è mai una<br />
seconda possibilità per fare una seconda<br />
impressione. Noi ci sentiamo l’università<br />
del territorio. La nostra conoscenza e il<br />
nostro sapere è a disposizione del territorio<br />
e raccogliamo i feedback anche da<br />
eventi come questo per poter sempre<br />
migliorare».<br />
Gli ha fatto eco Lucia Aquilani, docente<br />
di Microbiologia agraria: «I nostri<br />
corsi stanno dando una possibilità vera<br />
grazie alla collaborazione dell’università<br />
con molte aziende oltre che all’attività<br />
di ricerca». Ha parlato invece di turismo<br />
Emanuele Pavolini, docente di Scienze<br />
del Turismo dell’università degli studi di<br />
Macerata: «Dal 2010 - ha detto - c’è stata<br />
l’idea di rilanciare l'export per uscire da<br />
una crisi già presente dagli anni ‘90. Per<br />
quel che riguarda invece il post Covid,<br />
chi ha puntato sulla qualità sta riscontrando<br />
meno problemi di chi ha puntato<br />
sulla quantità».<br />
Un settore, quello della ristorazione,<br />
che sta ancora faticando. «Senigallia ha i<br />
ristoranti i pieni - ha fatto notare Alberto<br />
Lupini - ma non è la realtà dell’<strong>Italia</strong>.<br />
A differenza di Cedroni e Uliassi, ci sono<br />
locali stellati che non sono pieni, e altri<br />
che sono chiusi e forse non riapriranno.<br />
Le città universitarie sono quelle che<br />
stanno soffrendo di più».